Un tonfo secco, potente..quasi un'esplosione.. BOOM! Così forte da far saltare gli occupanti della barchetta dei ricercatori e biologi marini a due passi dall'isola delle foche.
Si erano girati di scatto per guardare, per capire.. Forse un motore.. andato, scoppiato. Già, ma il fumo? Le fiamme?
No, niente motore! Forse, però, sarebbe stato meglio lo fosse stato, pensarono, perché quello che videro li spaventò ancora di più.
Adagiato, quasi incastrato sopra la poppa del piccolo natante c'era uno squalo! E che squalo! Un Grande Squalo Bianco di più di tre metri! La bestia si agitava impazzita dal dolore e dalla mancanza di ossigeno. “Aveva cominciato a scodare come una furia, ricorda la resonsabile del gruppo di studiosi, era impossibile tentare di avvicinarsi”.
Le mascelle si aprivano e si chiudevano come tagliole pronte a mordere tutto ciò che fosse capitato a tiro. La struttura della barca di Oceans Research (Istituto di Ricerca sudafricano di Mossel Bay) cominciava a soffrire quel peso, quella incredibile presenza.
“Più di 500 kg di squalo furioso che lottava per sopravvivere a bordo di una delle nostre imbarcazioni! Quando mi chiamarono per chiedere aiuto e informarmi della situazione pensai ad uno scherzo. Invece era vero, tutto vero! Avremmo dovuto agire in fretta”. Il direttore dell'istituto di ricerca sudafricano, Enrico Gennari, ricorda come fosse oggi quella telefonata, quella concitazione.
Con il collega Ryan Johnson arrivarono sul posto in pochi minuti. “La sorpresa fu enorme!
Studio e lavoro con gli squali bianchi da oltre dieci anni ma quello che vedevo ora dentro la mia barca era una scena che sembrava uscita da un film!”. L'animale, ormai esausto, era talmente pesante da lasciare poco spazio all'improvvisazione. Bisognava agire in fretta!
Al porticciolo di Mossel Bay era già pronta una gru che sembrava poter essere la sola possibilità per rimettere in acqua il predatore. “Non avrei voluto usare quella gru, ricorda Gennari, poteva essere pericolosa per l'animale ma non avevamo alternative…”
Una volta in acqua cominciarono a spingerlo per favorire la respirazione. Dopo qualche minuto lo squalo sembrò riprendersi. “La scena era comica e drammatica al tempo stesso. Aveva cominciato a nuotare, seppur debolmente, e sembrò allontanarsi con noi che facevamo il tifo per lui. Poi, prosegue Gennari, quella pinna si girò e lentamente tornò verso di me. Avevo l'acqua alla cintola ed ero ad un metro da uno squalo bianco di mezza tonnellata che stava riacquistando le forze! Fortunatamente, l'animale, era ancora intontito e riuscimmo a spingerlo verso il largo. Stavolta lo squalo bianco si allontanò davvero. Sembrava in buona salute. Stanchi e felici non potevamo ancora credere di avere vissuto quella incredibile esperienza. Inutile dire che la notizia fece il giro del mondo. Tutti i maggiori notiziari internazionali se ne occuparono. ancora oggi, nonostante sia passato più di un anno, la vicenda desta scalpore e curiosità.
Lo squalo era finito in barca mentre cercava di catturare un'otaria con la tecnica che questi predatori usano da quelle parti. Il salto è dato dall'incredibile velocità che raggiungono per cogliere la preda di sorpresa. Stavolta, purtroppo, la sorpresa era stata per se stesso e per un gruppo di ricercatori innamorati del mare che gli avrebbero salvato la vita.
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