Quando l’astronauta Samantha Cristoforetti ha mangiato una barretta di grillo e mirtillo c’è stato un grido di allarme. Abbiamo sempre associato le avventure spaziali ai cibi sintetici: pillole, barrette di vario colore e provenienti da laboratori chimici: il cibo del futuro.
Dovremo rinunciare agli spaghetti alla carbonara? Beh non tutti, per fortuna, dobbiamo viaggiare nello spazio per mesi o per anni. Da lì abbiamo scoperto che non c’è solo la barretta di Samantha.
Arrivano anche chips, patatine, pasta, e c’è già chi alleva grilli. A Milano ha debuttato un burger con farina di grillo e a Torino, oltre al tentativo di farne del pane, in un supermercato, sono apparsi i primi spaghetti a base di questa farina.
Da tempo si alleva la cocciniglia, per farne un colorante vermiglio ad uso alimentare, ricavato dall’omonimo insetto, in particolare dalle femmine della specie.
Un bar pasticceria di Reggio Emilia, La Palapa, ha cominciato a proporre pasticcini preparati con la farina di grilli. L’Unione Europea ha dato il via libera, dal gennaio scorso, all’utilizzo di farine derivate da insetti nell’alimentazione. Si autorizza la commercializzazione delle larve di Alphitobius diaperinus, verme della farina minore, congelate, in pasta, essiccate e in polvere. Per la farina sgrassata parzialmente, per i grilli in polvere per quelli congelati, in pasta ed essiccati, era già stata data l’autorizzazione nel 2022. Si potrà anche utilizzare, per farne farine, la locusta migratoria (la cavalletta di biblica memoria) e la larva gialla della farina (Tenebrio Molitor / tenebrione del mugnaio).
Saremo noi il flagello per le cavallette?
“Credo che siamo i primi al mondo a vendere brioche e biscotti con questa farina – racconta all’edizione reggiana del Resto del Carlino, il titolare Michele Taddio – la novità è stata presa con moltissima curiosità, a molti clienti piace, altri preferiscono quelle classiche. Come sapore ricorda quello delle brioche integrali. La nota caratteristica è che possiede un alto valore proteico».
Se ne parla da tempo e sono arrivati. Le capacità nutritive, l’ampia disponibilità e il basso costo, la necessità di trovare altre fonti di approvvigionamenti alimentari, con le carestie dovute alla siccità e scarsità di acqua, rendono gli insetti una fonte ideale per la nostra sopravvivenza. Oltretutto la popolazione mondiale è in aumento costante, anche se non possiamo sapere cosa accadrà in futuro e abbiamo visto che pandemie e guerre sono sempre in agguato.
Il Sole 24 Ore, in un articolo del 24 gennaio di quest’anno, sosteneva che “l’allevamento di insetti potrebbe contribuire anche a ridurre le emissioni di gas serra e lo spreco alimentare. Lo studio delle proteine derivate da insetti é considerato una delle aree più importanti del programma Orizzonte Europa che sostiene finanziariamente la ricerca nei Paesi Ue. Un’accelerazione, tuttavia, che non sembra interessare i consumatori europei e soprattutto gli italiani, visto che come rileva un’indagine Coldiretti-Ixé, il 54% è contrario agli insetti a tavola, il 24% è indifferente, solo il 16% è favorevole e il 6% non risponde.”
Secondo Andrea Ghiselli, della Sisa, Società Italiana Scienza dell’Alimentazione, “il fenomeno non deve destare scalpore. Probabilmente resterà un consumo di nicchia. Rimarranno un prodotto interessante, ma non di largo consumo, anche perché i costi sono molto elevati. “
Le brioche con la farina di grillo, de La Palapa di Reggio Emilia, costano due euro e cinquanta centesimi in più di quelle classiche, dovuto al fatto, spiega il titolare, che la farina di grillo costa 13,50 euro all’etto!
Dal punto di vista nutrizionale indubbiamente il valore è molto alto e forse si potranno usare per rinforzare altre farine, per conferire più proteine di alta qualità. Bisognerà solo fare attenzione a possibili allergie. Chi è già allergico ai crostacei – dicono- correrebbe dei rischi anche con i grilli!
La comunicazione si rende necessaria comunque, per rendere sempre più consapevoli i consumatori di quello che comprano, visto che in molti casi sono prodotti che provengono da paesi al di fuori dell’area comunitaria. Dove non sempre si rispettano le nostre norme igienico sanitarie in materia alimentare.
In sostanza, che sicurezza abbiamo del fatto che questi nuovi alimenti non comportino reazioni allergiche in alcuni soggetti per i quali non si sospettava? Nessuno lo può sapere finché non si approntano dei test o finché non scoppia un caso. La Lega, prima firmataria la deputata Elena Lizzi, ha presentato in tal senso una interrogazione alla Commissione europea sulla commercializzazione. Si chiede che venga messa a disposizione la ricerca fin qui esperita per saperne di più.
Prima di adesso le farine di insetti venivano usate in Italia solo come cibo per altri animali. Particolarmente per le galline ovaiole, in provincia di Viterbo. È stata una scelta degli allevatori, preoccupati dagli aumenti dei costi dei mangimi e da quello dei trasporti. I ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana hanno contribuito a rendere possibile questa soluzione. La cosa non poteva sconvolgere nessuno perché si trattava solo di cambiare la forma dell’alimentazione delle galline, ma la sostanza restava la stessa. Nel caso nostro si tratta di conservare la forma cambiando la sostanza.
Certamente cambieranno tante coltivazioni. Alcune colture non saranno più possibili, per l’enorme spreco idrico di cui hanno bisogno, come il riso e il mais. Bisognerà ripensare gran parte della nostra produzione agricola. I terreni coltivabili sono sempre di meno, i costi crescono, i controlli sanitari inducono al rispetto delle norme e anche questo fa lievitare il prezzo dei prodotti. Ben vengano le farine di insetti quindi a risollevare il mercato.
Che sia un mercato di nicchia è un dato attuale, siamo sicuri che resterà tale? In base al report Nomisma per la Cia- Agricoltori Italiani, si ritiene che nel 2030 saranno 400 milioni i consumatori di questo genere di prodotti. La crescita potrebbe aumentare di 180 volte nel 2025, rispetto al 2019! Ovvero si passerebbe dalle 500 alle 90.000 tonnellate, per arrivare, in prospettiva, alle 260.000 nel 2030.
Nel 2050 la popolazione mondiale sarà di 10 miliardi di esseri umani. Per sfamare questa gente, le risorse della terra non basteranno, se continua la sperequazione tra Occidente e Resto del Mondo sui consumi energetici e alimentari. Ecco perché si parla di fonti alternative. Mentre si parla di farine di insetti, tra i cibi del futuro si pensa di far rientrare anche le macroalghe unicellulari, la kelp, la spirulina e la clorella. Proteine derivanti da funghi. Cibo “cucinato” in laboratorio e assemblato da una stampante 3D, la carne sintetica al sapore di quella reale.
Penso che questa corsa sia un altro modo per mantenere la sperequazione tra paesi ricchi e paesi poveri. Chi avrà in mano il know how dell’alimentazione alternativa, avrà opportunità di sopravvivenza e chi non l’avrà dovrà arrangiarsi. Non sarà un futuro idilliaco da vivere. Forse a noi, fortunati viventi del secolo XX e XXI, è toccata la sorte migliore. Festeggiamo quindi con una amatriciana e un buon bicchiere di Sagrantino. Finché possiamo.
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