“Teresa, l’ultima estasi”, a teatro la vita di Santa Teresa D’Avila
Un Testo audace e poetico che svela Teresa D’Avila nella sua umanità. Nella Chiesa di Santa Maria in Monterone
Un Testo audace e poetico. Teresa D’Avila nella sua umanità
Teresa è sul letto di morte, malata: splende emergendo dal buio come se stesse raggiungendo le vette più alte di un’esistenza ultraterrena. Desidera essere morta, ma la vita non vuole lasciarla andare. Si risveglia. Delusa si rammarica che il suo Signore non la voglia, non la chiami a sé nonostante il suo desiderio di raggiungerlo. Lo invoca con rabbia e pietà. Lei sa che solo morendo può sfidare il peso dei secoli che soffocano il cuore e raggiungere l’immortalità, o meglio: la santità.
“Voglio uscire da questo corpo. Uscirne bella come una donna e liquida come una Santa”.
In uno spazio non-luogo, nel centro più profondo della sua anima, Teresa rivive i momenti fondamentali della sua vita, dichiara ancora e ancora il suo folle amore verso il Signore. E’ un amore carnale e spirituale, di una donna che in tutta la sua umanità, si consegna alle braccia dell’amato. A lui rivolge le sue preghiere, i suoi lamenti, confida paure, orribili immaginazioni; si dona con innocenza fanciullesca, con quella leggerezza che solo i Santi posseggono.
“Il piacere che provo quando assaporo in solitudine il tuo corpo e ti vedo e ti guardo, e brilla il tuo astro …”
In questi ultimi istanti che la accompagnano alla morte Teresa richiama alla memoria la vita. Con spaventosa felicità si abbandona al ricordo delle prove a cui il suo amato l’ha sottoposta in passato: i demoni, le tempeste e i terremoti che hanno misurato la solidità del suo castello interiore. Quella personalissima costruzione, che la Santa immaginava all’interno di ogni persona. Un castello composto da sette dimore, di cui ognuno è il solo e unico custode. Teresa sosta divinamente in tutte e sette le stanze invitando l’umanità a non fermarsi di fronte al cancello, ai margini della propria esistenza.
“L’importante è concentrarsi a capire cosa fare per aprire quella porta. Non basta solo muovere la bocca per far credere alla serratura di conoscere la chiave”.
Superate le prove più estreme, Teresa si ritrova sospesa nel vento, presa da una gioia improvvisa. E’ la promessa del suo destino eterno che le fa compiere le ultime azioni. Tutto deve essere perfetto per l’appuntamento più importante, quello con il suo Sposo. Adorna di fiori il suo castello; sparge petali di rose, con una lieve danza accenna il suo ultimo, lento flamenco. Ricordi e giochi ingenui si accavallano ai racconti avventurosi di una semplice suora che assieme agli amici scalzi erge monasteri in tutta la Spagna, affascina anime, scrive opere cavalleresche. In questo viaggio nel passato della propria esistenza Teresa rivive tutto l’amore donato e tutto l’amore ricevuto. Ogni parte di vita vissuta si mescola alla precedente. Tutto è pervaso da un senso di gioia e passione estrema.
“Ho l’anima piena di regali, messaggi stracolmi di parole dolcissime, rassicuranti, positive: tutto va bene. Sono fortunata, ho tutto, tutto, tutto, tutto quello che tutti gli altri non sanno di desiderare”.
L’ultimo attimo è sempre più vicino. Teresa è pronta per incontrare il suo sposo. Aver percorso a ritroso i momenti della sua vita l’ha resa più sicura e forte ora che la malattia pervade con forza il suo corpo annunciando l’imminente fine. La donna si spoglia del passato, scompare nel buio dell’incertezza. Gli addobbi floreali e i petali di rosa diventano ora decorazioni festive. Teresa appare splendida e leggera con indosso l’abito da sposa. E’ pronta. Non vi è più bisogno di aggiungere altre emozioni, altre parole destinate ai racconti. Il passato scompare e Teresa si proietta nel futuro eterno. L’attesa è così grande che ancora una volta, come spesso era accaduto in passato, la donna è rapita dall’estasi, la sua ultima estasi.
Di lì a poco sa che, adagiata nuovamente sul suo letto funebre, spargerà l’ultimo suo respiro. Un dolce soffio che riecheggia nei secoli e continua ad indicare a uomini e donne la strada del proprio castello inferiore.
“Non sono mai, mai stata più felice di adesso”.
Note dell’autrice, Rosa Di Brigida
Se volessi descrivere il testo teatrale e la messa in scena di "Teresa, l'ultima estasi", direi che è uno spettacolo dove non si ride ma si può sorridere. Uno spettacolo dove non si piange ma ci si può commuovere. Uno spettacolo dove non si prega ma ci si può raccogliere in beatitudine. Uno spettacolo dove non si sogna ma si va direttamente in estasi. Ma soprattutto direi che è uno spettacolo trasgressivo e impopolare. Il più trasgressivo e impopolare che mai avrei potuto interpretare oggi. Con tutti i precetti che viviamo avevo bisogno di qualcosa di forte, di unico, di sensazionale per sentirmi al sicuro dai luoghi comuni e dalla mediocrità. Mi sento stufa del teatro classico, di quello moderno, di quello contemporaneo.
Teresa è molto di più: con lei mi sento al sicuro e nello stesso tempo esposta più che mai. Non racconto le sue opere di donna d’azione, ma vivo di lei la parte più umana e privata: la morte e il desiderio di raggiungere il suo “Sposo” che per lei è la vera vita per sempre.
Scrivo di una donna affascinante, intelligente, ironica che è riuscita a fare della sua vita turbolenta e passionale l’atto d’amore più alto e poetico di tutte le storie d’amore. Lei non ha scelto un uomo semplice o uno potente da amare; no, ha scelto il migliore, ha scelto il “Signore”, l’unico che poteva donarle la cosa più preziosa: l’eternità. Lo ha amato da donna, con tutte le paure, i dubbi, le certezze che trascina con sé il vero amore.
Devo confessare che nessuna lettura mi ha dato gioia come quella dei libri di Teresa, e che, da attrice, nessun testo mi ha fatto felice quanto provare empatia per la passione d’amore di Teresa. Chiudo con le sue parole: “Che volete, in fondo sono solo una donna”.
Note del regista, Francesco D’Ascenzo
Pensavo che fosse un rischio fare la regia di "Teresa, l'ultima estasi"; infatti, quando ho letto il testo, per togliermi dagli impicci ho rifiutato la proposta con la scusa di non aver tempo, essendo impegnato con il cinema che è la mia professione. Poi Rosa ha insistito e allora l’ho riletto e ci ho provato. E’ nato così uno spettacolo poetico e affascinante che mi piace definire una Sacra Sperimentazione. Lo spettacolo è costruito evitando ogni retorica; sono state le sensazioni, i pensieri, le urgenze d’amore di Teresa a guidarmi. Il “tormento” di Teresa è una “beatitudine”, ambivalenza che lei sperimenta come “godimento spirituale”.
Le estasi di Teresa sono nello stesso tempo parole, immagini e sensazioni fisiche: spirito e carne.
Una posseduta alla maniera di Dostoevskij, ma immersa nelle acque del desiderio, e non nelle lacrime come Maria Maddalena, perché lei è capace di raggiungere col corpo e con l’anima il corpo assente dell’altro.
Suggestioni estreme che in scena si fanno immagine anche attraverso la videoproiezione che anima la scenografia.
Il nostro non è uno spettacolo che lancia messaggi, non è costruito su una trama che si sviluppa.
Al contrario, si crea e ricrea continuamente con le invocazioni della protagonista che, mentre brama di raggiungere il suo sposo, lo perde e lo ritrova nel passato nel presente e nel futuro.
"Teresa, l'ultima estasi". Spettacolo teatrale sulla vita di Santa Teresa D’Avila
14 – 15 – 16 Dicembre, nella Chiesa di Santa Maria in Monterone, via Monterone, 72 (Largo di Torre Argentina)