Il brano evangelico odierno (Mt. 16, 13-20) riporta la professione di fede di Pietro a Cesarea di Filippo e la promessa di Gesù rivolta direttamente a Pietro. Il dialogo viene ambientato nella regione nord-orientale della Galilea, ai piedi del monte Hermon, dove sorgeva la città di Cesarea di Filippo (v. 13). Questo ambiente, fuori dal concorso della folla che di solito lo segue, offre a Gesù l’opportunità di fare un bilancio con i suoi discepoli della missione in Galilea.
“La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” (v. 13); “Ma voi, chi dite che io sia?” (v. 15). La duplice domanda di Gesù rappresenta un sondaggio circa la sua identità sia presso la gente come presso i suoi discepoli. L’opinione pubblica, riferita dai discepoli, si rifà ai modelli biblici. Gesù è posto in relazione con la figura di Giovanni Battista, con Elia e con Geremia. Il destino comune di tutte queste figure profetiche è che sono contestate e rifiutate da coloro ai quali sono inviate. Sotto questo profilo essi anticipano il destino di Gesù, che come tutti i profeti non viene accolto nella sua patria.
“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!” (v. 16). Con la risposta di Pietro, si ha una svolta nel piccolo dialogo di Gesù con i discepoli. Pietro, come portavoce del gruppo, proclama la fede in Gesù con una formula completa. La solennità e completezza della professione di Pietro viene rimarcata dal fatto che sono congiunti insieme i due titoli che esprimono la fede comunitaria: il Messia e il Figlio di Dio, il vivente, che interviene efficacemente nella storia.
“Beato sei tu, Simone, figlio di Giona…” (v. 17). Questa beatitudine rivolta a Pietro mette in luce il suo statuto di credente: è il Padre che rivela il suo disegno salvifico ai piccoli, ed è ancora Dio che sceglie i discepoli come destinatari dei misteri del Regno dei cieli, e sono chiamati “beati”. Pietro in questo caso rappresenta il credente che, grazie alla gratuita iniziativa di Dio, riconosce e proclama l’identità misteriosa di Gesù. Dopo la scena della “poca fede” di Pietro nell’incontro notturno con Gesù sul lago, risulta evidente che la sua attuale esplicita professione di fede cristologica è un dono radicale del Padre celeste. Pietro, nella condizione di uomo fragile e mortale, non è in grado di varcare la soglia della fede.
“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa… (v. 18). La parola profetica di Gesù fa leva sul nome-titolo dato a “Pietro”, che è una traduzione dell’ebraico-aramaico “Chefa”, “pietra-roccia”. Su questo solido e sicuro fondamento Gesù costruirà la sua “Ecclesìa”, la santa convocazione (assemblea) dei credenti in lui.
La parola di Gesù si può capire nella sua valenza religiosa se si tiene conto che nella tradizione biblica l’immagine della roccia è riferita a Dio e al suo Messia. A questa comunità, fondata sulla roccia-Pietro, Gesù promette stabilità e indefettibilità: “Le porte degli inferi non prevarranno” (v. 18). Le “porte” sono il simbolo del potere; gli “inferi” richiamano sia la morte sia la potenza dell’avversario che contrasta l’azione salvifica di Dio. In altri termini la comunità messianica, sulla roccia di Pietro confessante, è associata allo statuto del Messia, che ha vinto il male e la morte, il Figlio di Dio risorto e vittorioso.
“A te darò le chiavi del regno dei cieli…” (v. 19). La seconda parola-promessa riguarda l’investitura di Pietro, costituito plenipotenziario autorevole nella comunità messianica. La formulazione della sentenza sullo stile del diritto sacro sottolinea la dimensione religiosa del potere di Pietro. “Legare e sciogliere” è un binomio che richiama l’autorizzazione a interpretare in modo vincolante la volontà di Dio. Essa è pienamente rivelata attraverso le parole e i gesti di Gesù.
Il compito di Pietro è quello di interpretare e applicare in modo autorevole questa rivelazione storica. Di qui dunque l’espressione di “legare e sciogliere” riguarda non solo il ruolo magisteriale di Pietro, ma anche quello di escludere o ammettere nel Regno dei cieli. La figura di Pietro serve a ricordare qual è lo statuto della fede: una fede che riconosce in Gesù il Messia e il Figlio di Dio, per poter far parte della sua comunità messianica.
Questo testo di Matteo da sempre ha attirato l’attenzione soprattutto per le parole di Gesù sul ruolo unico e autorevole di Pietro nella chiesa e in rapporto al Regno dei cieli. Certamente, l’iniziativa gratuita di Dio e la sua fedeltà si rivelano in Gesù, il Cristo; la fede di Pietro si fonda su questa rivelazione gratuita e sulla fedeltà di Dio; la chiesa, edificata da Gesù sulla fede di Pietro, può contare sulla fedeltà di Dio.
Nella logica dell’Incarnazione non fa problema che Dio continui a rivelarsi e ad agire attraverso le mediazioni umane. Quindi anche attraverso la fede e il ruolo di Pietro che rendono presente e attuale la presenza di Gesù Cristo nella sua chiesa. I problemi e le difficoltà provengono dal fatto che il ruolo di Pietro necessariamente si prolunga nelle forme che sono condizionate dalla storia umana. Forse è un compito dei cristiani e di tutte le chiese nel dialogo ecumenico fare in modo che queste forme non siano un ostacolo alla rivelazione attuale della fedeltà di Dio nella sua chiesa.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: SdP (a cura), 2023.
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