Si moltiplicano le serie tv dedicate agli squali che, però, continuano ad essere rappresentati come fossero dei mostri pronti ad uccidere.
“L'estate degli squali”, “Apocalypse”, “Nati per uccidere”, sono solo alcuni dei titoli usati per i documentari che “raccontano” gli squali e impazzano nelle televisioni di tutto il mondo, soprattutto in estate.
“Shark Week” è una serie televisiva che raccoglie, assieme ai classici, le ultime novità in fatto di squali e trasmette in tutto il mondo con ascolti da finale del Superbowl. Gli appassionati del genere, tra i quali il sottoscritto, aspettano questo evento per godere di nuove immagini e tecniche di ripresa che, ormai, sono più vicine ad un film di Hollywood che al genere naturalistico che ci si dovrebbe aspettare.
Lo squalo, e il grande squalo bianco in particolare, infatti, nella maggior parte dei casi è trattato come fosse ancora un mostro degli abissi che sale in superficie pronto ad azzannare qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Come fosse un “nipotino” del Bruce protagonista del film di Spielberg, è sempre più circondato da telecamere che girano migliaia di fotogrammi al secondo che evidenziano anche la più piccola goccia di acqua salata e di sangue durante una normale predazione.
Gli squali, (notiziona!) compreso lo squalo bianco, mangiano per vivere. E' incredibile come anche il semplice fatto di mangiare, che, è vero, in alcuni casi può rivelarsi un'azione spettacolare, debba essere sempre accompagnata da musiche degne del miglior B movie dove l'assassino è sempre il maggiordomo.
Il mare, l'oceano, i pesci e gli squali in particolare, da decenni sono in difficoltà. Depredati e inquinati, i primi, trucidati e irresponsabilmente pescati, i secondi, sono destinati a morire, se non si decide seriamente di cambiare le regole. FAO, dove sei?
Migliaia di informazioni di sub di tutto il Pianeta raccontano un oceano semi deserto, dove la vita esistente fino a pochi anni fa è scomparsa. Miglia e miglia di mare con fondali da paesaggio lunare che ospitano il nulla. Grotte meravigliose che hanno perso pesci e colori, vita. Non c'è nemmeno bisogno di andare troppo lontano per rendersi conto del declino in atto. Basta dare un'occhiata al nostro Mediterraneo che al di là di qualche spot televisivo non ha più nulla da dire.
E' vero, si dirà, qualche volta, anche da noi, ci sono dei pesci e addirittura qualche squaletto che si avventurano tra i bagnanti, a due passi dalla riva. E' e dovrebbe essere un dato che fa pensare perché, contrariamente a qualche commento di pseudo esperti di chissà cosa che raccontano favole di “acque in buona salute” (quelle del litorale laziale!) stanno semplicemente a denunciare il fatto che non c'è più cibo tanto da costringere quei pesci e quegli squaletti, a cercarlo ovunque, anche sotto il pattino del bagnino.
E' abbastanza inutile spendere centinaia di migliaia di dollari per farci vedere le piroette in moviola dello squalo bianco che caccia se, nel frattempo, quello stesso squalo può venire ucciso da chiunque a pochi chilometri dal set perché della sua vita e del suo peregrinare non si conosce un accidente.
A guadagnarci, infatti, saranno solo le produzioni e la pubblicità, gli attori e
gli sponsor e tutta quella serie di parassiti che ruotano intorno a quel mondo che sta scomparendo. Lo squalo è più vecchio dei dinosauri e a loro è sopravvissuto grazie alla perfezione che già milioni di anni fa, ha raggiunto. Ci volevamo noi, e la nostra bramosia della ricerca del mostro che non c'è (la sociologia insegna) per farlo scomparire dalla faccia della Terra.
Sono previste nuove produzioni per la prossima stagione televisiva. Nuovi film dalla trama e storia improbabili, sono comparsi sugli schermi dei cinema e della tv. La mitica telecamera Phantom non basta già più, bisognerà inventarsi qualcosa di nuovo e, i precedenti lo dimostrano, non sarà tanto difficile. Basterà inquadrare uno squalo di quattro metri e trasformarlo in uno di cinque metri e mezzo, trovargli un nome adatto e impressionante, magari degno dell'antica Roma, anche se è già accaduto, e il gioco è fatto.
La storia? Dipende dalla produzione e dalla percezione del pubblico che pagherà il prodotto guardandolo. Come si trattasse di un concerto o di uno show, si procede alla ricerca della sensazionalità che, al di fuori dei diretti interessati, non serve a nessuno. Non serve al pubblico che, ancora, fa il bagno terrorizzato dall'ipotesi di un mostro che arrivi e se lo mangi, non serve ai ragazzini che pensano e immaginano lo squalo come fosse Godzilla, non serve, soprattutto, a far cambiare la percezione errata che abbiamo di questo meraviglioso predatore che chiede solo di vivere. Non serve, a maggior ragione, allo squalo che, tra un popcorn e l'altro, continua a morire.
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