Dal monte Cavo ci dirigiamo verso la seconda tappa di questo nostro viaggio lungo la via Latina, l’antica città di Tusculum, situata a circa 30 km da Roma e a 600 metri di altitudine che raggiungono i 682 metri nell’area occupata dall’acropoli; oggi divisa tra i comuni di Monte Porzio Catone, Grottaferrata e Monte Compatri, in parte anche Frascati, l’antica città vede la sua fondazione risalente ad un periodo protostorico e, pertanto, a un'epoca scontatamente pre-romana; nel suo territorio, infatti, sono stati rinvenuti reperti piuttosto antichi, che portano la datazione dei primi insediamenti umani all'età del rame mentre, secondo quanto teorizza il Coarelli, il vero e proprio abitato, situato sulla sommità della dorsale vulcanica del Tuscolo, sorse attorno all'età del ferro. La città era collegata alla via Latina da un diverticolo, dal latino divertere ossia deviare, cioè da una via secondaria che, una volta all’interno delle mura diveniva decumanus maximus e attorno alla quale sorsero alcuni edifici pubblici così come anche importanti ville patrizie.
L’importanza della città sull’area del Latium vetus era notevole e si estendeva dai Colli Albani fino al Circeo, ovvero fino al confine del territorio lungo il litorale fino alle porte della pianura pontina verso la Campania; probabilmente l’influenza arrivò fino al punto di poter avere un controllo politico sulla colonia del Circeo, fondata dall’esiliato Tarquinio il Superbo, alleato dei tuscolani. Il potere di Tusculum era legato non solo alla sua posizione sulle vie utilizzate per la transumanza e al suo clima salubre, come in tutta la zona dei Colli Albani, ma anche all’acqua abbondante che, da un certo periodo in poi, alimentò sette degli acquedotti che rifornivano d’acqua Roma e che provenivano dal suo territorio. La città, con il tempo, divenne centro di otium non solo per l’aristocrazia romana repubblicana ma anche per quella del periodo imperiale.
Tusculum era senza dubbio una tra le più importanti città laziali se, nel 322 a.C., un suo cittadino, Lucius Fulvius Curvus, fu il primo console non romano che venne eletto, come ci riporta Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia; tuttavia i personaggi di spicco legati alla storia di Tusculum furono numerosi, il nome di Cicerone, ad esempio, con la sua villa e le sue Tusculanae Disputationes, resta legato per sempre alla città. È lo stesso Cicerone a porsi come una delle principali fonti che ci raccontano del nome di grandi famiglie consolari che avevano origini nell’antichissimo municipio di Tusculum, città meritoria di aggettivi come antica, onorata e suburbana; d’altra parte fu il primo municipium del Lazio presso il quale ebbero origini la gens dei Fonteii, Coruncanii, Iuventii, Sulpicii, Quinctii, Fulvii, Furi, Porcii Catones, o quella Mamilia di origini arcaiche e imparentata con l’ultimo re di Roma. Nel periodo storico della Repubblica, alcune di queste famiglie trasferirono la loro residenza anche a Roma tanto che nomi quali Marcus Fulvius Nobilior o Marcus Porcius Cato Censor e suo pronipote Marcus Porcius Cato Uticensis, rapidamente, si ritrovarono a capo di alte magistrature nel governo di Roma con ruoli tali da orientare importanti scelte di politica interna e “internazionale” come ad esempio, una fra tutti, la guerra contro Cartagine.
La fondazione di Tusculum, intanto, fu raccontata da due principali leggende, una locale ed un’altra pervenuta direttamente dal mito greco. La prima aveva origine dal latino Silvio, re di Alba Longa, fondatore delle città dei prisci Latini; questa tradizione, riportata da Tito Livio il quale sostiene che tutti i Latini traggono origini dalla città di Alba, viene considerata anteriore al secolo VI a.C. infatti, spesso, le città latine e i loro miti di fondazione sono molto antichi, molto rispettati, e vennero creati avendo come punto di riferimento il modello greco.
In una la presenza di Telegono, figlio di Ulisse e Circe, occupa un ruolo fondamentale, giacché si tratta del fondatore della città e progenitore, attraverso la figlia Mamilia, dei Mamilii, la gens da cui discendevano i più importanti condottieri tuscolani delle guerre Latine contro Roma, tra i quali Sextus Octavius Mamilius, dictator della città, considerato non a torto il primo personaggio, non romano, di prestigio nella storia del Lazio; questa origine mitica sarà molto favorevole ai Mamilii in quanto fu la gens che detenne il potere in età del dominio latino. Sono due le tradizioni che giustificano questa genealogia; una prima tradizione sostiene che questa genealogia venne concepita a metà del secolo IV a.C., durante l’indipendenza di Tusculum, mentre un’altra teoria associa la leggenda al momento in cui Tusculum aveva una certa supremazia nel Lazio tardo-arcaico, grazie agli accordi stabiliti dalla politica di Tarquinio il Superbo a Roma e Aristodemo a Cuma.
In ogni caso una ipotesi da non trascurare, avanzata in ambito storico e filologico, vorrebbe che le classi dirigenti delle varie città del Lazio e della Lega Latina, disciolta successivamente da Roma nel 338 a.C., abbiano conservato o, più probabilmente, creato le tradizioni delle loro origini in contrasto con quelle della città egemone, appunto Roma, collegando le loro origini ai Greci, nemici dei Troiani ai quali era legata la leggenda della fondazione di Roma.
Le imprese di Ottavio Mamilio, genero dell’ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo, costituiscono i capitoli più famosi della Lega Latina tra i quali quello della battaglia del lago Regillo, sito in territorio tuscolano e la cui ubicazione è incerta. Ottavio Mamilio esercitava la sua influenza su tutti i popoli latini, sostenuta grazie al suo prestigio personale, e conseguentemente ciò consentì alla stessa città di ottenere visibilità e prestigio tra le altre città latine. Il prestigio della città servì a costituire una coalizione di comunità latine il cui santuario federale era quello di Diana a Nemi che la tradizione voleva fosse fondato da Egerius Baebius, altro dictator Tusculanus.
Quando nel 509 a.C. a Roma venne rovesciato Tarquinio il Superbo e venne proclamata la Repubblica, l'ultimo re di Roma chiese aiuto militare al genero Ottavio Mamilio il quale, con un esercito afferente alla Lega Latina, mosse guerra contro Roma; in realtà in questo contesto l’intenzione del dictator Mamilio fu quella di trarre vantaggio dal vuoto politico generatosi una volta espulso il re romano e iniziare un ambizioso progetto di egemonia nel Lazio. La battaglia del lago Regillo, avvenuta in data incerta tra il 496 e il 493 a.C., tuttavia, si concluse con la vittoria romana, la morte dello stesso Mamilio e la sconfitta dei popoli latini mentre Roma riuscì ad avere, con il foedus Cassianum del 493 a.C., una posizione di supremazia all’interno della Lega Latina. Nel 460 a.C., tuttavia, il rapporto tra la città e Roma era mutato e lo stesso Tito Livio ce lo conferma riportando che l’aiuto di Tusculum fu l’unico quando i sabini comandati da Appio Erdonio occuparono il Campidoglio.
Vale la pena ricordare quell’episodio, così come riportato da Livio, poiché momento critico ma anche affascinante, per noi che siamo lettori, della storia di Roma. Bisogna premettere che in seguito alla cacciata dei Tarquini da Roma e con la soppressione della monarchia e la nascita della Repubblica era stata creata la figura del console che, in realtà, aveva mantenuto quasi tutti i poteri del rex e se ne differenziava solo per la durata annuale e non vitalizia della carica e per alcune funzioni religiose che furono trasferite a figure sacerdotali tra le quali il Pontifex Maximus.
Torniamo, quindi, indietro di due anni, nel 462 a.C., quando il tribuno della plebe Gaio Terentilio Arsa presentò la Lex Terentilia, dal suo nome, che aveva lo scopo di limitare e vincolare il potere dei consoli, in quell’epoca quasi senza limiti, e di riportare la pace sociale nella lotta tra patrizi e plebei legata al riconoscimento e rispetto di diritti a questi ultimi stante l’assenza di un corpo di norme che si avrà soltanto con le Leggi delle XII Tavole redatte nel 451 e 450 a.C.; chiaramente la legge venne avversata in ogni modo dal patriziato, che aveva in linea di massima il controllo e la gestione delle leggi e che temeva di perdere potere, alimentando la tensione interna con la plebe e facendo slittare ogni volta il suo iter di approvazione fino a giungere al 460 a.C.. Tito Livio racconta che, in questo clima di estrema tensione e scontro sociale oltre che politico, una notte circa duemilacinquecento fra esuli e schiavi, al comando di Appio Erdonio che era di origine sabina, si asserragliarono fra i templi del Campidoglio occupando l’intero colle nell’incertezza e disorientamento di tutti su cosa stesse accadendo, se fosse un assalto nemico, una rivolta interna causata dall'odio dei plebei o un tranello teso dagli schiavi, come riporta Livio; è per tale motivo che i consoli erano indecisi se armare o meno la plebe mentre i tribuni della plebe pensavano fosse un altro stratagemma ordito dal patriziato, per far slittare ancora una volta discussione e approvazione della Lex Terentilia, così la notte trascorse. Solo con la luce del giorno seguente ci si rese conto, in linea di massima, della situazione senza che si riuscisse, però, a dissolvere i sospetti della plebe nei confronti del patriziato trovando così un accordo comune contro il pericolo che si era materializzato e facendo passare un altro giorno invano. Livio ci dice che quella stessa notte a Tusculum giunse la notizia della rivolta e il dictator Lucio Mamilio, prontamente, partì con un esercito per Roma giungendovi la mattina seguente e, dopo aver attaccato i rivoltosi assieme alle truppe radunate dal console Publio Valerio il quale aveva cercato in ogni modo di convincere i tribuni della plebe ad intervenire, sconfissero Appio Erdonio che morì nel combattimento assieme allo stesso console. Soltanto Tuscolo, quindi, tra le città latine accorse con le sue truppe in aiuto di Roma in un momento così precario della sua storia e tale intervento fu decisivo per liberare la città; per questo motivo Roma fu riconoscente verso i tuscolani per l'aiuto ricevuto e conferì a Lucio Mamilio la cittadinanza romana.
L’anno seguente, infatti, le parti si invertirono tanto che fu Roma ad accorrere in aiuto di Tusculum quando, appunto nel 459 a.C., avendo gli Equi attaccato la città e occupato una parte di essa, Roma intervenne liberandola per come tramandato da Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso. L’atteggiamento di Tusculum nei confronti di Roma fu sempre di soggezione e assenza di una ostilità dichiarata, risentendo delle sorti della capitale e della sua politica interna legata anche agli schieramenti della guerra civile, tanto che nel 381 a.C., accusati di tramare contro Roma assieme ai Volsci, si arresero senza opporre resistenza quando le truppe romane si diressero contro di essa divenendo, così, municipium e ottenendo la cittadinanza romana. Sorte contraria toccò alla città al termine della guerra tra Mario e Silla, essendosi schierata con il primo, vedendo il suo territorio diviso e assegnato ai veterani di Silla probabilmente stanziati a Castrimoenium, l’attuale Marino.
In ogni caso, superato il periodo storico della contrapposizione con Roma e successivamente priva di importanza politica e militare, Tusculum divenne una fonte di importanti uomini per la storia politica della capitale e della stessa città oltre che meta prediletta della nobiltà romana che vi costruì sontuose ville; la città era caratterizzata da un centro monumentale costituito dal Foro, proporzionalmente di dimensioni contenute rispetto al foro di altre città italiche o della stessa Roma, dal teatro in grado di accogliere circa 2000 spettatori, da una basilica tardo-repubblicana che – avendo forse ricevuto un contributo alla sua realizzazione con un intervento diretto di Cicerone edile nel 69 a.C. – si integra nella grande serie di basiliche dell’Italia centrale come quelle di Cosa, Alba Fucens, Praeneste, Ardea e Pompei.
Il Foro, inteso come centro politico, sociale, religioso della città risale al II secolo a.C. anche se l’utilizzo della stessa area risale al periodo del VI – V secolo a.C., come testimoniato dal ritrovamento della cosiddetta cisterna arcaica che altro non era se non una fontana monumentale legata ad un sistema idrico di raccolta delle acque, mentre nel periodo ancora più arcaico si presume che l’area fosse utilizzata come mercato; d’altra parte in altri contesti cittadini italici avvenne la medesima evoluzione, la trasformazione di aree di mercato in Foro. Sul Foro affacciava la basilica che aveva, per i dati archeologici oggi conosciuti, una lunghezza di circa 21 e una larghezza di 13 metri ed era divisa in tre settori con una navata occidentale, una settentrionale e una centrale di dimensioni più grandi; essa poteva essere paragonata da altre basiliche del II e del I secolo a.C. tranne con quella di Pompei che non aveva il lato lungo verso la piazza del foro bensì quello corto.
La cima del monte Tuscolo, sulla quale originariamente sorgeva l’acropoli, oggi offre soltanto i resti della cinta muraria, che correva lungo tutto il perimetro dell’acropoli, visibile, in alcuni tratti, con una altezza di circa due metri ma ancora suggestiva; all’interno delle mura si aprivano quattro porte, una per ogni lato, ma una caratteristica di rilievo e contemporaneamente suggestiva, soprattutto per chi giungeva in città, è rappresentata dal fatto che la strada d'accesso all'acropoli venne fatta passare sotto la cavea del teatro utilizzando la tecnica della via tecta ovvero della via coperta ancor oggi visibile e di effetto.
Merita considerazione, inoltre, il ritrovamento di una mummia romana a Grottaferrata; risalente all’età imperiale, se ne conosce il nome, Carvilius Gemellus, ed è stata ritrovata ricoperta da un sudario e da ghirlande, assieme alla madre Aebutia Quarta. Sono state scoperte all'interno di una monumentale tomba a camera quadrata di marmo, alla quale si accede con una ripida scala, intervallata da un pianerottolo. La tomba, al momento della scoperta, aveva ancora il sigillo lapideo, un grande blocco di marmo mentre i due sarcofagi marmorei si presentavano con la parete frontale lavorata in modo simile con una decorazione a basso rilievo con iscrizioni che hanno consentito di conoscere identità, grado di parentela dei defunti e età del giovane. Un elemento decorativo dei due sarcofagi è rappresentato da una testa di Medusa che aveva lo scopo di allontanare il male.
Vale, quindi, la pena visitare l’antica Tusculum anche in una domenica fuori porta.
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