Lo storno è un passeriforme originario dell’Eurasia, ormai colonizzatore di tutti i continenti eccetto America meridionale e Antartide. Gli esemplari sono lunghi circa 20 cm, il piumaggio invernale è nero con accentuate macchie bianche, mentre in estate i riflessi sono anche verdi e violacei. Di esso conosciamo le splendide circonvoluzioni nel cielo quando si muove in stormi e l’odore nauseabondo del suo guano.
Marianna Di Santo, rappresentante Fauna Urbis Società Cooperativa per la divulgazione scientifica e l’allontanamento degli storni, presidente dell’associazione Xèmina emozioni in natura per l’educazione ambientale e il monitoraggio faunistico, ci spiega qualcosa sull’impatto fastidioso di questi uccelli in città…e sul nostro impatto disastroso su ogni habitat.
Professoressa, ci racconta qualcosa di questa specie di uccelli?
“Si tratta di una specie molto diffusa e comune in Europa e Asia. In America, Australia e Nuova Zelanda è stata introdotta dall’uomo, ed è oggi considerata una delle cento specie più invasive. In Italia, la specie non è invasiva perché autoctona, tuttavia essendo gregaria forma dei grandi dormitori che possono causare problemi alla circolazione e alle abitazioni. La specie in Italia è sia migratrice che viene a sverna nelle città provenendo dal centro Europa, ma è presente anche con popolazioni stanziali che rimangono da noi tutto l’anno. Da Ottobre a Marzo, questo all’incirca è il periodo nel quale possiamo osservarne di più anche se quest’anno abbiamo ricevuto chiamate già da metà settembre.
Lo storno è una specie gregaria che trascorre le giornate in campagna, dove si nutre di olive, semi e insetti che cerca sul terreno per lo più fuori città. All’imbrunire poi, viene in città per dormire sugli alberi anche a migliaia, perché è più calda a causa dell’asfalto, dell’illuminazione e dei palazzi alti che costituiscono un’ottima barriera contro il vento. L’effetto “isola di calore” crea un ambiente favorevole ad attirare questi uccelli per il riposo notturno. A Roma abbiamo osservato diversi dormitori: alla stazione Termini, a Lungotevere, al quartiere Prati, in viale Giulio Cesare, all’EUR. Il guano a terra è olioso e può trasformarsi in un pericolo per i pedoni e la viabilità locale. Se per lungo tempo le strade non vengono pulite si possono diffondere delle zoonosi, per questo è importante una gestione mirata alla dispersione dei grandi doirmitori. Dopo ogni nostro intervento segue la pulizia da parte di Ama per l’igiene delle strade, quindi questo problema non si crea”.
La loro preferenza notturna per ambienti urbani li rende animali problematici a Roma e nel Lazio per via del guano scivoloso e maleodorante, come si argina questo disagio senza creare danni strutturali alla popolazione di questa specie e anche della fauna che si rapporta a essa?
“La falconeria non funziona, perché lo storno ha già dei predatori naturali come il falco pellegrino o il gabbiano reale che normalmente se ne cibano, ma si è visto che i loro dormitrori comunque rimangono stabili. I dissuasori di oggi, col metodo “distress call” (grido d’allarme) è l’unico che risulta efficace e inoltre è incruento. Seguendo un protocollo messo a punto da noi negli anni, l’intervento consiste mettendo in atto un avvertimento di pericolo dello storno stesso, quindi non si crea disturbo ad altre specie, da loro riconoscibile e non diversa da quella che conoscono, proprio per non stravolgere il loro comportamento. Quindi un grido di allarme specie-specifico che li spinge a spostare i loro dormitori in zone che per loro risultano prive di pericoli”.
Nel gennaio 2018 ci fu una diffusa moria di storni, con decine di esemplari morti in zona Porta Pia, Prati, Verano…quali erano le cause di questo fenomeno impressionante? Si è parlato di pistole a pallini, avvelenamenti, epidemie…
“Capita nei grandi dormitori che gli uccelli si scontrino tra di loro o sulle vetrate degli edifici, perché durante la formazione di dormitori magari si radunano in migliaia e poi involano in troppi da uno spazio ristretto per l’intero stormo, così gli esemplari impattano tra loro o contro ostacoli. Ci sono diverse teorie ma non c’è ancora un accordo nella comunità scientifica”.
Quali sono altri animali ‘problematici’ che monitorate o per i quali ricevete segnalazioni?
“Al momento, piccioni nelle città e le cornacchie grigie in campagna, c’è un aumento considerevole delle specie generaliste e sinantropiche, dovuto anche alla diffusione e alla crescita dei rifiuti, come i gabbiani reali di Roma, specie in aumento, anche qui per via soprattutto dei rifiuti dei quali si cibano”.
Insomma noi creiamo i rifiuti, l’inquinamento luminoso, la cementificazione esasperata, tutte quelle condizioni che alterano la vita degli animali sottraendo loro territorio e poi ci lamentiamo perché loro invadono le città o causano danni alle nostre abitazioni…mi pare davvero incoerente!
“Si, dovremmo infatti modificare molti dei nostri comportamenti e il nostro impatto sull’ambiente. Non possiamo buttar giù le città certo, ma almeno bandire l’accumulo dei rifiuti a cielo aperto, il quale attira cinghiali, volpi, uccelli, roditori…anche i cinghiali stanno subendo un aumento demografico, complice il fatto che non hanno più neppure predatori naturali, per trovare un fazzoletto dove abitare. Dietro c’è sempre l’azione umana”.
I pipistrelli sono un insetticida naturale, ma ce ne so no sempre di meno, vero?
“I pipistrelli sono predatori in grado di mangiare migliaia di zanzare ogni notte. Sono minacciati principalmente dalla frammentazione degli habitat, dalla sconsiderata diffusone dei pesticidi che riducono gli insetit dei quali si cibano, dalla perdita di siti di riproduzione. I pipistrelli svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere gli equilibri ecosistemici. Per aiutarli si possono acquistare o fabbricare le “bat box”, casette di legno da fissare in alto, anche in città per ospitare qualche pipistrello. Vanno collocate a un altezza minima di 4 metri, in modo da agevolare l’entrata e l’uscita dalla tana”.
Cosa possiamo fare per arginare i danni che noi causiamo agli animali…”problematici’?
“Guardi, meno cose cerchiamo di fare e meglio è. Gli animali non sono problematici, è l’uomo che li percepisce come tali, quindi la prima cosa potrebbe essere ridurre il più possibile i rifiuti a cielo aperto per evitare l’incremento di tali specie nelle aree urbane. Per arginare i danni alla fauna selvatica in generale dovremmo ridurre il nostro impatto. Tra i rifiuti lasciati nell’ambiente, la plastica, è una delle cause principali di perdita della biodiversità e causa la morte di tantissimi uccelli, pesci e tartarughe marine ogni anno”.
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