Selfie con il morto, una delle ultime mode inqualificabili della nostra società. I funerali di Maurizio Costanzo sono stati il teatro di deplorevoli atti, dovuti all’ansia di apparire, che hanno provocato lo sdegno di molte persone. Come ricorderete, alcuni sconosciuti hanno chiesto a Maria De Filippi di potersi scattare un selfie con lei, davanti alla bara del marito.
Mentre la accondiscendenza della De Filippi rientra nel genere di disponibilità che sempre un personaggio pubblico ha nei confronti dei suoi fans, per scattare foto insieme o rilasciare autografi, il gesto più che intraprendente di chiedere un selfie davanti alla bara del marito defunto, è sembrato qualcosa di molto inopportuno e segno di maleducazione. Il punto incredibile è che per molta gente non sia così, che non lo capiscano.
Una delle prime a protestare è stata Rita Dalla Chiesa che su un twitter ha additato alla pubblica riprovazione l’autore della foto: “Questa è la faccia di chi ha voluto farsi un selfie con Maria… Chi lo riconosce lo eviti. Per sempre.” La scena è stata poi pubblicata su Youtube ed è ancora visibile. Della persona in oggetto pare si siano perse le tracce. Probabilmente è dovuto sparire dai social per sfuggire alle accuse di quanti erano d’accordo con la Della Chiesa, compresa la stessa Selvaggia Lucarelli e il giornalista Andrea Pennacchioli che ha tuonato sempre su twitter:“Ho appena visto uno farsi un selfie con Maria de Filippi nella camera ardente di Maurizio Costanzo. Forse la migliore rappresentazione della decadenza morale di una intera generazione”.
Tra i commenti ho trovato anche quello di un tale Iginio che il 27 febbraio posta: “Gente insignificante che vive d’immagine e di consensi (like) da parte di altri stolti. Senza questi soggetti, le società che gestiscono i social non sarebbero divenute le multinazionali di oggi.” E un altro che sentenzia: “La De Filippi raccoglie il trash che ha seminato!” ma eviterei di addossarle colpe, per quello che fanno i suoi fan.
Tra le voci che non hanno trovato scandalo nell’autoscatto lo scrittore Fulvio Abbate.
È il mondo di oggi. Ma non ci dobbiamo assuefare alle pessime abitudini. Nell’era di Facebook, Instagram, Twitter e Tik tok, in molti vogliono apparire e non si fanno scrupolo dell’occasione né del luogo, tutto è permesso se non è la tua educazione personale a darti dei limiti. Anni fa fu la influencer americana Jayne Rivera a farsi fotografare davanti alla bara, aperta, del padre. Sorridente e con le mani giunte in una sorta di finta preghiera. Sono gli “instant content” resi possibili dai social, abbinati alla spasmodica ansia di essere visti, di apparire, di diventare “virali”, cioè avere una diffusione estrema tra i follower, ovvero coloro che seguono i profili pubblicati su questi network.
Nel marzo del 2017, un servizio de Le Iene segnalò la scempiaggine di alcuni metronotte di Ruvo di Puglia, che si erano scattati foto nell’obitorio comunale, con le bare aperte e i defunti in mostra. L’inviato de Le Iene aveva rintracciato uno dei protagonisti di questo gesto sul posto di lavoro, ma il tipo scappò, si nascose alle telecamere, forse qualcuno gli aveva fatto notare la inopportunità del “selfie col morto”.
Nel 2014 una studentessa della Clements High School in Alabama pensò bene di scattarsi una foto nell’obitorio cittadino, che frequentava per motivi di studio, postandola poi su Faceboock a beneficio dei suoi amici e definendola “uno scatto indimenticabile”.
Il Preside la sospese dal Collegio, anche perché nell’obitorio era proibito scattare foto e l’idea dimostrava comunque poca professionalità da parte di una studentessa di medicina. L’11 gennaio 2022 era accaduto anche in occasione dei funerali di David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, morto dopo una lunga malattia. In Campidoglio, di fronte alla salma, ci fu chi si fece scattare delle foto-ricordo di dubbio gusto, per poi postarle in rete. In rete c’è addirittura un sito che si chiama “Selfie col morto”. Benvenuti, dice a chiunque si colleghi, inviateci le vostre foto ignoranti! Ha 76 follower e 78 Mi piace. Si esprime nella nostra lingua ma non è un sito italiano, parrebbe tailandese o comunque con sede in Asia. A che pro?
Non sono dello stesso livello, ovviamente, le foto assieme al defunto, quando ancora era in vita. Ne è pieno Facebook. Ogni volta che scompare un attore, un cantante, un personaggio famoso, spuntano le immagini che ritraggono i nostri amici quando si scattarono la foto assieme a lui, vivente. A dimostrazione che “io lo conoscevo bene”, “eravamo amici”, “io lo frequentavo”. È già un livello più accettabile ma ugualmente ascrivibile a quella ansia di apparire che soggiace a molte dei post che vediamo su questi social. Sinceramente un po’ mi infastidisce proprio perché non si tiene in considerazione il rispetto per la dipartita del nostro personaggio ma si privilegia sé stessi, “immortalati” con lui ora defunto. Una sorta di irripetibile scatto che ferma il tempo per sempre.
Tra i vari commenti ho trovato su Panorama, in un articolo a firma Egidio Lorito, il 3 marzo scorso, quello del professor Mauro Magatti, sociologo della Cattolica: “Non si distingue più sulla opportunità di immortalare un momento del funerale o di un raccapricciante incidente stradale o di un omicidio per strada” Infatti il fenomeno è identico.
Quando ci si trova nella scena drammatica di un incidente stradale con morti e feriti, le auto disastrate, subito appaiono i selfisti pronti a “immortalarsi” di fronte allo spettacolo osceno del disastro. Del resto ormai si vive una realtà mediata dal cellulare, tutto quello che stiamo osservando, l’ambiente in cui siamo calati, viene ripreso dalla camera del telefonino. Decine di cellulari si accendono per registrare lo spettacolo di un concerto, di un avvenimento sportivo, di un matrimonio ma anche si una lite furibonda, di un’aggressione, perfino di uno stupro.
È successo a Castelbelforte (Mantova) quando 7 ragazze preadolescenti hanno picchiato e tentato di uccidere una loro coetanea di 13 anni, con delle forbici, pare per futili motivi. Per poi pubblicare, come adesso succede sempre, le immagini sui social.
È successo in occasione di stupri, per danneggiare una ex fidanzata da parte di colui che è stato lasciato, per bullizzare un giovane da parte dei suoi compagni di scuola ma non solo. Una violenza sessuale ai danni di una donna di 36 anni di Viterbo, viene filmata e postata in 4 video e 4 foto. Vengono arrestati due giovani militanti di CasaPound (Leggo, 1°maggio 2019). Il cellulare in abbinamento coi social diventa un’arma di dileggio, di bullismo, al punto da indurre le vittime, talvolta, anche al suicidio.
Si tratta di comportamenti inopportuni, di totale assenza di educazione. È bene dirlo a chiare lettere. E se manca l’educazione è la fine. Si scivola nemmeno tanto lentamente nel pantano della giungla. I mezzi tecnologici stanno ampliando la portata di un fenomeno di ignoranza sociale che era già presente da tempo, ma che non veniva allo scoperto, quello della maleducazione profonda della gente. Se si comportano come vediamo è perché neanche si rendono conto di quello che stanno dimostrando.
Non hanno la percezione del confine tra opportuno e inopportuno e sono cose che non si possono spiegare. Hanno appreso a comportarsi così in famiglia, con gli amici e nessuno li ha stigmatizzati come atti osceni e per cui vergognarsi. Anche l’esibizionismo, il narcisismo sono comportamenti inadeguati al consesso civile, se non lo hai introiettato da giovane, poi ti metti a fotografare il ferito sulla strada, invece di soccorrerlo. Fai le foto alla tua fidanzata, o a una ragazza conosciuta da poco, dopo aver fatto sesso, per poi inviarle agli amici e riderne assieme. Ti fai i selfie all’obitorio e le posti su Facebook e tutto questo ti sembra normale, accettabile, naturale?
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