Dopo più di sei mesi dopo la sentenza, la Corte d’Assise di Cassino ha reso pubbliche le motivazioni con le quali il 15 luglio 2022 aveva assolto le cinque persone accusate dell’omicidio di Serena Mollicone.
Il corpo della studentessa di 18 anni venne ritrovato il 3 giugno 2001 in località Fonte Cupa, in un bosco situato nel comune di Fontana Liri, legata e gettata tra vegetazione alta e rifiuti.
Gli “esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata. Come già ampiamente esaminato, numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da sufficiente e convincente compendio probatorio“, si legge nel testo dei giudici.
Il 15 luglio i giudici avevano fatto cadere le accuse nei confronti di Marco Mottola, del padre Franco, ex comandante dei carabinieri di Arce, e della moglie Anna Maria per l’accusa di omicidio della studentessa e di Vincenzo Quatrale, all’epoca vice maresciallo, accusato di concorso esterno in omicidio, e dell’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano, a cui era contestato il favoreggiamento.
Ora i giudici di Cassino scrivono anche che “non sono stati provati molti degli asseriti depistaggi che secondo l’accusa il maresciallo Mottola avrebbe compiuto in sede di prime indagini”.
Mentre “sono emerse delle prove che si pongono in termini contrastanti rispetto alla ricostruzione dei fatti da parte della pubblica accusa” e alcuni tasselli sostenuti dalla Procura “si sono rivelati inconsistenti” e “sono emersi degli elementi a discarico dei singoli imputati”.
Inoltre, scrivono ancora i giudici “si ritengono in particolare convincenti le critiche formulate dai consulenti medico legali delle difese, i quali, valorizzando la prima consulenza tecnica della dott.ssa Conticelli, hanno sostenuto l’incompatibilità tra il quadro lesivo presentato da Serena e l’impatto contro una superficie piatta e ampia (come una porta, appunto), ciò in particolare in assenza di altre lesioni, che siano oggettivamente indicative di una colluttazione, nonché dell’afferramento e della violenta spinta della vittima contro la porta”.
Per i giudici “l’ipotesi dell’impatto della testa di Serena contro la porta non si ritiene neanche univocamente dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche”. Quindi, “a fronte di tali carenze probatorie nei confronti dei singoli imputati si deve evidenziare come dall’istruttoria dibattimentale siano emersi consistenti e gravi elementi indiziari nei quali si deve necessariamente desumere l’implicazione nella commissione del delitto in esame i soggetti terzi, che sono rimasti ignoti”, questo il verdetto della corte d’Assise di Cassino.
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