The show must go on
Lo spettacolo della Natura che fa spettacolo in TV
Negli ultimi anni le proposte televisive satellitari e digitali si occupano sempre di più di mari e oceani. Se ci metti di mezzo il mare, allora, la prima cosa che ti viene in mente è lo squalo. Quella pinna che fende le acque come il mostro che ci hanno insegnato a temere al cinema ha sempre il suo fascino, incuriosisce, soprattutto impaurisce, quindi paga (i pubblicitari lo sanno bene).
Produzioni internazionali di grandissimo livello se ne interessano ciclicamente e le mete per le riprese sono quasi sempre le solite, almeno se si tratta del grande squalo bianco, che è lo squalo che “paga” più di tutti.
Sud Africa, Australia, Messico e California sono i teatri di posa ideali per riprendere scene ad effetto di questi enormi predatori. Io stesso mi sono trovato in un paio di occasioni a respirare l'atmosfera del documentario hollywoodiano, in un caso, girato a Simon's Town, nella False Bay in Sud Africa con protagonisti il naturalista e fotografo Chris Fallows e il produttore Jeff Kurr, che è in rotazione su Sky e, nell'altro caso, del documentario che riprendeva le fasi della ricerca dello squalo bianco per ragioni di monitoraggio e studio nel caso di Mossel Bay, sul versante dell'Oceano Indiano sudafricano, con Enrico Gennari e Ryan Johnson che, a bordo della enorme nave,
avrebbero operato ed assistito il team di Ocearch divenuto “famoso” per la piattaforma idraulica che viene utilizzata per mettere all'asciutto gli squali e soprattutto per il tag satellitare che viene attaccato alla pinna dorsale dell'animale prima di essere rilasciato.
La spettacolarizzazione dei documentari che cercano sempre di tenere alta attenzione e suspense non sono una novità anche se in qualche caso appare eccessiva. I più ricorderanno la storica trilogia di uno dei pionieri della documentaristica italiana e internazionale girata dal compianto Bruno Vailati. “Cari Mostri del Mare” e “Uomini e Squali” sono titoli entrati di diritto nella storia cinematografica del settore al pari di “Acque Azzurre. Morte Bianca” di Gimbel, tanto per fare qualche nome. Sub e operatori del livello dei coniugi Taylor così come il nostro Quilici, avevano illustrato un mondo ancora sconosciuto con immagini prese anche con gravi rischi per a loro sicurezza. Il Vailati dei primi “70” non lesinava scene di nudo femminile nelle sue riprese che raccontavano di terre e mari lontani eppure non distoglieva l'obiettivo dal senso del girato che voleva raccontare. Adesso, tutto o quasi, è sospiri, imprecazioni, che fanno scena, emozioni forti che, comunque, devono arrivare anche quando non ci sono.
Mi ha molto colpito la scena di Chris Fallows in piedi su una specie di tavola seguito da uno squalo bianco curioso. Bella, di sicuro effetto, a dimostrazione che non siamo sul loro menù. L'animale avrebbe potuto “prendere” Chris in due secondi. Però non va dimenticato che in qualche altro caso avrebbe potuto farlo ed “assaggiare” quello strano essere che remava in piedi davanti a lui ed allora, si sarebbe detto altro. Girare documentari simili e finanziare ricerche costosissime come quella di Ocearch significano tanti soldi. Gli sponsor sono la fonte primaria dalla quale attingere e allora ecco lo spettacolo. La cosa importante è tenere bene presente il significato di ciò che raccoglie l'obiettivo. Mille fotogrammi al secondo possono significare tutto o niente. Le polemiche, come quelle che riguardano i ricercatori di Oecarch, non portano a nulla se non a distogliere l'attenzione sul motivo più importante che si dovrebbe tenere ben presente, la sopravvivenza degli squali.
Lo squalo bianco è praticamente estinto! Quello che pochi di noi vedono dal vivo, in acqua, curioso e guardingo, potente e pericoloso è una specie di ologramma, ormai. Lo squalo bianco è praticamente estinto! Quello che la maggior parte di noi vede alla TV è una specie di fantasma ricostruito al computer perché quello vero è finito nelle zuppe, nelle scatolette di tonno, alla brace, al cartoccio.. gli hanno messo un naso più lungo di quello di pinocchio sul muso e lo hanno travestito da pesce spada che è ottimo anche carpacciato.
L'altra sera, del “fantasma”, se ne è rioccupato anche “Wild” in onda sulle reti Mediaset. Hanno preso un pezzo del filmato girato a Mossel Bay (Sud Africa) che raccontava la spedizione di Ocearch. Stavolta hanno scelto qualcosa di emozionante e spettacolare. Cattura, tag ecc, rilascio dell'animale che affonda… Tutto qui.
Il tag satellitare, per chi non lo sapesse, è un'apparecchiatura che viene fissata sulla pinna dorsale dell'animale e che permetterà di seguirlo per gli anni successivi. Il tutto per cercare di scoprire dove questi animali si aggregano e, magari si accoppiano ecc. Così da intervenire sui Governi di quelle zone per cercare di proteggere le aree interessate. Al mondo rimangono non più di 3500/3800 squali bianchi! Un numero che non è più nemmeno un numero. Magari “Wild” avrebbe potuto dire anche questo, tanto per spiegare qualcosina in più. Ma numeri e dati, fondamentali per cercare di far sopravvivere un animale che è più vecchio dei dinosauri e che presto potrebbe far loro compagnia, non fanno spettacolo e fondamentalmente, se non ci metti qualche polemica buttata lì tanto per dire, non interessano a nessuno.