Cucina

Trattoria della Fortuna, 80 anni e non dimostrarli

Questo mese andiamo in provincia e lasciamo per un attimo l’alta ristorazione. Siamo a Monterotondo, sulla via Salaria, a pochi minuti da Roma e a un’ora di strada da Rieti. Qui risiede la Trattoria della Fortuna, che il prossimo anno taglierà il prestigioso traguardo degli 80 anni.

Una trattoria di famiglia

Ottanta anni vissuti sotto la gestione della stessa famiglia e oggi mostra il volto giovane e sorridente di Francesca Gervasi. La palazzina che ospita la trattoria fu distrutta dai bombardamenti del 1944 ma subito ricostruita da Umberto Allegrini e insieme alla signora Maria aprono un’osteria proprio sotto la loro abitazione. I cacciatori della zona amavano rifocillarsi qui, essendo per loro un passaggio obbligato prima delle battute di caccia, tanto che divenne quasi un rito propiziatorio.

Nacque così l’Osteria “della Fortuna”. Dopo quasi 40 anni Umberto e Maria cedono il timone della trattoria alla figlia Daniela, prima in sala poi definitivamente in cucina fino al 2019. Da allora è la figlia Francesca a prendere in mano le redini della cucina mentre mamma Daniela torna in sala ad accogliere i clienti che in questi anni hanno sempre popolato questo luogo che sa tanto di famiglia.

Umberto e Maria Allegrini, nonni di Francesca

Buongiorno Francesca, quando sei entrata per la prima volta in questa cucina?

Praticamente ci sono nata, essendo una trattoria di famiglia. Mi sono diplomata all’alberghiero di Rieti, poi ho iniziato a fare i classici stage tra alberghi e ristoranti di Roma prima di tornare qui. Doveva essere una sostituzione momentanea invece sono rimasta quasi dieci anni. Nel 2017 sono andata a lavorare da All’Oro (1 stella Michelin) con lo chef Riccardo Di Giacinto ma all’ inizio del 2020 c’è stata la necessità di tornare a casa nonostante lì e nel mondo della ristorazione stellata in generale mi trovassi molto bene.

Quanto è cambiata la cucina della trattoria da quando sei tornata?

I classici romani della tradizione sono rimasti e non intendo toglierli, forse ne ho addolcito la presentazione, nonostante abbia quasi un’ avversione verso questi piatti. Il romano purtroppo ha quasi paura a spostarsi da quei tre/quattro piatti. Per il resto ho integrato piatti della tradizione italiana, dal Trentino alla Sicilia. Qui puoi trovare formaggi della Malga, il cannolo siciliano fatto da noi, da nord a sud senza distinzioni. Mi piace anche ricercare ricette strettamente popolari che non si trovano nei ristoranti ma nelle case, mi piace giocare con i fuori menù, proporre novità quotidianamente, altrimenti mi annoierei, seguendo sempre la stagionalità ovviamente. Tutto sempre ingentilito dalla cura del dettaglio, da un bel piatto in ceramica… Ho cercato di rendere questo posto ancor più familiare anche nell’arredamento.

E’ cambiata invece la clientela?

Decisamente! E’ più esigente, curiosa e mi aspetto una curiosità sempre maggiore anche da parte di quella fetta di clientela radicata sempre nei soliti piatti. Ormai si parla di cucina e vino ovunque a ogni ora, di conseguenza c’è maggiore attenzione da parte del cliente e anche un’esigenza di mangiare qualcosa di buono ma anche bello sempre maggiore. Oggi il cliente vuole il piatto bello come ci propinano continuamente in televisione o sui social, i piatti devono essere “instagrammabili”. Anche per questo cerco di creare piatti semplici ma belli oltre che buoni ovviamente. Poi oltre alla mano c’è la materia prima di qualità a fare la differenza, senza quella puoi essere brava quanto vuoi ma non fai nulla.

I “primi” romani

In cucina ci sono prodotti del luogo e della regione o vai anche oltre?

Si, ci sono prodotti stagionali locali. Per esempio, in carta, oltre a una selezione di formaggi del Trentino, abbiamo inserito formaggi di un produttore di Sacrofano, Alchimista Lactis. Compriamo le verdure ogni giorno dal fruttivendolo e non nei supermercati, ci piace la qualità insomma.

Quindi preparate tutto voi?

Assolutamente! Dal pane ai dolci facciamo tutto noi. Non usiamo preparati, prodotti surgelati, anche le patatine fritte le tagliamo e friggiamo al momento. Quando non è possibile, semplicemente non lo facciamo, senza dover trovare escamotage.

La Genovese di Francesca

Come mai siete aperti solo a pranzo?

In realtà non nasce da sempre, i miei nonni per una trentina di anni sono stati aperti a pranzo e cena, abitavano qui sopra e quindi non avevano più una vita, i fornitori gli citofonavano a casa a qualsiasi ora! Poi, quando ha preso in mano le redini della trattoria mia mamma e poi con la mia nascita ha deciso di rimanere aperta solo a pranzo. A pranzo perché si lavorava tanto, abbiamo qui vicino la zona industriale di Monterotondo dove c’erano e ci sono anche aziende importanti come la Ferrero e pranzavano sempre qui da noi, tutti i giorni.

La sera invece è sempre stata una zona isolata e solo di passaggio, oggi forse sarebbe diverso però mi piace mantenere anche questa tradizione e far capire che anche il pranzo può essere importante come la cena. Capisco le esigenze lavorative però mi piace far apprezzare il pranzo con un buon piatto. Magari un domani si potrebbe pensare ad aprire la sera, magari nei weekend, ma è un’idea ancora lontana.

Il vitello tonnato

C’è qualche piatto a cui sei particolarmente legata?

Tanti mi chiedono se sono campana perché vedono tanti piatti napoletani nel menù; poi faccio il vitello tonnato, a Natale i plin, poi magari un dolce piemontese e mi chiedono se sono di Torino. Io sono legata alla cucina tradizionale italiana, posso metterci del mio ma senza stravolgere nulla. Sono una “risottara”, adoro i risotti anche se non li ho nel menù per una questione organizzativa e di tempi, solo ogni tanto li metto come fuori menù. Poi sono legata alla genovese, alla pasta con la coda alla vaccinara… non ho un piatto a cui sono particolarmente legata. Ecco, forse ai lievitati. Adoro fare i babà e ne ho buttati tanti prima di arrivare alla perfezione, quando li faccio li tratto come figli. Sono un’amante dei lievitati, dal salato al dolce. E’ importante trovare un lievitato fatto in casa, è un biglietto da visita.

Babà

In questi 80 anni ci sono mai stati momenti di difficoltà in cui avete pensato di chiudere?

Assolutamente sì! Ottanta anni sono tanti, ovvio ci siano stati momenti più scoraggianti o difficili però sono sempre stati pensieri lontani che ci hanno solo sfiorati. Tanto di cappello a chi apre un’attività oggi perché ci vuole coraggio ma è tanta roba anche resistere e persistere tanti anni come stiamo facendo noi e ne sono felice. Anche per questo voglio mantenere la semplicità e la tradizione di un tempo, bisogna sempre ricordare da dove si viene. Resistere mi fa star bene e mi dà la voglia per continuare.

Qualche idea o sogno per il futuro?

Mi piacerebbe entrare in qualche guida, senza però puntare troppo in alto. Entrare in guide importanti comporta dei compromessi, dei grossi sacrifici e, se non si hanno le spalle coperte e magari anche qualche conoscenza è difficile sostenerle, anche economicamente. Quindi troppo in alto no, ma fare un passo alla volta, step by step, perché no! Mi piacerebbe ricevere anche qualche piccolo riconoscimento che questo posto penso meriti, indipendentemente da me, io sono solo la portavoce di una storia. Sono l’ultima ruota che sta ancora camminando. Ecco, questo è il mio sogno! Inoltre, si parla sempre più di noi, ci sono sempre più articoli che ci riguardano e raccontano la nostra storia, per me sono come riconoscimenti, è emozionante leggere le mie parole e sono molto felice di questo.

Per concludere, ci saranno festeggiamenti per gli 80 anni?

Certamente sì! Mi piacerebbe organizzare un grande festa e lo farei soprattutto per i miei nonni. Sto pensando anche a un nuovo allestimento del locale. Sto racimolando un sacco di foto di famiglia e di Monterotondo, da 80 anni fa ad oggi. Le sto facendo sistemare per poi appenderle in maniera carina. Abbiamo ristrutturato il ristorante nel 2000, prima aveva le sembianze di un’osteria vera e propria, e ora vorrei solo sistemarlo negli interni.

Simone Pacifici

Nato a Tivoli (Rm) il 28/07/1977, narratore di enogastronomia per la passione ereditata dalla famiglia materna. Negli anni ha frequentato corsi di cucina, pasticceria, sala e giornalismo enogastronomico.

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