Sea Watch. Ok allo sbarco a Malta: la UE cede al ricatto “umanitario”
Matteo Salvini prende le distanze. La portavoce della Ong, invece, si lamenta della lunga attesa
Fine della “penosa vicenda”: Sea Watch e Sea Eye hanno avuto il permesso di attraccare e di sbarcare i 49 migranti che avevano a bordo. L’assenso è venuto da Malta, ma è il risultato di un faticoso accomodamento a livello europeo che ha coinvolto addirittura otto paesi. Germania Francia, Portogallo, Irlanda, Romania, Lussemburgo, Olanda e Italia.
Basta riflettere su questo dato (otto Stati che si “consorziano” per accogliere appena 49 persone) e si capisce al volo che la solidarietà non c’entra nulla e che l’intesa ha l’unico scopo di uscire dall’impasse. C’era una grana, con una forte esposizione mediatica, e in un modo o nell’altro bisognava levarsela di dosso. Stando bene attenti, però, a non mostrarsi troppo bendisposti, così da cautelarsi il più possibile in vista della prossima situazione analoga.
Già: perché è matematico che il problema si porrà di nuovo. Sbarcati questi 49 ne arriveranno sicuramente altri. Molti altri. E daccapo si scateneranno le discussioni su chi deve farsene carico. E di nuovo quelli di Sea Watch, o di gruppi consimili, si lamenteranno della mancanza di disponibilità, dei tempi che si allungano, dell’incertezza in cui vengono lasciati i loro carissimi beneficati.
Giorgia Linardi è appunto la portavoce di Sea Watch. E queste sono le sue dichiarazioni, dopo l’odierna svolta: “Siamo contenti di poter finalmente liberare le persone che sono imprigionate da quasi 20 giorni a bordo. Ci rendiamo conto dello sforzo di Malta che non può farsi carico degli sbarchi di tutte le navi soccorse anche al di fuori della propria area Sar(acronimo di Search and rescue, ndr).”
Basta così? Nemmeno per idea.
Sea Watch e affini: il ricatto del “fatto compiuto”
Invece di ringraziare, e di ritirarsi in buon ordine, lei storce il naso e ha da ridire: “Crediamo che sia responsabilità degli stati membri trovare un accordo sulla redistribuzione, ma non è possibile aspettare 20 giorni per uno sbarco perché non riescono ad accordarsi. Non è possibile che lo scarico sia condizionato al raggiungimento di un accordo tra stati membri”.
È la conferma che questo genere di organizzazioni dovrebbe essere sottoposto a una disciplina diversa. E molto più stringente. Non è che basti costituirsi in associazione senza fini di lucro per essere legittimati a interferire pesantemente con le politiche di intere nazioni. Non è accettabile che per assecondare le proprie convinzioni personali si mettano i governi di fronte al fatto compiuto, dando il via a una pressione oggettivamente ricattatoria. E scaricando poi le conseguenze della propria “bontà” su popolazioni che la pensano in modo opposto e che ne hanno le scatole piene di questi arrivi a getto continuo.
Matteo Salvini ha reagito con durezza, a questo ennesimo cedimento della UE: “In queste ore l’Europa si propone di accogliere altri immigrati, da altri barconi, cedendo ai ricatti degli scafisti e delle ong. Sono e rimarrò assolutamente contrario a nuovi arrivi in Italia. E continuo a lavorare per espellere i troppi clandestini già presenti sul nostro territorio. Cedere alle pressioni e alle minacce dell’Europa e delle Ong è un segnale di debolezza che gli italiani non meritano”.
Resta solo da sperare che quello dell’immigrazione sia un tema cardine delle prossime Europee. E che il voto spiani la strada a una guida completamente diversa da quella attuale.