Tonnarella, vacanza ideale in una Sicilia che non profuma più di agrumi
A Tonnarella ci si può svegliare con calma, concedersi una granita al cioccolato con panna e brioche. Addio aranci, limoni e mandarini
Tonnarella è un piccolo paese siciliano di mare, situato fra Terme di Vigliatore e Porto Rosa, nota località turistica, posto ideale per chi vuole godere di una vacanza in Sicilia senza i prezzi e il caos delle località più turistiche, e con un mare che non teme confronti. Frequentato per lo più da autoctoni, Tonnarella conserva ancora una spiaggia intatta e per lo più libera, incastonata nello scenario del golfo di Milazzo, e offre lo splendido panorama delle isole Eolie: Vulcano, Panarea, Lipari, Salina, Stromboli, Alicudi e Filicudi; tutte in fila e ben visibili nei giorni tersi. Acqua calda e pulita da giugno a settembre, numerose case vacanze e b&b economici, e la vicinanza con le località più conosciute di Sicilia: Marinello, Tindari, Porto Rosa, Milazzo, Cefalù e Santo Stefano di Camastra. Tramite l'autostrada si può arrivare comodamente fino a Palermo o Taormina.
La festa patronale, la seconda domenica di agosto, è un evento indimenticabile che mischia sacro e profano sotto un tappeto di fuochi d'artificio. Si venera un'immagine della Madonna in alabastro che richiamava quella della Madonna di Trapani, città natale del proprietario. La statua è ancora esistente e si trova nella chiesa sorta nel secolo scorso. Ai piedi di questa si trova lo stemma nobiliare dei "Cubbi". La leggenda racconta che circa sessant'anni fa, alcuni pescatori provenienti da Trapani con delle barche a vela, portando con loro la statua di una Madonna, si imbatterono in un temporale e fecero naufragio. Sentendo prossima la fine, i naufraghi fecero un voto: se la Madonna li avesse salvati, in qualsiasi posto avessero toccato terra, le avrebbero costruito una chiesa. Dopo non poche peripezie, approdarono sulla spiaggia di Tonnarella e qui, come avevano promesso, costruirono una chiesetta nella quale lasciarono la loro Madonnina che, da allora, diventò la patrona della frazione di Tonnarella.
A Tonnarella ci si può svegliare con calma, concedersi una granita al cioccolato con panna e brioche. E si la granita, una delle poche tradizioni siciliane rimaste. La granita, i cannoli, insieme agli agrumi (aranci, limoni e mandarini) erano il manifesto estetico della Sicilia.
La fine. Gli agrumi, il profumo sensuale vagheggiato da poeti e viaggiatori, il luccichio tra i rami evocato da pittori e romanzieri, il vanto dei sollazzi arabi. Fecondi, gravidi di succo, luminosi. “Le arance dell’Isola sono simili a fiamme brillanti tra rami di smeraldo, e i limoni riflettono il pallore di un amante che ha trascorso la notte in lacrime per il dolore della lontananza”, scrive nel 1160 il poeta siculo-arabo Abd ar-Rahman. “Splendon tra le brune foglie arance d’oro”, gli fa eco sette secoli dopo Goethe, uno che si era innamorato dell’aria di quaggiù tanto da dire che l’Italia, senza la Sicilia, “non lascia alcuna immagine nell’anima”.
Peccato che le distese di alberi fitti siano scomparse drammaticamente. Al posto degli agrumeti, distese di cemento, parchi eolici o fotovoltaici, o alberi abbandonati dai contadini che hanno gettato la zappa alle ortiche. Strangolati da compensi da fame. Allarme allora. Allarme rosso.
Un’anima minacciata dall’avanzata del cemento, da politiche comunitarie più vocate al sussidio che all’intervento strutturale, ma soprattutto dalla concorrenza estera: alla Spagna, pure patria storica degli agrumi, si aggiungono oggi Tunisia, Marocco, Turchia, forti di costi di produzione bassissima. Allora addio. Addio alle lumìe di Pirandello, ai limoni dipinti da Renato Guttuso, allo stupore di Stendhal, la cui sindrome per la bellezza sembrava arrivare anche dagli agrumeti: “Esiste davvero un Paese dove alberi così meravigliosi crescono in piena terra?”, si chiedeva, lui abituato a vederli d’inverno dentro una serra.
L’unica risposta possibile sembra la qualità. Che fa rima con tipicità. Si sta lavorando per collegare sempre più strettamente le produzioni dei territori, valorizzando le produzioni di eccellenza, cioè i prodotti Igp, quelli Dop, le coltivazioni biologiche. Si vuole puntare sul brand degli agrumi di Sicilia. C’è l’arancia rossa, quella di Ribera, il limone di Siracusa, il limone Interdonato di Messina, il mandarino tardivo di Ciaculli, il limone dell’Etna. Ogni frutto una storia, una peculiarità, un metodo di coltivazione, un paesaggio. Strada in salita, ma almeno in buona compagnia se c’è chi lavora su agricoltura e turismo proponendo itinerari che hanno come tappe consorzi, ristoratori, artigiani. Di sicuro chi oggi a Palermo cerca la mitica Conca d’oro si vedrà indicare un centro commerciale. Della distesa di arance intorno alla città è rimasto solo il nome.