La biopsia oggi è l’unico metodo per fare la diagnosi del tumore alla prostata. Ma in parallelo si stanno sviluppando metodi alternativi, meno invasivi per i pazienti e meno costosi per il servizio sanitario nazionale. Test che possono essere fatti “in cinque minuti nell’ambulatorio del medico”. A spiegarlo è Massimo Perachino, urologo e segretario generale dell’associazione degli urologi italiani (Auro), durante il congresso nazionale che si sta svolgendo a Bologna. “Quando c’è un sospetto clinico- spiega Perachino- dobbiamo prelevare uno o più pezzettini di prostata per la diagnosi”. La biopsia però “presenta complicanze e non tutti i pazienti la accettano, perchè può essere dolorosa anche se fatta in anestesia locale, genera stress e rischi”. Per questo, continua lo specialista, “ci sono pazienti che preferiscono avere alternative, soprattutto per le biopsie che poi danno risultato negativo, ovvero che col senno di poi non sarebbero state necessarie”. Le nuove metodologie allo studio, spiega Perachino, “sono varie” e si basano su sperimentazioni non ancora arrivate a essere presenti nei livelli essenziali di assistenza (Lea). La più testata ad oggi è “La biopsia liquida, effettuata sulle urine del paziente dopo un massaggio prostatico. In base al dosaggio di alcuni geni presenti nelle cellule tumorali- spiega Perachino- questa metodologia consente di avere un’accuratezza diagnostica vicina al 97% in termini di probabilità o meno di tumore”.
Ci sono poi altre metodiche, basate invece “sul dosaggio di particolari componenti nel sangue”. La sperimentazione più recente riguarda “un algoritmo diagnostico” basato sul dosaggio del Psa (antigene prostatico specifico) nel sangue, l’età del paziente e la sua familiarità con la malattia. “Alla fine- afferma Perachino- viene un risultato che ci dice quanto è probabile la presenza del tumore alla prostata” e in questo caso “i pazienti con maggiore certezza dovranno poi essere sottoposti alla biopsia”. Con l’utilizzo di queste metodiche, sottolinea l’esperto, “si riesce a ridurre anche del 50-60% il numero delle biopsie non necessarie”. I metodi alternativi hanno “sicuramente costi inferiori rispetto a una biopsia– continua Perachino- che comporta costi tecnici e anche sociali, perchè richiede l’ospedalizzazione del paziente, anche se solo per un giorno, e a volte anche un periodo di convalescenza, perchè alcuni pazienti possono avere sintomi post-bioptici, che quindi genera assenze dal lavoro”. Tutti costi che invece “con un semplice test che si può fare anche nell’ambulatorio del medico in cinque minuti sicuramente sono inferiori- sottolinea il segretario generale Auro- per poi destinare solo ai soggetti che hanno un vero sospetto di tumore la biopsia vera e propria”.
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