Spallanzani: “A luglio non avevamo pazienti Covid, oggi sono 120: aumentiamo posti letto”
L’infettivologo dello Spallanzani racconta come è cambiata la situazione Covid-19 nei reparti, da marzo a settembre
Covid-19, l’infettivologo dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Mauro Zaccarelli, ci offre una fotografia della situazione nell’ospedale romano dedicato al Sars-coV-2.
“Nel 2020 abbiamo un numero maggiore di posti letto e di medici, i quali sono stati aumentati per l’emergenza Covid. Il numero dei pazienti Covid sta aumentando molto rapidamente nelle ultime settimane, ieri 24 settembre, erano circa 120. Aumentano per via delle temperature più basse, perché ci si è un po’ rilassati e si sta più vicini e in spazi chiusi, insomma perché aumentano inevitabilmente i momenti di vicinanza e contatto.
I pazienti Covid sono complessi, con altre patologie e spesso anziani. Ma niente a che vedere con gli anni scorsi, non avevamo mai visto nulla di simile.
Da marzo ad aprile qui allo Spallanzani abbiamo ricoverato solo per Covid, tutti gli altri ambulatori erano chiusi, tutto il resto è rimasto in sospeso. Per due mesi lo Spallanzani si è occupato solo di pazienti Covid. Tanto che si sono accumulate le visite ambulatoriali, e abbiamo eseguito solo quelle urgenti. Poi abbiamo ripreso con le visite di routine, infatti a giugno-luglio lo Spallanzani aveva quasi solo pazienti ‘non Covid’.
Il 1 agosto abbiamo riaperto gli ambulatori, le visite esterne e televisite, gestendo i pazienti accumulati. Oggi posso dire che abbiamo metà pazienti Covid e metà non Covid. Il Covid è davvero particolare: si va da pazienti che non si accorgono di averlo, ad altri che hanno bisogno di ossigeno e non riescono a respirare. Qui allo Spallanzani non ricoveriamo gli asintomatici, ricoveriamo se il paziente è affetto da polmonite. Il 24 settembre abbiamo aumentato i posti letto perché attendiamo una grossa ondata. Dovrà diminuire il tempo e il personale dedicato ad altre patologie. Questa è la situazione che abbiamo qui”.