Street art e writer, graffiti creativi o muri sporchi?
La città come una tavolozza sulla quale esprimersi, in qualche caso sono trompe l’oeil o vere e proprie opere d’arte, ma non è sempre così
Scritte sui muri, una città che parla con lettere in movimento, attraverso i graffiti sui vagoni di treni e metropolitane. Ghirigori variopinti sulle saracinesche dei garage, dei negozi, sui portoni e sui cancelli, come fossero tele messe lì apposta per far esprimere i writer. Novelli artisti urbani o imbrattatori? Come li dobbiamo giudicare? Il confine tra arte e disegno, tra dipingere e imbrattare una parete spesso è sottile, soggettivo, certamente dipende molto dal gusto di ciascuno di noi, compreso chi usa la bomboletta spray.
Il tema è vasto perché riguarda molte città del mondo e anche accattivante. È un fenomeno che non si argina. La voglia di “segnare” la propria presenza, la propria ansia di esserci, di tanti giovani che si sentono fuori dal sistema urbano ma che vogliono riappropriarsi della città, dei suoi spazi, dei suoi muri e più forte delle squadre di pulizia del comune. I muri senza scritte per loro sono una provocazione. Il popolo non deve essere muto. Deve potersi esprimere e quelle pareti, quelle superfici, ancorché mobili come i vagoni dei treni, sono la loro comunicazione, la parola degli esclusi. Di fatto è una battaglia persa. Le scritte restano.
Street art, Cosa dice la legge
Giova ricordare che in Italia, in assenza di autorizzazione, l’aspetto estetico non influisce sulla punibilità prevista dall’art.639 del codice penale. Le pene aumentano se i graffiti sono dipinti su un mezzo pubblico o privato, su beni di interesse artistico e storico come un monumento. Il reato di deturpamento e di imbrattamento di cose altrui è un reato minore, se il danno è solo estetico e facilmente eliminabile. Diventa delitto di danneggiamento ove il danno venisse giudicato permanente.
Fa riflettere, in positivo, il caso della Corte di Cassazione che in una sentenza del 2016 ha assolto un writer che aveva apposto una scritta su una parete nei pressi di una strada pubblica perché l’intenzione dell’artista era quella di abbellire uno spazio che risultava già imbrattato precedentemente da ignoti. In sostanza il tribunale, in primo grado, aveva considerato l’intenzione artistica dell’imputato riconoscendo nel suo operato “un fin di bene” e dando al suo lavoro un fine artistico.
Chi compie un’azione configurabile come reato di deturpamento e imbrattamento può, in presenza di alcune circostanze, essere assolto dal giudice in virtù dell’art. 131-bis c.p. che esclude la punibilità per particolare tenuità del fatto o per valori artistici.
I muri servono per lasciare un segno
Sui muri si è sempre scritto, fin dal tempo dei romani. Pompei ne è la testimonianza. Scritte elettorali, politiche, frasi di innamorati ma anche offese alle ex e ai rivali, proposte, supporto alle squadre e agli atleti e ai candidati, pubblicità. Ma ancor prima l’uomo preistorico, certo di non incorrere nei codici penali, disegnava scene di caccia sulle pareti delle caverne, figure stilizzate di bisonti, cavalli, gazzelle dimostrano la volontà di lasciare una traccia del proprio passaggio, un ricordo delle proprie gesta, forse non tanto ai posteri quanto ai contemporanei. Che sapessero di cosa era stato capace chi aveva fatto quelle rappresentazioni, oggi tanto apprezzate da archeologi, artisti e stilisti di moda. Infatti offrono una suggestione per ideare tessuti, tele, abiti esotici variamente colorati.
Le scritte, quando sono ironiche, segno di protesta, di critica, diventano anche simboliche e acquistano un valore, un senso che poi è lo spirito della città o della tribù degli esclusi di quella città. Alla maniera del Pasquino della Roma papalina insomma. Su un muro che era stato riempito di scritte e poi coperto da una verniciata bianca apparve la frase: “Ma almeno ti fai pagare?”
Ogni città ha il suo stile, il suo humor e Roma in questo non è da meno di altre, come Napoli, Genova e Firenze dove le scritte, quando non sono volgari e segno deprecabile di odio politico e razzismo, sono davvero divertenti. Dal “Mai ‘na gioia!” a “Volevo dure al treno che passa una volta nella vita che se ci tengo davvero me la faccio a piedi”, oppure “Io e te come salciccia e friarielli” o il famoso “Dio c’è!” cui viene aggiunta, da un’altra mano romanesca: “O ce fa?”. Alcune sono massime filosofiche, tra Murphy e Osho: “In amore vince chi è single” oppure “Mi manco!”
Sull’onda della immaginazione al potere del ’77 e del Potere Dromedario ci sono quelle del filone “una risata vi seppellirà”: “Diamo lavoro ai compagni imbianchini”, “Non lanciare uova, pensa vegano, lancia i sassi!”. Vistavicino a una enoteca: “E lo champagne? Lo ruberemo!”. Vicino ad un negozio che aveva preso il posto di una libreria: “Vogliamo i libri gratis!”.
I writer si parlano dai muri
L’obbiettivo di un writer non è disegnare ma creare stili nuovi di lettere. Qualcosa che non esisteva prima di lui e che è una invenzione di “lettering”. Il suo scopo è anche farsi riconoscere, non tanto da noi che non sappiamo distinguere una D da una O, ma dai suoi colleghi. Si parlano tra loro a distanza con un linguaggio fatto di forme, colori, linee bombate, effetti, curve con le quali modificare l’aspetto della lettera dell’alfabeto. In altre parole una metascrittura. Completata dalla tag, la firma del writer in basso, il suo marchio. Lo ritroviamo e lo riconosciamo nel quartiere e nella città ogni volta che troviamo il suo “styling” di scrittura, anzi di composizione del suo “lettering”. Per il passante non significa niente, hanno solo sporcato un muro. Per loro è comunicazione. Relazione. Esistere.
La street art conquista il mondo
Di segno completamente diverso è la street art o arte di strada. Non tanto i madonnari che, spesso, sono studenti degli istituti d’arte e sanno copiare benissimo le opere di grandi pittori del passato per racimolare i soldi del pranzo. Stiamo parlando di coloro che sono in grado di creare dei trompe l’oeil, immagini che possono cambiare un panorama, costruire una raffigurazione che dà uno sfondo dove prima c’era una parete grigia, animare con una capacità pittorica invidiabile, un muro con un effetto strada, un paesaggio, finestre aperte dove non ve ne sono, insomma vivacizzare una piazza, un muro che era triste e anonimo.
Ricorderete tutti il bacio tra Matteo Salvini e Luigi De Maio dipinto da Tvboy, street artist italiano, per il primo governo giallo verde. Il graffito era stato apposto in un angolo di piazza Capranica a Roma e venne rimosso poco dopo, tra la costernazione di molti, mentre veniva oscurato il sito dell’artista su facebook.
Oltre al bacio d’intesa tra i due leader italiani, che poi venne seguito da quello tra Renzi e Salvini, l’artista ha voluto omaggiare anche uno dei simboli della capitale. Ecco allora poco distante, su un muro di vicolo Savelli, dietro a piazza Navona, apparire san Francesco Totti. Vestito con il saio e con un’aureola e tre colombe bianche. Perché Totti, spiega l’artista ad HuffPost “è un santo contemporaneo“.
L’idea nasceva dal famoso dipinto in cui Il’ič Breznev ed Erich Honecker si baciano appassionatamente, come due innamorati. Un graffite apparso sul Muro di Berlino, per opera dell’artista Dimitri Vrubel nel 1990. Il primo era il segretario generale del PCUS, capo dell’URSS, mentre il secondo era il Presidente della DDR. L’opera è uno dei graffiti più celebri della East Side Gallery, a Berlino, il più lungo tratto di Muro rimasto in piedi ai giorni nostri.
I murales abbelliscono luoghi tristi e anonimi
Ci sono poi i murales, opere degli artisti di strada in grado di parlare ai sentimenti della gente con un disegno, con una immagine inventata, come il famoso bambino col palloncino rosso a forma di cuore di Banksy. Chi è Banksy? Forse l’artista di strada più famoso. Si sa che è inglese, di Bristol e che è nato nel 1974 ma fino a poco fa non se ne conosceva l’identità. Per errore è stata svelata di recente e si tratterebbe di Robert Del Naja, leader del gruppo rock Massive Attack. Le sue sono opere spesso satiriche o comunque di critica sociale, a volte anche intimista. Non vende le sue creazioni ma sono ormai le aste che vendono le sue opere dipinte sulle pareti, lasciando a chi le acquista l’onere della rimozione.
I prodotti di questi artisti si chiamano murales e ce ne sono di bellissimi in molte città. Nella maggior parte dei casi sono ordinati dall’amministrazione comunale e vengono ben retribuiti. Sono opere straordinarie ispirate all’attualità, ai fatti di tutti i giorni, anche alla politica, con intento spesso satirico.
La steet art non va confusa con i graffiti e secondo Laura De Rosa, che parla in un suo articolo dei 10 murales più belli al mondo su Nonsprecare.it: “dietro c’è solitamente un progetto articolato che intende trasmettere un messaggio, sensibilizzare su determinate tematiche, valorizzare specifiche aree urbane.”
Se volete avere una idea di quali siano andatevi a cercare l’articolo in rete.
Per darvi un’idea di cosa si possa fare con questa forma d’arte considerate che a Varsavia, in Polonia, degli street artist locali coinvolti dallo studio Good Looking per la campagna City-Forests indetta dalla Converse, ne hanno realizzato uno con una grande pianta di girasoli vagamente alla Van Gogh, con vernice fotocatalitica con biossido di titanio, in grado di attirare gli inquinanti atmosferici e di convertirli in nitrati innocui. Un murale che possa purificare l’aria e abbellire, nel contempo, il paesaggio circostante. Altri citati si ispirano al tema della pandemia, alla donna astronauta Samantha Cristoforetti nelle strade di Detroit, realizzato dal collettivo milanese Orticanoodles, su richiesta del consolato italiano, oppure alla famosa foto di Alfred Eisenstaedt, del marinaio americano che bacia una ragazza francese alla fine della guerra. Riproposto con una gamma di colori che attira subito lo sguardo dall’artista brasiliano Kobra in una piazza di New York.