Dal 26 ottobre al 6 novembre 2022 al Teatro7 Off di Roma va in scena la commedia brillante ‘Tutti pazzi per mamma’ scritta da Luca Giacomozzi con Luciana Frazzetto, Nino Taranto, Paciullo e Barbara Russo. La regia è di Massimo Milazzo. Le scene di Federica Sollazzo, i costumi di Domizia Romano. Foto di scena di Laura Camia.
E’ una storia di ordinaria incomunicabilità, a metà fra scontro generazionale e insofferenza a consuetudini non più gestibili, degenerate al punto da fare esplodere una soffocante routine e i suoi precari equilibri.
Una famiglia squinternata come ce ne sono tante in giro. La nevrosi da ritmi infernali e da bombardamento mediatico fanno parte del quotidiano di ognuno di noi, alimentano senza sosta e, ahimè, senza cura né rimedio, la nostra insicurezza, rendono viscerali le nostre insoddisfazioni e contribuiscono a precludere i sogni. In tali condizioni estreme di diffuso malessere e di apologia dell’effimero anche innocenti evasioni vanno perseguite e la riservatezza diviene un disvalore.
E allora l’intimità più recondita e preziosa viene violata, la prevaricazione e l’insofferenza travolgono ogni forma di dialogo e di comune buon senso, e il disagio, la sindrome da inadeguatezza all’apparenza occasionale e trascurabile, rischia di diventare patologica e insostenibile, pressoché esistenziale. Quando a ricordarci tanta ovvietà non è lo scienziato più illustre della solita cerchia, né il presunto esperto tuttologo di drammi familiari in un interno, ma la scanzonata, esilarante denuncia di una scatenata funambola del palcoscenico, il prodotto forse non cambia, però fa bene.
Se non altro riempie il fardello di leggerezza e buonumore oltre la proverbiale riflessione, e alla fine è la risata contagiosa e benefica che rimane a far la differenza. Marisa (Luciana Frazzetto) è una donna di mezz’età, ancora piacente, che custodisce fra i ricordi più belli quelli di gioventù, quando si era distinta nel mondo del cinema per essere stata l’attrice protagonista di pellicole un po’ licenziose, anzi, no, di una sola, ma significativa. Erano i tempi della commedia sexy all’italiana e la scure della censura con i suoi pretori bacchettoni si abbatteva implacabile, sforbiciando qua e là, sulle scene un po’ spinte, quelle più apprezzate dal pubblico guardone in cerca di emozioni forti.
Aveva rinunciato al successo e ad una condizione agiata solo per amore, preferendo ben presto alle luci della ribalta e alla promettente carriera di diva dello schermo, il mestiere meno remunerativo ma più tranquillo e discreto di casalinga. Il risultato non si è rivelato nel tempo pari alle attese. Ha sposato Maurizio (Nino Taranto), uno sfaccendato, un mantenuto che gira per casa con lo stesso pigiama da anni e fa il disoccupato per vocazione e tornaconto. Hanno un figlio trentenne, Paolino (Paciullo, all’anagrafe Patrizio Pucello), che ha come passatempo quello di fare lo studente a vita: ha l’hobby dell’ornitologia, delle piante rare e delle abitudini eccentriche di animali in via di estinzione, preferibilmente del continente australe.
Marisa è l’unica che si occupa delle faccende domestiche, è lei a far la spesa, a cucinare e a soddisfare le esigenze vegane del pretenzioso pargolo, che quando non è chiuso in camera sua preso dal libro delle sue brame, interferisce nei giochi innocenti di mamma e papà, li mette al corrente del suo ristretto sapere e si delizia a interrompere il vizietto privato sottocoperta di papà al telefono. Marisa è preoccupata che l’inerzia del figlio e la predilezione verso alcune specie dei regni animale e vegetale abbia una certa attinenza anche con i suoi gusti sessuali.
Ha il suo bel da fare per convincere Paolino a cercarsi un lavoro ed evitare la brutta fine del padre. Una vita piatta la sua, senza stimoli. Non è compresa. Non è appagata. La cultura non la sostiene, la conoscenza delle lingue ancor meno. E allora, quando le si prospetta l’opportunità di andare in America per interpretare la controfigura di Brooke Logan in Beautiful, non si tira indietro e coglie l’attimo. Con un doppio volo carpiato, riesce a convincere il marito a tentar fortuna e ritrovare se stesso e le sue giuste ambizioni come volontario in un corso di sopravvivenza sulla Sila e spedisce Paolino in subaffitto sulla Tuscolana.
Il progetto è ambizioso e riesce solo a metà perché i due rientrano prima del tempo. Paolino addirittura torna all’ovile con la sua coinquilina divenuta nel frattempo fidanzata, di presunta nazionalità inglese e dall’alito mortale (Barbara Russo). Un altro duro colpo per la verace, indomita Marisa che è sempre più decisa a non rinunciare ai suoi sogni di gloria. A nulla valgono le insistenze di chi resta. Il finale è quasi prevedibile ma è il solo che può bastare ad essere convincente, l’unico plausibile ad avvalorare l’apologo e il lieto fine che il titolo richiama.
Alla fine è il gusto delle piccole cose, delle radici e degli affetti più cari che fa riscoprire il senso della vita. Le certezze che sono dentro di noi sono davvero poche, a volte rischiano di crollare ma sono quelle che puntellano la sola vita che abbiamo e non possono essere barattate con seducenti richiami e ripensamenti tardivi. Le note di ‘Una ragazza in due’ de ’I giganti’ e ‘Viva la mamma’ di Edoardo Bennato riportano indietro, toccano le corde dell’anima e solleticano i rimpianti.
Commedia divertente e spassosa, infarcita di doppi sensi a gogò e di battute salaci e irriverenti che la protagonista asseconda e veicola da par suo. Il testo è di Luca Giacomozzi e lo schema narrativo è piuttosto semplice, a tratti scontato, reso godibile e teatrale dalla recitazione scoppiettante e ‘convulsiva’ degli interpreti, tutti all’altezza. Luciana Frazzetto è l’instancabile trascinatrice della scena. Marisa è donna innamorata e madre ansiogena, consapevole del tempo che passa, della dignità e del rispetto che non le viene riconosciuto come merita e che rivendica con forza.
Presenza scenica dirompente e personalità radiante, impone il suo gioco esaltandosi nelle situazioni concitate e dimostrando anche in questa commedia doti di attrice drammatica quando è sopraffatta dallo sconforto e nella struggente, malinconica scena che chiude lo spettacolo.
Nino Taranto è Maurizio, il marito spento, gigionesco, senza palle e un po’ vizioso che ha perso lo smalto dei giorni migliori, quelli che si perdono nella notte dei tempi per comune ammissione. Anche come padre non ha molto appeal. Le sue esternazioni sono banali e stanche. E’ la caricatura dell’antieroe che prova a redimersi ma l’impresa è titanica, quasi disperata. Imperturbabile, assolutamente calzante e appropriato, interpreta un ruolo grigio e un po’ sgradevole con l’aplomb che gli compete.
Paciullo è Paolino, il figlio mammone un po’ strano, scontroso e borderline, sotto osservazione per la propensione all’isolamento da studio. Si riabilita in corso d’opera mostrando notevole dinamismo ed empatia, mimica provocante, scambi dialettici travolgenti e gestualità inaspettata di improvvisato, intrigante danseur.
Infine Barbara Russo è Cristina, l’aspirante nuora segaligna che non ti aspetti e infatti viene ripudiata sul nascere dalla inviperita suocera. Snodata, disartrica e contorta nelle sue litanie. Microbiologa appassionata di astronomia, è affetta da grave forma di alitosi. Finta figlia di Albione e vera napoletana dei quartieri spagnoli. Una rivelazione. Appropriata e disinvolta nella doppia veste.
La regia di Massimo Milazzo è in punta di fioretto. La scenografia sobria ed essenziale è di Federica Sollazzo. Appropriati i costumi di Domizia Romano, compreso quello da survival. Le foto di scena sono di Laura Camia.
Sebastiano Biancheri
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