“Vietato gettare a terra i rifiuti”. C’è un vecchio cartello bianco, con una scritta rossa sbiadita dagli anni, attaccato a un albero nell’area verde che si trova alle porte di Arlena di Castro, comune di nemmeno mille anime in provincia di Viterbo.
Per una strana coincidenza, è stato affisso proprio nello stesso punto in cui è previsto l’ingresso della discarica che ha già ottenuto due autorizzazioni (sulle tre necessarie) dalla Regione Lazio. Il progetto spaventa il territorio, tanto che diversi tra cittadini, imprese e comuni della Tuscia hanno presentato ricorso al Tar e sono pronti a lottare fino all’ultimo grado di giudizio.
Arlena di Castro si trova tra Tuscania, Tessennano e il lago di Bolsena, in una parte di territorio ricca di necropoli etrusche e prodotti di eccellenza agricola, come l‘olio di Canino Dop e l’asparago di Canino, appena inserito nel registro delle Indicazioni geografiche protette (Igp) dalla Commissione europea.
“Qui è prevista la realizzazione di un impianto da 60mila tonnellate l’anno, di cui 34mila stoccate in discarica, per una durata di 21 anni, in una ex cava di pomice che gli anni scorsi è stata anche risistemata”, ha spiegato all’agenzia Dire l’architetto Franco Indaco, tra i cittadini che ha animato il ricorso contro il progetto.
Sono diversi i tipi di rifiuti che sono stati autorizzati: da quelli urbani pre-trattati (che vanno sotto il codice 191212) al tal quale, in particolare quello proveniente da mare, spiagge e laghi (200301), dagli imballaggi di plastica prodotti dalla raccolta differenziata (150102) fino ai materiali misti frutto sempre dell’attività di riciclo. Il progetto, presentato dalla società Med Sea Litter, prevede quattro ettari di discarica e la realizzazione di costruzioni accessorie per una superficie coperta di oltre un ettaro.
Sono proprio i codici autorizzati a mettere paura a chi abita e lavora qui: “Dal particolato che sarà immesso nell’atmosfera all’inquinamento delle falde acquifere sono molti i fattori che ci fanno temere per la nostra salute e quella dei nostri figli”, hanno detto i cittadini, che per questo hanno intrapreso una battaglia legale: “La Regione Lazio il 16 maggio scorso ha dato l’ok alla Valutazione di impatto ambientale e ultimamente anche all’Autorizzazione di impatto ambientale.
Contro la Via abbiamo fatto ricorso al Tar del Lazio come Comitato e insieme a noi ci sono i Comuni di Tessennano, Tarquinia, Tuscania e un agriturismo molto importante che si chiama ‘La Piantata’. Poi si è aggregata anche la Provincia di Viterbo”, ha aggiunto Indaco.
L’udienza è fissata per il prossimo 6 dicembre. Diverse le contestazioni mosse dai cittadini nel ricorso al Tar. In primo luogo ci sono i pareri negativi emersi durante la Conferenza dei servizi. Il più pesante è quello del ministero della Cultura – Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, di “rilevanza vincolante” per “le aree sottoposte a tutela paesaggistica”.
“In particolare l’area in questione in parte è qualificata come ‘Paesaggio agrario di continuità‘ e in parte come ‘Paesaggio naturale di continuità’ dove, secondo le norme del Ptpr, non è prevista la realizzazione di ‘discariche, impianti per lo stoccaggio, per il recupero, per il trattamento o la smaltimento dei rifiuti’. Motivo per cui la Soprintendenza ritiene il progetto ‘non compatibile con il contesto territoriale di riferimento’ e quindi esprime ‘parere negativo alla sua realizzazione'”, ha spiegato l’architetto Indaco.
Ma non solo: “Anche la distanza degli impianti dal centro abitato e dalle funzioni sensibili, come scuole e case di riposo, che secondo gli atti del richiedente è di circa 1,5 km, in base ai calcoli geolocalizzati che abbiamo realizzato con le planimetrie catastali è inferiore ai mille metri per parte dell’abitato e molto inferiore ai 1500 metri per edifici sensibili.
Per il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti una distanza pari o al di sotto dei mille metri dall’abitato e dei mille cinquecento metri dagli edifici sensibili rientra nei fattori escludenti. Un fattore escludente può ravvisarsi anche in riferimento alla ‘sorgente lineare’ che si trova lungo il torrente Arroncino.
Questo nasce a monte della discarica e scorre fino a valle dell’impianto finendo nell’acquedotto ‘Linare’ che per anni ha rappresentato una fonte di approvvigionamento idrico per la zona e che può ancora costituire una risorsa in caso di necessità”, ha raccontato Indaco.
Sante Bocci, che fa sempre parte del comitato cittadino, ha poi spiegato che recentemente “la Provincia ha approvato lo schema di piano di gestione dei rifiuti, ha fatto predisporre lo studio dal Cnr e dall’Ispra e, fatte tutte le verifiche possibili, ha dichiarato che tutto il territorio di Arlena va escluso dalla possibilità di ricevere impianti come discariche o trattamento dei rifiuti.
Nello schema di piano, inoltre, è stato stabilito che le discariche e gli impianti di trattamento dei rifiuti devono distare almeno tre chilometri dagli edifici sensibili. Adesso la Provincia lo ha fatto presente nelle memorie allegate al ricorso. Speriamo che venga tenuto in conto, visto che spetta alla Provincia individuare le aree idonee”.
I cittadini, infine, contestano anche i tempi e le modalità con cui il Comune di Castro ha approvato la delibera che prevede il progetto: “Il via libera è arrivato in pieno periodo Covid, il 30 settembre del 2020, ad appena 14 giorni dalla comunicazione dell’intenzione della società interessata, pervenuta il 16 settembre del 2020, come dichiarato nella stessa delibera.
La pubblicazione del provvedimento sul sito di Arlena di Castro nella sezione ‘Trasparenza’ è avvenuta tre anni dopo, il 12 luglio del 2023, dopo la convocazione del Consiglio comunale per discutere la proposta di revoca della stessa delibera presentata dai consiglieri di minoranza”.
A preoccupare, infine, c’è anche un dato emerso dall’ultimo Rapporto Ecomafia 2023 pubblicato da Legambiente, secondo il quale il Lazio è la quarta regione italiana per numero di incendi in impianti di trattamento rifiuti, con un totale di 145 episodi negli ultimi 10 anni. Un rischio enorme considerando la fitta vegetazione che avvolge l’area di Arlena di Castro.
(Red/ Dire) *Foto di repertorio
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