Quanti e quali sono i fumatori a Roma e nel Lazio? Che spazi hanno a disposizione? Che danno comportano per sé stesi e per chi vive loro accanto? La classifica sul tabagismo
Molti anni fa ero anch’io un fumatore. Ho smesso nel 1982. Avevo in mano un pacchetto mezzo pieno di MS, qualcuno si ricorderà la sigla dei Monopoli di Stato. Erano tra le più economiche, si perché fumare pesava e parecchio sul bilancio e avevo già una famiglia da mantenere, anche se ero da poco separato. Smisi di getto.
Mi domandai se era logico che mi facessi del male da solo, creando le premesse per una malattia di quelle che non ti lasciano scampo. Ebbi la visione dei miei polmoni anneriti dalla nicotina. Decisi che dovevo smettere e che non era necessario ricorrere a nessun intervento esterno. Se ne ero convinto, la mia decisione doveva bastare. E bastò. Per anni non toccai più una sigaretta.
Per curiosità, in seguito, fumai qualche sigaro. Sapete tutti che non fa bene ma che è ben diverso il tipo di fumo. Il sigaro non ha la carta, è pura foglia di un unico tabacco fermentato. Le sigarette invece contengono una miscela di diversi tabacchi non fermentati.
Questo dato, ho appreso, rende i sigari potenzialmente molto più pericolosi delle sigarette. Durante il processo di fermentazione del tabacco per sigari, vengono prodotte alte concentrazioni di nitrosammine, molecole potenzialmente cancerogene. Questi composti vengono rilasciati durante la combustione e sono presenti in quantità maggiore nel fumo da sigaro che da sigaretta.
Il dato che va considerato tuttavia è che il fumatore di sigari non inala il fumo e questo in parte lo preserva dalle malattie che provoca la sigaretta. Mi dissi comunque che il divieto di fumare lo avevo deciso io e non era un dogma, era una mia scelta e in quanto tale mi consentiva anche di fare un’eccezione. Così nel corso degli anni è accaduto che abbia provato a fumare qualche sigaretta, proprio nel rispetto della mia libertà di scelta e non di imposizione.
Beh mi hanno fatto letteralmente schifo. Un sapore amaro, ributtante nella bocca, una fastidiosa puzza di tabacco bruciato nell’aria. Il gesto è servito a rendermi conto che non mi ero imposto di non fumare, avevo scelto io di non farlo più.
E avevo preso la decisione giusta. Analogo discorso per chi fuma la pipa. Questo tipo di fumo possiede comunque un impatto notevole su altri tipi di neoplasie, a carico di bocca, gola, esofago e pancreas. Non ultimo occorre tenere in considerazione il fumo passivo, che resta nocivo per chi circonda il fumatore.
Dal 10 gennaio 2005, in Italia, ci sono leggi di restrizione sul fumo. In quella data entrava in vigore la legge 3/2003 (art. 51: “tutela della salute dei non fumatori”) che vieta il fumo nei luoghi pubblici chiusi. Pertanto, in casa propria è lecito fumare, ma si raccomanda fortemente di non farlo in luoghi chiusi in presenza di bambini e donne in gravidanza. Negli spazi comuni dei condomini, ad esempio nelle scale, nell’ascensore, e altri, non è lecito fumare. Vige in Italia, come in molti paesi occidentali, il divieto di fumo anche all’aperto.
Non si può fumare negli spazi esterni di bar, pub e ristoranti; nelle spiagge e nei lidi; nei parchi, nelle aree di gioco e nei giardini pubblici; negli stadi e nei campi sportivi. Negli Aeroporti e nelle Stazioni ferroviarie più grandi vengono riservati spazi appositi ai fumatori. Quando m’è successo di vedere queste persone chiudersi in un box di vetro di circa 30 mq, alle partenze del Terminal 1, al secondo piano, nei pressi dell’area ristorazione, appoggiati alle pareti o seduti, con lo sguardo perso nel vuoto a fumare, da soli ma vicini ad altri soli, ciascuno col proprio pezzo di carta contenente tabacco, avvolti in una nuvola grigia, mi ha dato molta pena.
Perché l’uomo deve ridursi così? Poi ho pensato alle malattie mentali, a chi uccide la compagna per gelosia, a chi va in guerra pensando di compiere gesta eroiche, a chi è indifferente alla sofferenza altrui e me ne sono fatta una ragione. Succede tuttavia che anche fuori da questi spazi il fumatore senta il bisogno di accendere la sigaretta. Sarebbe buona norma chiedere alle persone vicine se eventualmente le dà fastidio il fumo e soprassedere in caso affermativo.
Più dell’80% dei fumatori totali vive attualmente in paesi sottosviluppati o in paesi in via di sviluppo, e il 60% in soli 10 paesi, il cui primato spetta alla Cina!
Ad agosto 2017 il Centers for Disease Control ha pubblicato una ricerca sulle politiche antifumo attuate dai 50 aeroporti più trafficati del mondo che hanno visto transitare circa 2,7 miliardi di viaggiatori nel 2016. Tra questi aeroporti, 23 (46%) vietano completamente di fumare al proprio interno mentre i restanti 27 aeroporti (54%) continuano a consentire il fumo in specifiche aree fumatori. Il problema delle politiche antifumo è sentito in modo diverso da paese a paese. Nel Nord America il 78% degli aeroporti presi in esame ha abolito il fumo mentre in Europa è smoke-free meno del 50% degli scali più importanti. In Asia invece la percentuale degli aeroporti dove non è consentito fumare si abbassa notevolmente.
Tra i paesi più virtuosi ci sono l’Australia, la Nuova Zelanda, il Canada, gli Stati Uniti, l’Argentina, il Brasile, il Cile, l’Ecuador e l’Uruguay. Mentre in Europa ci sono paesi che concedono libertà ai fumatori come la Danimarca, l’Irlanda, la Norvegia, la Spagna e il Regno Unito. Sarà sempre pià difficile per gli accaniti fumatori trovare delle aree a loro dedicate, durante i transiti aeroportuali, tra un volo è l’altro o tra l’aeroporto di partenza e quello di arrivo. Per questo ci sono quelle gabbie di vetro dove si rinchiudono a respirare nicotina per 5’ o poco più.
Secondo l’Istituto superiore della Sanità, dati del 2022, quasi un italiano su quattro (il 24,2% della popolazione) è un fumatore: una percentuale che non era stata mai più registrata dal 2009. Dopo un lungo periodo di stagnazione si assiste quest’anno a un incremento di 2 punti percentuali: i fumatori infatti erano il 22% nel 2019, ultimo anno di rilevazione pre-pandemica. Il trend rilevato nel triennio 2017-2019 che vedeva una costante diminuzione delle fumatrici, non viene invece confermato nel 2022: quest’anno infatti si assiste a un incremento nella percentuale dei fumatori che riguarda entrambi i sessi.
In aumento anche le persone che fumano sigarette a tabacco riscaldato: 3,3% del 2022 rispetto al 1,1% del 2019, ma più di una persona su tre (il 36,6%) le considera meno dannose di quelle tradizionali. Sono questi i dati più significativi del report dell’ISS diffuso in occasione della Giornata mondiale senza tabacco, promossa dall’OMS. Il tema proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per il 2022 è focalizzato sull’impatto del tabacco sul pianeta: dalla coltivazione, alla produzione, alla distribuzione e ai rifiuti. La campagna mira inoltre a evidenziare gli sforzi dell’industria del tabacco per “apparire ecosostenibile” e migliorare la propria reputazione e quella dei suoi prodotti commercializzandoli come rispettosi dell’ambiente.
Gli unici dati che ho trovato relativi a Roma e Lazio sono del 2015, dell’Osservatorio Passi, Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia. Nel Lazio sono solo il 30% i fumatori tra i 18-69 anni, il 16% sono ex fumatori e il 54% non ha mai fumato. Se consideriamo l’area di Roma i dati sono più o meno gli stessi, con una piccola variazione in più per gli ex fumatori, il 20% e in meno dei mai fumatori 48%. Mi è capitato di sentire molti pareri che considerano le donne più accanite fumatrici degli uomini. Invece nel Lazio sono più gli uomini che le donne a fumare, tra gli adulti: il 33% contro il 26%.
In genere si fumano circa 13 sigarette al giorno, ma il fumatore accanito può fumarsi un pacchetto intero. Il dato si ripartisce in quantità pressoché uguali tra i differenti livelli culturali, le diverse fasce d’età ma sostanzialmente differenti a seconda dello stato di bisogno. Ovvero più la persona si trova in difficoltà economiche è più è un fumatore. Il fumare serve a scaricare l’ansia. Non è tanto la nicotina che si aspira quanto l’atto stesso di accendere una sigaretta e portarsela alla bocca che diventa un gesto in grado di placare l’ansia della persona.
Se ci pensate bene è lo stesso gesto che si apprende da piccoli con il ciuccio. Lo si mette in bocca al neonato per placare il pianto dovuto a stress. La sigaretta assolve così questo compito di placare il nervosismo e più si è stressati e più si accendono sigarette, a volte anche senza fumarle interamente o, in alcuni casi estremi, succede che il soggetto si accenda una sigaretta avendone già una fumante sul posacenere.
In Italia gli utilizzatori abituali e occasionali di e-cig sono il 2,4% della popolazione, ovvero circa 1 milione e 200 mila persone. I dati sono relativi alla ricerca dell’ISS, di cui si faceva cenno prima. Dopo un trend che vedeva negli anni precedenti una diminuzione degli utilizzatori, questi nel 2022 sembrano essere di nuovo in aumento. Erano il 2,5% nel 2017, 2,1 nel 2018, 1,7% nel 2019. L’81,9% di chi usa la sigaretta elettronica è un fumatore, dunque un consumatore duale che fuma le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig. Il 2,8% dei fumatori abituali o occasionali di sigaretta elettronica sono invece persone che prima di utilizzare l’e-cig non avevano mai fumato sigarette tradizionali.
È solo vapore acqueo, mi ha detto qualche amico, intento a ciucciare la plastica del bocchino emettendo nuvolette chiare. Purtroppo pare che siano tutt’altro che innocue. La University of Southern California, in uno studio su questi prodotti, ha dimostrato come le medesime alterazioni genetiche presenti nei fumatori delle sigarette classiche sarebbero riscontrabili anche all’interno del DNA dei vapers che non hanno mai consumato una sigaretta. In particolare il 12% di queste mutazioni si concentrerebbero all’interno dei mitocondri, diminuendo la capacità del sistema immunitario di riconoscere e combattere le cellule cancerogene.(Fonte: ior.romagna.it)
Anche la Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato che all’interno delle e-cig vi siano numerose sostanze tossiche, compresa la nicotina. Sebbene gli effetti a lungo termine del loro utilizzo non sia ancora stati studiati perché in commercio da troppo poco tempo, nel breve periodo la pericolosità è la stessa delle sigarette tradizionali: aumento dei rischi dei danni cardiovascolari e disturbi polmonari.
La Legge di Bilancio 2023 prevede, a partire dal 15 febbraio 2023, un aumento delle accise sul tabacco, con un conseguente aumento del prezzo finale delle sigarette. Un pacchetto di sigarette costa quindi venti centesimi in più. Secondo quanto si legge sulla legge di bilancio a crescere è l’importo fisso per unità di prodotto. Ovvero 28 euro per 1.000 sigarette nel 2023. Dal 2024 sarà 28,20 euro e dal 2025 passerà a 28,70 euro. Un futuro sempre più costoso per i fumatori. Alcuni prezzi in euro ad oggi delle marche più diffuse: Chesterfield 5,20; Futura 5; L&M 5,20; Marlboro Blue Advance 6; Marlboro Gold Pocket Pack 5; Merit 5,70; Muratti 6,20; Philip Morris 5,90.
Dall’inizio della sua attività nel 2000 il Telefono Verde contro il Fumo, numero 800 554088 ha preso in carico oltre 98.000 telefonate e nell’ultimo anno sono giunte al Servizio oltre 8.500 telefonate. Si chiama di più dal Nord (40% del totale) poi dal Sud e dalle Isole (37%), ed infine dal Centro del Paese (23%). Chi telefona è quasi sempre un fumatore ma non mancano le chiamate di familiari e amici che chiedono aiuto per far smettere di fumare i propri cari (7%). La conoscenza del Telefono Verde Fumo è giunta, per la quasi totalità degli utenti, dalle avvertenze riportate sui pacchetti di sigarette (97%).
I fumatori che contattano il Servizio per il 65% sono maschi e per il 35% sono femmine e sono distribuiti in modo piuttosto omogeneo nelle diverse classi d’età senza importanti differenze di genere. La richiesta principale portata dall’utenza fumatrice è “aiuto per smettere di fumare” (95%), anche in virtù di precedenti tentativi di cessazione risultati fallimentari: il 68% dei fumatori, infatti, dichiara di aver messo in atto almeno un tentativo di smettere. Rispetto all’anno scorso, raddoppia la percentuale degli utenti che chiede informazioni sui prodotti di nuova generazione.
I Centri Antifumo a maggio 2022 erano 223. Continua però il trend in diminuzione del numero dei Centri Antifumo attivi in Italia: erano infatti 268 nel 2021 e 292 nel 2019. La distribuzione dei Centri Antifumo non risulta omogenea sul territorio nazionale: il 61% dei servizi si colloca al Nord, il 17% al Centro e il 22% al Sud e nelle Isole. I Servizi offrono trattamenti integrati e per questo si avvalgono di differenti professionalità tra cui medici, infermieri professionali, psicologi.
Tra le tipologie di intervento proposte la consulenza individuale (68%), la terapia farmacologica (62%), la psicoterapia di gruppo (30%), la psicoterapia individuale (30%) e gruppi psicoeducativi (19%). Rispetto allo scorso anno, diminuisce la percentuale di infermieri che presta servizio presso i centri antifumo (erano il 22% nel 2021, sono il 12% nel 2022), mentre aumenta il personale medico dedicato (erano il 29% nel 2021, sono il 41% nel 2022).
Presso i Servizi si può accedere alle prestazioni con diverse modalità e forme di contribuzione: alcune prestazioni sono gratuite per l’utente, altre soggette al pagamento del ticket o di altre tipologie contributive (quota associativa, intramoenia).
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