Tuscia, allarme spopolamento: in 5 anni “persi” 10 mila abitanti

I dati Istat fotografano una situazione di declino demografico costante: nel 2022 si sono registrate 1.769 nascite e 4.261 decessi

il borgo di Vignanello in provincia di Viterbo

Il borgo di Vignatello nel cuore della Tuscia

Negli ultimi cinque anni, la Tuscia ha perso circa 10.000 abitanti, un numero che equivale alla popolazione di uno dei comuni più grandi della zona e rappresenta un sesto degli abitanti del capoluogo, Viterbo.

I dati Istat fotografano una situazione di declino demografico costante: nel 2022 si sono registrate 1.769 nascite e 4.261 decessi, con un saldo negativo di 2.492 unità. Questo squilibrio tra nati e morti rappresenta una forbice che si allarga di anno in anno, contribuendo al depauperamento del tessuto sociale ed economico della zona.

Lo spopolamento della Tuscia non è un caso isolato, ma parte di una crisi più ampia che coinvolge molte aree interne del Paese. Per garantire un futuro a questi territori è necessario un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle comunità locali e della società civile, che devono lavorare insieme per preservare la ricchezza storica, culturale e sociale di queste zone e riportare la vita nei piccoli borghi italiani.

Calo demografico, le cause

Alla base di questo fenomeno ci sono diversi fattori interconnessi. La carenza di servizi essenziali, come scuole, ospedali e trasporti, rende la vita nei piccoli centri sempre più difficile, spingendo molti residenti a trasferirsi verso le città. L’assenza di opportunità lavorative adeguate, aggravata dalla chiusura di attività tradizionali e dalla mancanza di investimenti, alimenta ulteriormente l’emigrazione, in particolare tra i giovani. Parallelamente, l’invecchiamento della popolazione, con una crescita costante dell’età media e un calo delle nascite, accentua il problema, lasciando il territorio sempre più vuoto e meno dinamico.

Non solo abbandono e degrado, perdiamo le nostre tradizioni

Le conseguenze dello spopolamento sono profonde e toccano molti aspetti della vita locale. Da un lato, si assiste a un impoverimento culturale, con la perdita di tradizioni e conoscenze tramandate per generazioni. Dall’altro, il patrimonio storico e artistico del territorio rischia l’abbandono e il degrado, privando la comunità di una parte della sua identità. Inoltre, la chiusura di scuole, uffici postali e presidi sanitari, spesso causata dalla diminuzione della popolazione, crea un circolo vizioso che rende le aree interne ancora meno attrattive e funzionali.

Invertire la tendenza si può

Per invertire questa tendenza servono interventi concreti e mirati. L’investimento nelle infrastrutture e nei servizi è una priorità per rendere i piccoli centri più vivibili e attrattivi. La promozione del turismo sostenibile e la valorizzazione delle eccellenze locali possono rappresentare un volano per l’economia, creando nuove opportunità lavorative. Infine, politiche fiscali agevolate per chi decide di vivere e investire in queste aree potrebbero contribuire a ridurre il divario con i centri urbani.