Storia straordinaria del supplì, una delle più buone pietanze romane
Per arrivare al supplì come lo conosciamo oggi, siamo al secondo dopoguerra, grazie a cuochi e ristoratori come Giggi Fazi, nella sua Hostaria Romana
All’inizio, il “progenitore” era una semplice palla di riso lavorata con la mano, insaporita con zafferano e condita con carne di agnello. Siamo nel Regno di Sicilia, al tempo della dominazione araba (IX-XI secolo).
Secoli dopo, furono i Borbone a introdurre nel Regno di Napoli le gustose palle di riso che venivano fritte agli angoli delle strade costituendo a tutti gli effetti la prima forma di street food conosciuta.
Ma il supplì, così come lo conosciamo oggi (cioè la palla di riso dalla forma allungata con ragù di carne e mozzarella), nasce a Roma nei primi anni dell’ottocento con l’arrivo a Roma delle truppe di Napoleone.
La leggenda vuole che un soldato francese che passeggiava per le vie della città eterna, incuriosito dall’odore della palletta di riso (che, nel frattempo, da Napoli era giunta a Roma), volle assaggiarla e definì la mozzarella nascosta al suo interno una vera e propria “surprise”.
Da qui, il passaggio al termine italianizzato di “supplì”
Nel 1874, il supplì, o meglio “la soplis” (al femminile) smise le vesti di cibo da strada per comparire sul menù di un ristorante, la Trattoria Lepre a Via dei Condotti, con il nome di soplis di riso.
Tra i primi ricettari in cui appare il supplì, o meglio il “supplis”, troviamo La cucina di famiglia di Adolfo Giaquinto (zio della celeberrima Ada Boni) risalente al 1901 e rieditato nel 1917, in cui sono presenti siavla versione con ripieno di provatura, un formaggio filante simile alla provola, che con ripieno di carne.
Da sottolineare il fatto che in queste ricette non è ancora presente il sugo, se non in maniera del tutto marginale.
Si deve attendere la pubblicazione de La cucina romana di Ada Boni, nel 1929, per trovare una ricetta più simile a quella che conosciamo oggi.
In questo caso, la supplì (ancora al femminile, come nel 1874) proposta dalla Boni è una crocchetta ottenuta cuocendo del riso in un po’ di sugo di umido, condito con burro, parmigiano e uova e senza il ripieno di mozzarella filante.
Per arrivare al supplì come lo conosciamo oggi dobbiamo aspettare il secondo dopoguerra: la ricetta verrà messa a punto nel corso degli anni da vari cuochi e ristoratori, tra cui Giggi Fazi, che negli anni ‘50 lo proponeva nella sua Hostaria Romana in Via del Boccaccio e utilizzava, al posto del riso, il risotto cotto nel pomodoro insieme alla carne.