Tarquinia, fatture e contratti falsi. Nei guai imprenditrice agricola
Un maxi sequestro per 114 mila euro, principalmente per imposte evase. Questo il risultato di controlli da parte della Guardia di Finanza a un’imprenditrice agricola di Tarquinia
Un maxi sequestro per 114 mila euro, principalmente per imposte evase. Questo il risultato di controlli da parte della Guardia di Finanza a un’imprenditrice agricola di Tarquinia.
Nei giorni scorsi, da indagini del Tribunale di Civitavecchia, l’impresa era stata sottoposta a sequestro preventivo finalizzato alla confisca come disposto dai giudici.
La donna, rappresentante legale dell’azienda, è accusata di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e per aver sottratto all’Erario, tra il 2017 e il 2019, imposte pari a 114.304 euro.
Sulle pagine del Messaggero, le dichiarazioni della GdF: « il provvedimento cautelare è stato disposto all’esito di una verifica fiscale eseguita dalle fiamme gialle di Tarquinia, che ha svelato una frode fiscale caratterizzata dall’utilizzo di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera. In violazione della normativa fiscale e previdenziale, che ha portato all’emissione e al conseguente utilizzo di fatture inesistenti per un ammontare complessivo di 519.567 euro».
Dalle indagini, la donna avrebbe omesso il pagamento delle imposte e somministrato contratti per manodopera falsi a lavoratori stagionali all’oscuro di tutto.
Spiegano ancora dalla Guardia di Finanza: « l’operazione, è il frutto del costante presidio offerto dal corpo a contrasto dell’evasione fiscale legata al ricorso alle illecite somministrazioni di manodopera da parte di società prive di struttura economica. Società operanti in spregio degli obblighi di versamento delle ritenute fiscali e contributi previdenziali. Il fine non é soltanto di pervenire al recupero di imposte evase ma anche per contrastare le più insidiose forme di concorrenza sleale che possono minare il tessuto economico sano locale».