Simon Pietro

Da pescatore ad apostolo del Signore

La scena inaugurale della vita pubblica di Gesù nella sinagoga di Nazareth non era iniziata nel migliore dei modi, anzi non poteva essere più fallimentare di quanto in realtà si era manifestata: Gesù si ritrova in cammino nella più splendida solitudine, dopo essere stato cacciato fuori da Nazareth e minacciato di morte dai suoi compaesani. Nel brano del Vangelo (Lc. 5, 1-11) che ascolteremo domenica 10 Febbraio, troviamo, invece, Gesù attorniato da una folla numerosa che gli si stringe attorno e alla quale rivolge il suo insegnamento stando sopra la barca di Simon Pietro nel lago di Genesaret.

L’evangelista Luca, nel raccontarci l’episodio della chiamata dei primi apostoli, rivela una duplice preoccupazione: una principale, di ordine dommatico (il ruolo di Pietro nella Chiesa, “d’ora in poi sarai pescatore di uomini” v. 10), e l’altra secondaria, di ordine parenetico (la radicalità della sequela, “lasciarono tutto e lo seguirono” v. 11).

Gesù, nei pressi del lago di Genesaret, annuncia alla folla la parola di Dio dalla barca di Pietro a motivo dalla ressa della gente che si è radunata attorno a lui, in contrasto con lo splendido isolamento sperimentato a Nazareth. Gesù sta presso la riva, di fronte a questo popolo pronto per l’ascolto della parola di Dio: è come il pastore che raduna le pecore per condurle al pascolo. Per un motivo ben preciso, Simone è ricordato come proprietario della barca dalla quale Gesù, seduto, impartisce il suo insegnamento. Questa barca è figura della Chiesa, piccola comunità che galleggia sull’abisso e compie l’esodo (la sua traversata nella storia). Gesù da quest’unica barca si rivolge a tutti e da lì (dalla Chiesa) tutti ascoltano la sua parola, perché lì lui stesso è ascoltato e c’è larga benedizione di frutti. L’evangelista con tale insistenza vuole preparare quanto dirà il seguito del racconto sull’ordine che verrà dato a Simon Pietro di prendere il largo e di gettare le reti per la pesca: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca” (v. 4).

Non ci viene detto chi accompagnasse Simone nella sua barca, perché il suo primato deve apparire in piena luce. Se la pesca notturna, in genere più favorevole, era stata infruttuosa (“abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” v. 5), poteva sembrare che quella compiuta di giorno non avrebbe avuto miglior successo. L’ordine di Gesù, rivolto a dei pescatori di professione, appare un po’ offensivo, oltre che insensato: non conoscono bene il loro mestiere e non è forse di notte che si pesca? Tuttavia Simone si mostra pronto ad obbedire: “ma sulla tua parola getterò le reti” (v. 5): la sua docilità verso la parola del Maestro serve di esempio a tutti coloro che nella chiesa sono incaricati di una responsabilità. Nella pesca è raffigurata la missione apostolica che inizia ora in obbedienza alla parola del Signore, e che giungerà molto al largo, fino agli estremi confini della terra.

La narrazione insiste sull’aspetto miracoloso della pesca: “presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano” (v. 6), per cui si rende necessario un aiuto dai compagni con l’altra barca, rimanendo tuttavia il rischio che le due barche possano affondare, data l’enorme quantità della pesca miracolosa. Questa, però, non vuol simboleggiare tanto il successo dell’attività apostolica di Simone, quanto piuttosto quello di preparare una “trasposizione” dell’attività dei pescatori su un altro piano, quello del ministero apostolico.

La pesca miracolosa insegna che solo nell’obbedienza della fede la Parola è efficace e la promessa di Dio si realizza. Essa porta il frutto infallibile e traboccante di questa pesca, che eccede ogni aspettativa e capacità umana: le reti quasi si rompono perché incapaci di contenere la realizzazione della promessa che è superiore alla stessa fama del nome di Dio (cfr. Salmo 138, 2).

Davanti alla maestà e alla potenza divina del Signore, Simon Pietro si inginocchia in segno di adorazione ed avverte vivamente il suo nulla di creatura (“allontanati da me, perché sono un peccatore” v. 8). Lui e i suoi compagni (“così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo” v. 10) provano terrore per il fatto che si trovano, a loro insaputa e in un giorno lavorativo qualunque, davanti ad un’azione divina inaudita. Davanti alla verità di Dio e al suo dono di misericordia, l’uomo scopre la propria verità: si sente lontano e si vede perduto, perché si sente indegno. Dove non c’è timore, stupore e senso del peccato, non si sta alla presenza di Dio, ma solo di un idolo, fatto a propria immagine e somiglianza. Inoltre, riconoscersi “peccatore” pone Simon Pietro nella condizione di essere incontrato e salvato da Gesù, colui che è venuto per salvare ciò che era perduto.

Gesù deve anzitutto rincuorare Simone, preso da spavento, prima di farne il suo discepolo e di annunciargli il suo futuro apostolico. L’espressione di Gesù, “Non temere” (v. 10), è quella comune di un essere celeste (l’arcangelo Gabriele) quando appare agli uomini: è così che si esprimerà Gesù dopo la sua risurrezione e la sua glorificazione, come pure già durante la esistenza terrena.

La parola di Gesù che viene dopo (“d’ora in poi sarai pescatore di uomini” v.10), è una profezia che annuncia l’attività apostolica di Simone e compie già quello che annuncia: Simon Pietro deve abbandonare il suo mestiere di pescatore e occuparsi ormai di “prendere gli uomini”. L’umanità intera è immersa nel mare e nell’abisso della perdizione, separata da Dio e in braccio alla morte. Pietro pescherà gli uomini dall’abisso per salvarli. La dichiarazione di Gesù diventa praticamente un ordine per Simon Pietro: essa comincia ad effettuarsi al presente, visto che Simone è deciso a seguire Gesù. Il miracolo della pesca abbondante compiutasi di giorno e la parola di Gesù concorrono qui a far scattare un impegno che determina tutta una vita: “lasciarono tutto e lo seguirono” (v. 11). Se l’evangelista riporta alla fine del racconto che Simone e i suoi colleghi lasciarono tutto e seguirono Gesù come discepoli, è perché si riconosca da questo che la dichiarazione di Gesù comincia già a realizzarsi.

In questa prospettiva, il racconto contiene una conseguenza non trascurabile che è quella di proporre a coloro che vivono nella Chiesa come esempio Pietro e i suoi collaboratori, perché anch’essi si decidano a consacrare la propria vita all’attività missionaria. Qui viene esplicitata la autocoscienza della Chiesa dopo la morte di Gesù nel sentirsi inviata a chiamare tutti gli uomini all’obbedienza alla Parola che salva, testimoniando essa stessa questa obbedienza che l’ha salvata.

Bibliografia consultata: Schurman, 1974; Fausti, 2011; Gatti, 2013.

Lascia un commento