“Servire: è il fondamento del Regno”
Gesù interpreta la figura biblica del Figlio dell’uomo nella prospettiva del Servo del Signore che dona totalmente la sua vita “per molti
Gesù cammina davanti ai discepoli verso Gerusalemme, ha fatto da poco l’ultimo annunzio della passione, rovesciando la prospettiva di un Messia glorioso. I Dodici si perdono in dispute ambiziose (Mc. 10, 35-45), ma anche il discepolo, come il Maestro, è chiamato non a dominare, ma a servire e a dare la vita con amore. Anche l’autorità della gerarchia ecclesiale non può rifarsi ai modelli socio-politici dominanti: unico modello esemplare è il Figlio che vive secondo la logica del regno del Padre. Ancora una volta Gesù rovescia le posizioni.
Dialogo con Gesù: primi posti e servizio
I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, si avvicinano a Gesù per rivolgere una richiesta personale: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo” (v. 35). La contro domanda di Gesù (“che cosa volete che io faccia per voi?” v. 36), indica già la direzione della risposta. Una promessa, come se la aspettavano gli apostoli, non viene fatta. Prima devono venire allo scoperto, parlando, esprimendo il loro desiderio. A che cosa mira l’ambizione dei discepoli? Tutti si trovano in cammino verso Gerusalemme, cioè verso la croce, la piena rivelazione di Gesù quale Figlio di Dio.
Il desiderio dei figli di Zebedeo mostra una volta di più che la via di Dio procede in maniera diversa e contraria ai ragionamenti umani. “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra” (v. 37). Giacomo e Giovanni vorrebbero sedere accanto a Gesù, nei posti di onore, e gustare già ora la gloria messianica, mentre il Maestro è ancora vivo. Gesù corregge in maniera decisa il loro desiderio: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?” (vv. 37-38). La risposta di Gesù allude oscuramente al martirio: l’immagine del bere il calice rinvia alla coppa del dolore dell’amarezza; Gesù stesso nel Getsemani ha riferito l’immagine del calice alla sua passione.
Il battesimo indica l’immersione, cioè la partecipazione di Gesù, senza riserve, alla sorte dell’umanità segnata da quel peccato che ha portato con sé la morte. Se manca nel discepolo la disponibilità interiore alla condivisione della croce, non è dato neppure il potere nella gloria. I due discepoli rispondono spavaldamente: “Lo possiamo” (v. 39). Ma Gesù risponde respingendo la pretesa dei figli di Zebedeo con l’osservazione sull’assoluta competenza di Dio Padre: “Sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato” (v. 40). Un gioiello che manifesta l’intima comunione del Figlio Gesù con il Padre celeste e l’insegnamento perenne che la sequela e l’anelare al potere si escludono a vicenda. La ricompensa finale viene da Dio. Ogni seguire è fondamentalmente partecipazione al cammino della croce di Gesù.
Insegnamento sul regnare e servire
Oltre alla risposta di Gesù, ci viene riferita la reazione dei dieci discepoli alla richiesta dei figli di Zebedeo. Ciò indica che tutto il racconto è rivolto al gruppo dei Dodici e diventa l’occasione per Gesù di un ammaestramento speciale nell’aiutare loro e noi a guardare in profondità, a saper discernere che Dio è il vero sovrano, mentre i grandi di questa terra abusano del loro potere e lo rivolgono anche contro i sudditi. Gesù dice “signoreggiano” (v. 42) con un verbo al presente, indicando così come tale malcostume non cambia senza una conversione. Con il triplice “fra voi” (vv. 43-44) viene vigorosamente istituito un quadro per l’ordinamento della comunità e per il comportamento dei cristiani fra loro: “Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (vv. 43-45).
Parole di Gesù comprensibili pienamente sullo sfondo delle profezie del Servo del Signore di Isaia. Sebbene il testo profetico non venga citato, viene applicato a Gesù il destino del servo di Dio; l’idea della morte espiatrice per molti viene derivata in forma libera proprio da quel passo (53, 10-12). Rispetto alla profezia di Isaia, dove la sofferenza espiatrice del servo è stata presentata come un’azione di Dio, il detto sul Figlio dell’uomo sottolinea la libera offerta della vita.
E Gesù interpreta la figura biblica del Figlio dell’uomo nella prospettiva del Servo del Signore che dona totalmente la sua vita “per molti”. Soltanto in questo passo, infatti, il titolo “Figlio dell’uomo” e la morte salvifica si trovano collegati. L’espressione “per molti” è un ebraismo e significa “a vantaggio di tutti”; perché l’aggettivo greco “molti”, descrive il grande numero di persone in senso inclusivo (la moltitudine). Il termine “servo” è senza articolo, perché sottolinea la natura e la qualità dello spirito nuovo, il giudizio che uno deve dare di sé, non la materialità del servizio o il posto da occupare. Il servire esemplare di Gesù ha trovato la sua espressione più profonda nel dono della vita come “riscatto per molti”. Il servire cristiano deve perciò riflettere su questa origine ed essere vissuto partendo dal centro della dedizione di Gesù.
“Tra voi non è così” deve essere continuamente piantato in mezzo alle nostre assemblee, alle nostre riunioni, ai nostri incontri, ai nostri Consigli, per far sentire il profumo del Vangelo, lo scandalo della passione e della croce, l’esigenza del servizio. C’è, invece, chi sogna la gloria, chi desidera il potere, chi brama essere ai posti di comando, mentre Gesù annuncia la sofferenza terribile che lo attende al momento della passione. Nella società come nella chiesa c’è ancora tanta voglia di carriera, non si rinuncia a qualche sgomitata e neppure a qualche sgambetto pur di raggiungere il proprio fine. Sì, farsi servi, proprio come Gesù, accettare di donarsi agli altri, occupando gli ultimi posti, non è facile!
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Mazzeo, 2021; Laurita, 2021.