Gentile Direttore,
sono Roberta Paoloni, cittadina residente ad Accumoli e ad otto anni dal sisma, sono giunta alla conclusione che ormai non c’è più niente da scrivere e da raccontare. Potrei per facilitarmi fare un copia e incolla di quello che ho pubblicato negli anni passati, forse farei prima. La famosa ricostruzione, tanto sospirata e agognata, ad Accumoli non è mai partita, soprattutto nel centro storico, dove è stata rimessa in piedi a mala pena una casa. Ne sono in cantiere altre due e questi sono i miseri risultati.
In alcune frazioni, soprattutto quelle più vicine alla via Salaria, qualcosa di più è stato fatto riguardo alle abitazioni, sempre comunque insufficiente per come dovrebbe essere una ricostruzione seria e affidabile. Accumoli rispetto ad Amatrice e Arquata del Tronto, comuni colpiti violentemente anch’essi dal sisma, è sicuramente il paese in cui si sono fatte più chiacchiere e pochi fatti, anzi di concreto proprio niente.
Abbiamo assistito alle passerelle dei politici, sempre in prima fila il giorno 24 agosto quando si commemorano i defunti. Commissari attenti e commossi, pronti a sviolinare le solite rassicurazioni sulla ricostruzione, che durano il tempo della cerimonia poi spariscono senza alcun rispetto per quanto si è detto, né per i sopravvissuti alla strage, che ormai, abituati ad essere solo comparse cinematografiche, rientrano dietro le quinte, aspettando di essere ancora una volta rispolverati e riutilizzati ai soli fini politici l’anno successivo.
Di umano ormai non è rimasto più niente. La popolazione diminuisce velocemente, a causa della morte degli anziani o per l’abbandono dei territori dei giovani nella speranza di un lavoro e di nuova vita altrove, poco importa. Il risultato non cambia. In questi luoghi è impossibile trovare un lavoro, se poi non sei robusto quindi adatto alla vita in cantiere come manovale non si hanno molte possibilità lavorative.
In questi anni la regione Lazio ha sviluppato delle politiche sociali per questi territori, volte però soprattutto a chi aveva la terra e il bestiame. Se sfortunatamente non si avevano queste caratteristiche si poteva pure morire di fame, nell’indifferenza di un’amministrazione comunale assente, e di uno Stato che ai terremotati poco è interessato, tranne per parlarne in qualche giornata oziosa in cui per sbaglio si ritira fuori un foglio dalla scrivania.
In compenso, per incoraggiarci, ad Accumoli è stato costruito un grosso cimitero, con tombe e lapidi spaziose, quasi ad indicarci la nostra futura prossima casa. La popolazione abita ancora nelle SAE (Soluzioni Abitative d’Emergenza), ormai queste fragili casette sono diventate la nostra principale residenza. Nessuno tra gli abitanti si fa troppe illusioni, siamo invecchiati dentro le SAE, e molti di noi pensano che forse è meglio accontentarsi di questo, oggi, perché del domani non vi è certezza.
Ancora abitiamo in questi villaggi sperduti dove non c’è rimasto niente di umano. Attorno a noi le montagne che ci circondano ricordano che siamo vivi, e che se vale la pena di rimanere e lottare, è solo per poter ammirare lo spettacolo che giornalmente offrono a chi le guarda.
Nel mese di Giugno di quest’anno ad Accumoli ci sono state le elezioni amministrative, si sono insediati nuovi amministratori e un nuovo sindaco, Mauro Tolomei. Dopo appena due mesi non posso giudicare il loro operato ma sento di poter commentare con una frase tratta dal Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
Speriamo che mi sbagli e che finalmente si avveri il miracolo della “Ricostruzione”. A noi poveri residenti ormai è rimasto solo pregare i Santi in Paradiso, visto che qui sulla terra non abbiamo più speranze, né una casa, né un paese, e soprattutto non crediamo più a nessun Dio sulla terra. Cristo non si è fermato a Eboli ma è rimasto impigliato tra il fango e le macerie di un paese, ormai senza più un senso di esistere.
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