Quattro mesi, 122 giorni. È il tempo sospeso in cui i genitori di Thomas Bricca vivono in attesa che le indagini inchiodino i colpevoli per la morte assurda del loro figlio.
Nessun fermo al momento, due indagati a piede libero (padre e figlio) per la tragica morte del 19enne di Alatri. Gli inquirenti sono convinti della colpevolezza dei due sebbene non abbiano in mano abbastanza elementi per chiudere la storia.
Oggi a parlare però è la mamma di Thomas. Federica Sabellico, sul quotidiano “Il Messaggero” concede una intensa intervista a firma di Pierfederico Pernarella.
Rabbia, dolore e frustrazione animano una madre che ha perso suo figlio senza una ragione e che non vede fatta giustizia sebbene, come spesso ribadito in questi mesi sia da lei che dal papà di Thomas “il delitto è avvenuto in un contesto noto a tutti, i cui protagonisti sono ben conosciuti agli investigatori, lo sanno anche i muri”.
Non è facile riprendere a vivere e non può esserlo a maggior ragione se nel paese i due indagati sono a piede libero. La signora Sabellico è stanca e ammette tutta la sua rabbia: “È allucinante, è un incubo pensare che chi ha ucciso Thomas possa andare in giro beatamente in piena libertà, magari a stappare bottiglie di spumante”.
La famiglia di Thomas però non ha perso la fiducia nella giustizia, crede fermamente nel nostro sistema giudiziario ma sembra che i tempi siano ancora lunghi e anche la volontà più ferrea vacillerebbe.
“Temiamo che le indagini siano finite in un vicolo cieco” ammette al Messaggero “Spero che questo silenzio abbia un motivo, spero che stiano lavorando e lo stiano facendo meglio di quanto abbiano fatto finora”.
Uno dei nodi principali della terribile storia di Thomas Bricca resta il ritardo nelle perquisizioni. La signora Sabellico afferma: “dopo l’omicidio non sono intervenuti subito, eppure i nomi dei sospettati erano stati fatti sin dal primo momento. Hanno pulito la scena del delitto con gli idranti, si è lasciato passare tempo, è sparito tutto, anche il telefonino di uno dei due indagati”.
In effetti durante gli interrogatori uno degli indagati, ha dichiarato che il suo cellulare si era rotto mentre faceva alcuni lavori domestici. Un cellulare che avrebbe potuto essere la chiave per molte delle informazioni mancanti sugli spostamenti degli indagati nei giorni dell’omicidio. Al momento i due indagati sono padre e figlio; il primo accusato di essere alla guida del motorino col quale il figlio si è recato nella piazzetta. Mancano i cellulari con i quali incrociare i dati delle celle telefoniche per verificare o smentire l’accusa.
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