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Simone il fariseo e la donna peccatrice

Ci eravamo lasciati la domenica scorsa con l’affermazione della folla che, di fronte alla risurrezione del figlio giovane della vedova di Nain, aveva riconosciuto Gesù come “un gran profeta”. L’episodio di Simone il fariseo e la donna peccatrice (Lc. 7, 36 – 8, 3) che leggeremo la prossima domenica, riprende il motivo del “profeta”, presente nella mente di Simone (“se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna…v. 39) che aveva invitato Gesù a mangiare da lui: orbene, Gesù risponde con un atto, con il perdono dei peccati. E questo profeta viene meravigliosamente accolto dal più disprezzato degli esseri, una peccatrice.

Dunque, Gesù, l’amico dei pubblicani e peccatori, non rifiuta la commensalità neanche con quel tipo di peccatori che sono i farisei “giusti”. Il peccato del fariseo Simone, il giusto, è quello di comperarsi il suo amore con la moneta sonante delle proprie opere buone (un peccato di prostituzione): è l’insidia di tutte le religioni, che suppongono un Dio cattivo da imbonire. Il peccato del giusto può essere vinto solo dall’esperienza di un amore gratuito, non meritato, al quale si corrisponde con altrettanto amore. Gesù, accettando l’invito del fariseo, mostra la sua bontà: come ama la donna che peccò di prostituzione con gli uomini, così ama il fariseo che pecca di prostituzione nei confronti di Dio. Il confronto tra i due aiuterà il fariseo a riconoscere il proprio peccato e il suo amore gratuito, offerto anche ai giusti.

Durante il banchetto, la porta resta aperta agli estranei, i quali possono curiosare, andare, venire e apprezzare la generosità del padrone, ed eventualmente approfittarne. Avviene ora un fatto scandaloso, sconcertante e sconveniente: entra nella casa del fariseo “una donna, che era peccatrice nella città” (v. 37), una prostituta ben nota. Essa doveva già aver visto Gesù, o averne sentito parlare in modo tale da desiderare di incontrarlo. L’attenzione è tutta concentrata su di lei: meraviglia, stupore e sdegno da parte del fariseo; trepidazione, determinazione e tenerezza da parte della donna; compiacenza, gioia e approvazione piene da parte di Gesù. La peccatrice porta con cura un vaso di alabastro di profumo e intende profumare Gesù. Questa donna è l’unica finora che fa qualcosa per amore di Gesù, e dà a colui che finora ha sempre dato tutto a tutti. E’ la prima persona libera, capace di rispondere al suo amore.

“Stando dietro, presso i piedi di lui…” (v. 38).Questa donna si arresta “ai piedi” di colui che per amore lavò i piedi di coloro (gli apostoli) che amò sino alla fine. Il suo amore irrompe in un pianto, come pioggia di lacrime sui piedi di Gesù, che poi asciuga con i capelli sciolti, baciandoli e rivestendoli di profumo. Non è un pianto amaro, pieno di confusione e rabbia contro se stessa; questo sembra un pianto dolcissimo, pieno di serenità e di gioia, il pianto di chi finalmente trova la propria verità in colui che ama perché da lui amata: è un pianto d’amore per Gesù! La donna non dice niente, e Gesù lascia fare, accetta, acconsente e approva quanto fa.

“Vedendo questo, il fariseo…” (v. 39). Ciò che al fariseo risulta particolarmente disdicevole è il contatto fisico di questa peccatrice con Gesù: “lo tocca” (v. 39). Simone è assolutamente certo che se Gesù lo sapesse non permetterebbe alla donna di avvicinarsi: si diventa impuri toccando una peccatrice, un cadavere o un maiale. Veramente il fariseo ce la mette tutta per giustificare il Maestro: ma purtroppo non intuisce la profezia di un’altra giustizia, secondo la quale Gesù accetta quei segni d’amore che la donna gli rivolge.

“Gesù allora gli disse…” (v. 40). Gesù invece risponde ai segreti ragionamenti del fariseo, mostrandosi così “profeta” proprio nei confronti di colui che lo nega per scusarlo del suo comportamento “scandaloso”. E racconta la parabola dei due debitori insolventi verso il loro padrone-creditore (vv. 40-43). Il più avvantaggiato è chi ha il debito maggiore, perché riconosce di aver avuto un dono maggiore. E chi sa di aver ricevuto di più, riconosce un amore più grande. La nostra vita è un dono d’amore e non un debito da estinguere sotto forma di prestazioni di vario tipo, in modo da pareggiare il nostro conto con lui. Il dono di Dio è un amore gratuito da accettare e a cui corrispondere con altro amore.

“E volgendosi verso la donna…” (v. 44). Gesù fa comprendere a Simone quanto sia stato avaro di amore, all’opposto della peccatrice. Simone non gli ha tributato tutte quelle dimostrazioni di onore che generalmente sogliono accompagnare la presenza di ospiti di riguardo. La peccatrice, invece, mossa dal suo amore, l’ha colmato di quelle espressioni di considerazione che Gesù meritava. “Per questo -afferma Gesù- le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato” (v. 47). L’amore che questa donna ha per Gesù, questo amore che l’ha spinta ad andare nella casa del fariseo dove si trovava Gesù con un vaso di profumo, è effetto e causa insieme del perdono: in quanto perdonata, ama come risposta al perdono; e, in quanto ama, è aperta ad accogliere il perdono che è la forma più grande dell’amore. Amore e perdono si alimentano a vicenda, in una circolarità continua.

“I tuoi peccati sono perdonati” (v. 48). La conclusione non è credere che l’amore sia conseguenza del perdono, quanto invece credere che il perdono è conseguenza dell’amore, il quale già presuppone la fede: “La tua fede ti ha salvato” (v. 50). In realtà perdono e amore hanno una costante reciprocità di causa-effetto. Riportando questa frase, Luca innalza il comportamento di questa donna a “simbolo” del comportamento cristiano: esso ci illustra l’azione di Dio in un cuore peccatore che si lascia lavorare dal suo amore. “Va’ in pace” (v. 50): essere salvato da Dio implica necessariamente una spinta a mettersi in cammino. La fede è essenzialmente “dinamica”: essa ci mette in cammino, con Gesù, verso la croce e verso la gloria. Con questa fede che salva, la donna “cammina verso la pace, verso la pienezza della luce del volto di Dio".
Capirà Simone il suo peccato, ben più grande di quello della donna peccatrice? Alla fine, amerà di più? Il punto fondamentale non è “chi è più giusto”, ma “chi amerà di più”: paradossalmente proprio chi ha debiti maggiori, amerà di più. Proprio il nostro male, non il nostro bene, ci fa partecipare più profondamente del mistero di Dio che è amore.

Bibliografia consultata: Charpentier, 1971; Fausti, 2011.

Redazione

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