Categorie: Interviste

Sergio Pirozzi: ricostruzione di Amatrice e la Nazionale dei Terremotati

Questa mattina il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi è intervenuto su Radio Roma Capitale durante la trasmissione “Roma ogni giorno” di Francesco Vergovich, rilasciando una dichiarazione poco prima della conferenza stampa per la presentazione della Nazionale dei Terremotati. Il 30 giugno l’esordio della squadra con un triangolare di calcio presso lo Stadio Tre Fontane di Roma.

Vergovich: Superato il grande freddo oggi Amatrice si trova a dover affrontare il grande caldo. Com’è la situazione?

Pirozzi: La situazione è paradossale perché da una parte c’è un fermento di cantieri, mentre dall’altra c’è un totale immobilismo per la rimozione delle macerie; quindi secondo me, tanto per essere chiari, la Regione Lazio ha sì fatto molte cose, io l’ho sempre detto in tempi non sospetti, ma c’è un grave ritardo sullo smaltimento delle macerie. C’è poi la responsabilità politica, per me ben chiara, dell’assessore. Questo l’avevo detto già venerdì [23 giugno] perché capite che in tempi diversi avrei potuto essere tacciato di strumentalizzazione; ho aspettato i termini e le scadenze che non sono state rispettate e quindi ritengo che ci sia una precisa responsabilità. Poi dopo hanno cercato di mettere una toppa tentando di mischiare le carte con un comunicato stampa con cui si diceva che oggi è stata aggiudicata una gara di 400 mila euro, che non è altro che la rimozione delle macerie di un supermercato. Poi c’era al vaglio per l’ANAC una gara di 4 milioni di euro, che nasce dal fatto che la prima gara di smaltimento delle macerie pubbliche aveva esaurito il plafond, per cui questa è una nuova gara per lo smaltimento delle macerie pubbliche, ma la vecchia c’era già e si è esaurita circa trenta giorni fa. Hanno omesso, però, che non c’è ancora un bando di gara per lo smaltimento delle macerie private. Io penso che su questo bisognerebbe dare un’accelerata, la cosa migliore sarebbe dire “siamo in ritardo”. A volte chiedere scusa cambia molto.

Anche perché nessuno si rende conto, tranne chi ha la sensibilità per chi vive nel dolore, che un giorno o dieci giorni di ritardo in una vita normale è un lasso di tempo che passa molto velocemente, mentre in tempo di guerra rappresenta una cosa importante perché incide sulla tenuta psicologica delle persone, sulla programmazione del futuro. 

Ieri sono stato da Paolo Gentiloni e ho ricordato alcuni passaggi fondamentali nella storia di questo terremoto: quando ci fu il passaggio di felpa tra Matteo Renzi e Gentiloni, la felpa di Amatrice che rappresenta il sudore, il lavoro, la serietà, e poi quello che disse all’inaugurazione della mensa dell’area food il 24 di dicembre, ovvero che uno degli impegni del governo era e sarebbe stata la ricostruzione e la vicinanza a queste terre. Io questo l’ho ricordato e ho chiesto un impegno personale di Gentiloni per prolungare il periodo di emergenza con tutto quello che ne consegue, perché qui l’emergenza non può partire dal 24 agosto, ma deve partire dal 18 gennaio.

Un prolungamento significa presenza, attenzioni diverse, ho chiesto un rafforzamento per tutte quelle aree del centro-Italia e uno snellimento delle pratiche perché penso che il vero problema sia che la gestione dell’emergenza debba essere gestita solo dalla protezione civile. Invece qui c’è stato un guazzabuglio frutto di scelte sbagliate fatte negli anni passati in cui la protezione civile doveva essere smantellata e ora ci ritroviamo con da una parte la compresenza della protezione civile e della Regione Lazio e dall’altra parte c’è di mezzo anche il commissario. Allora questo stride con la solidarietà e con questa idea che ha avuto Francesco della “nazionale dei terremotati”, che io avrei chiamato degli “sfrattati a tempo” perché io non mi sento terremotato. Il principio è mettere insieme un gruppo di ragazzi che viene dalle zone colpite dal sisma, con tutto quello che ne consegue anche al livello psicologico; unirli dietro una maglia che dovrà portare in giro per tutta Italia i valori di queste terre che corrono il rischio, se si continua a ritardare e a tergiversare, di scomparire. Allora questa maglia che girerà per l’Italia dovrà rappresentare il simbolo della voglia di ricominciare e di stare insieme.

Ho sposato questa idea perché la ritengo giusta. Questa squadra si dovrà fare portavoce di resistenza e della voglia estrema di recuperare la propria vita. Io sono convinto che riusciremo a trasmettere questi valori, non sarà un talkshow ma una trasposizione quotidiana in queste gare della voglia di queste persone di crederci ancora. 

Miriam Gualandi

Giornalista pubblicista. Laureata in Lettere Moderne. Si occupa di cronaca e politica ma se serve ama definirsi "multitasking". Fa tante domande, probabilmente ha scelto questo mestiere per avere la scusa per farne a chiunque.

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