"Alla fine faranno come vogliono loro con un inciucio di palazzo, ma il mondo li cambierà", gridava sabato un ragazzo piemontese in piazza Montecitorio, anche lui a manifestare contro 'l'accordo di palazzo', il patto tra Pd-Pdl-Scelta Civica che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica e porterà nei prossimi giorni ad un governo di larghe intese, del presidente, istituzionale … chiamatelo come volete, per Beppe Grillo una sola parola può rappresentarlo: "Il MoVimento 5 Stelle ha aperto gli occhi ormai anche ai ciechi sull'inciucio ventennale dei partiti". Ecco perché una definizione corre veloce sui social ed è quella che rilancia Giorgia Meloni, capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, in un suo tweet: "governo di inciucio".
Dato che le parole hanno un peso, il presidente Napolitano avrebbe chiesto ai partiti – scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera – un «aggiornamento del vocabolario» di Palazzo. Bandire il termine inviso, sarebbe stata una delle raccomandazioni. «Non parlate più di inciucio ma di convergenza politica tra partiti», l'esortazione del Presidente della Repubblica. Che si sarebbe posto l'enigma di sempre: «Non capisco perché, quello che in Germania viene definito "governo di grande coalizione", in Italia debba passare per "governicchio" o "inciucio"».
La riforma lessicale avanzata dal Presidente della Repubblica è più complessa di quel che sembra perchè si scontra con una tradizione politico-culturale di casa nostra ambigua, dove l'ipotesi di una Große Koalition alla tedesca applicata in Italia viene puntualmente sopraffatta nel gergo giornalistico e politico da espressioni come 'accordo sottobanco, di compromesso che punta a logiche di spartizione di potere'. In sintesi, inciucio.
Perfido destino di una parola. Come spiegò qualche tempo fa Gianfranco Rotondi, "la parola 'inciucio' riceve da anni una traduzione impropria che indigna i napoletani. A Napoli 'inciucio' non significa accordo sottobanco ma pettegolezzo: è una onomatopea dal 'ciu ciu' delle comari al mercato".
Troppo tardi. Da quando, raccontano le cronache dei giornali, il termine fece irruzione nel lessico politico per mano del giornalista Mino Fuccillo in un’intervista a Massimo D’Alema, era l'ottobre 1995, per 'inciucio' non c'è stato più scampo.
E oggi più che mai torna protagonista. Non solo. I parlamentari 5 Stelle hanno coniato una variante che farebbe sobbalzare il presidente Napolitano: 'inciucio della casta'.
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