Simone Cristicchi è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici".
Cristicchi è tornato a parlare della sua esperienza all'ultimo Festival di Sanremo: "Il giorno dopo aver cantato Abbi cura di Me mi è arrivato il video di una classe di bambini che la stava studiando e cantando durante un'ora di lezione. Per me è stata una grande vittoria, questa canzone è entrata nel cuore di tutti, è stata un'esperienza meravigliosa, non mi aspettavo questo effetto. La prima cosa che ho fatto subito dopo il festival è andare in una di queste tante scuole che mi avevano invitato e ho fatto una sorpresa ai bambini. Sono stati meravigliosi".
Sul Simone Cristicchi da bambino: "Avevo un talento spropositato per il disegno, quindi mi sentivo diverso dagli altri miei compagni. La maestra mi spinse a continuare, a portare avanti questa mia passione. Diventai un fumettista, un disegnatore. A sedici anni avevo già ricevuto una proposta di lavoro importante. Il bivio che mi ha portato a scegliere tra diventare un fumettista e un cantautore è arrivato nel 2005, con 'Vorrei cantare come Biagio', questa canzone che era nata da un momento di disperazione. Non riuscivo ad emergere nel mondo della musica, è venuto fuori questo brano che alla fine mi ha lanciato. Un tormentone per caso che fu molto equivocato".
Cristicchi, negli anni, ha iniziato un grande percorso di ricerca e riflessione: "E' nato per sfidare me stesso. Io già nei miei concerti usavo fare delle piccole prefazioni alle mie canzoni, raccontando delle piccole storie. Nel 2010 ho iniziato a fare dei piccoli esperimenti, poi il pubblico mi ha spinto a continuare con il teatro. Ero già lanciato nel mondo della musica, ma l'amore per il teatro dura ormai da tanti anni. La canzone a cui sono più legato? Una delle ultime che ho scritto, uno dei due inediti che è nella raccolta 'Abbi cura di me'. che è appena uscita. La canzone si chiama 'Lo chiederemo agli alberi'. E' un omaggio alla natura, che in maniera silenziosa ci insegna come vivere. L'albero è la metafora dell'abbandono, dell'accettazione di tutto quello che viene, ma allo stesso tempo ha le radici che lo tengono fermo sulla terra. Essere riuscito a trasformare la mia passione nel mio lavoro è una fonte di grande felicità".
Cristicchi si è occupato in passato anche dell'esodo degli italiani dall'Istria: "Non programmo mai, non sono un uomo di marketing, procedo per innamoramenti, seguo il mio istinto. Per questo a volte mi soffermo su alcune storie. In realtà tutto questo nasce da una grande ignoranza mia personale, che cerco di colmare prima approfondendo e poi condividendo con gli altri. Occuparmi di foibe mi ha fatto essere tirato per la giacchetta sia da destra che da sinistra, è un argomento ancora oggi su cui non c'è una memoria condivisa. Quando si toccano certi temi, si toccano nervi scoperti. Ma il senso del mio spettacolo non era tanto quello di soffiare su delle braci ormai spente di una lotta ideologica, quanto riflettere sul tema dello sradicamento dalle proprie radici".
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