Tutti vittime del dilettantismo italico: anche nella Pandemia l’approssimazione al Potere
Italiani popolo di poeti, navigatori e… dilettanti
Il modo in cui i Governi italiani di questa “era del Covid” hanno gestito la Pandemia, evidenzia in modo drammatico, se ce ne fosse bisogno, quella che dobbiamo considerare ormai la nostra caratteristica principale: l’approssimazione.
Il Governo è nominato dal Parlamento che a sua volta è eletto dal popolo. Purtroppo, tranne qualche rara eccezione dell’immediato dopoguerra, quasi mai i governanti italiani sono stati migliori del loro popolo.
Confidavamo che almeno Mario Draghi, con la competenza ed il pragmatismo che lo contraddistinguono – sintetizzato dalla famosa frase “wathever it takes” – uniti all’ampiezza della base parlamentare che lo sorregge, potesse fare la differenza, marcando un taglio netto con il passato. Ma i segnali, finora, non vanno in quella direzione. Speriamo di essere presto smentiti, ma il problema non riguarda solo la gestione della pandemia né, tantomeno, solo questi ultimi anni.
Un popolo di poeti, navigatori e dilettanti
L’Italia, al di là delle occasionali e rare eccellenze che vantiamo, paga un prezzo altissimo alla mancanza di organizzazione e di professionalità, soprattutto nelle strutture pubbliche. Ma il problema riguarda anche molte attività private. Ovviamente, siccome in queste ultime i soldi in gioco non appartengono a una astratta “collettività” ma a delle persone fisiche, imprenditori o finanziatori, che esigono risultati, quando la disorganizzazione provoca la perdita di danaro, i responsabili perdono il loro posto. Non è una differenza da poco. La “Professionalità” in Italia è molto sbandierata ma poco praticata. Parola utilizzata spesso a sproposito e quasi sempre con l’intento di farsi pagare di più, essere più rispettati o avere più prestigio. Ma pochi sono realmente all’altezza del compito che gli viene affidato, trovando soluzioni rapide, brillanti ed economiche ai problemi. Dite che esagero? Ok, non fidatevi di me ma della vostra esperienza.
A.A.A. Professionalità cercasi
Il dizionario ci dice che la professionalità è “la qualità di chi svolge il proprio lavoro con competenza, scrupolosità e adeguata preparazione professionale”. Bene, quante volte la incontrate nella vita quotidiana? Quasi mai e quasi in nessun campo. La Pubblica Amministrazione ne è l’esempio evidente. In essa c’è una sparuta minoranza – coloro che vogliono essere parte di uno Stato efficiente per il quale studiano e si aggiornano costantemente – che si danna l’anima per ottenere risultati dignitosi, combattendo le disfunzioni e l’appiattimento burocratico.
Tutti gli altri sono convinti di fare altrettanto, ma in realtà si accontentano di denunciare la disorganizzazione nella quale lavorano, senza fare nulla per migliorarla con idee e proposte. Poi ci sono i fannulloni, che rubano lo stipendio ma sono quelli che si lamentano di più. Di essi sarebbe inutile parlare se non per dire che andrebbero licenziati senza riguardo. Ma qualche sindacato, rappresentante della più ottusa conservazione, troverebbe il modo di difenderli.
Pandemia: disorganizzazione sanitaria e fallimento emergenziale
L’approssimazione si è impossessata persino di un settore strategico come quello della Sanità. A partire dalle dispendiose, clientelari e fallimentari gestioni regionali. Possiamo meravigliarci se la vicenda del Covid-19 è stata gestita con tanti errori, alcuni dei quali irrecuperabili?
Il dirigente che doveva assicurare l’organizzazione del Piano emergenziale pandemico si è felicemente accomodato nella prestigiosa e ben retribuita poltrona, dedicandosi per anni a un banale “copia-incolla”. Incapace persino di nascondere le proprie colpe, falsificando in modo marchiano i documenti che testimoniano la sua inefficienza. Grazie a lui i medici degli Ospedali si sono dovuti arrangiare, nella totale mancanza di attrezzature e di criteri organizzativi, pagando un tributo altissimo di vite umane, sia di pazienti che di sanitari.
I medici di base, assuefatti al ruolo di firmatari di ricette e privi di capacità operative, si sono ritrovati esposti nell’emergenza a rischi eccessivi, con qualche eroe che, nelle piccole comunità, ha tentato di surrogare le scandalose inefficienze del sistema.
L’impreparazione ha scaraventato il Paese nel panico della confusione e del disordine, provocando scelte sbagliate e casuali, come il trasferimento dei malati di Covid-19 nelle RSA, dove si sono registrate le più alte percentuali di decessi. Qualcuno pagherà per questo?
La decadenza di un paese in crisi
La mancanza di una forte direzione politica ha lasciato che si delegasse ai tecnici il compito di decidere come procedere e i tecnici – come biasimarli? Hanno ovviamente scelto la strada della massima cautela.
Il Premier Conte si è vantato di aver ottenuto miliardi di finanziamenti europei, ma intanto l’emergenza delle mezze decisioni ha messo in ginocchio un Paese già indebolito e che ora si ritroverà più indebitato, perché i soldi dell’Europa non sono certo regalati. Quei finanziamenti avrebbero dovuto limitare i danni aiutando le aziende e il sistema sanitario a superare la crisi; qualcuno ha visto gli effetti positivi di questo indebitamento? In altri Paesi le imprese, i professionisti, gli artigiani ed i disoccupati si sono visti immediatamente versare i soldi degli aiuti sui conti correnti. Da noi si sono visti solo moduli da compilare, documentazioni da allegare, complicazioni burocratiche da affrontare. Alla faccia delle “task force” che dovevano indicare i percorsi più virtuosi.
Danneggiare tutti per controllare qualcuno
Si dirà: ma siamo il Paese dei furbetti e quindi bisogna sempre vigilare! Ma vigilare su cosa, se con tutta la nostra smania di controllo burocratico siamo il Paese più complicato d’Europa, ma con la maggiore evasione fiscale ed il più spaventoso abusivismo edilizio e commerciale?
Ed ecco il risultato: per cercare, ma senza riuscirci, di controllare qualche furbo, penalizziamo tutti gli altri, soffocando il Paese con una burocrazia proterva e inefficiente. Mettendo persino a repentaglio la tenuta democratica, deludendo gli onesti e spingendo coloro che confidano ancora nello Stato verso i sostenitori delle scelte autoritarie. Non possiamo nemmeno escludere che qualcuno, nel frattempo, stia approfittando della crisi per arricchirsi indebitamente. Ma il diavolo, si sa, fa solo le pentole e qualche inchiesta potrebbe scoperchiare imprevedibili Vasi di Pandora.
Gestione della pandemia: superati anche dai paesi balcanici
Per non parlare di come ci siamo organizzati per acquisire le dosi di vaccino, con l’UE che nell’occasione si è italianizzata, mostrando una singolare incapacità contrattuale. Vogliamo parlare della somministrazione?
Persino la Serbia, uscita a pezzi vent’anni fa dal drammatico conflitto dei Balcani e strutturata come Stato autonomo solo nel 2006, si è organizzata meglio di noi, digitalizzando ed informatizzando l’intero sistema sanitario. Chiunque può prenotarsi on-line per la vaccinazione, ottenendo la somministrazione quasi in tempo reale e scegliendo il vaccino che preferisce. Noi stiamo ancora decidendo a chi dare la precedenza, dato che le dosi per tutti nemmeno ci sono.
Uscire dalla pandemia con scelte coraggiose
Il Paese fatica a risollevarsi, interi settori sono in ginocchio e il loro futuro si prospetta cupo mentre i Governi sono stati rapidi solo nel formulare limitazioni e nel decidere i nuovi, seppur brevi, “lockdown”.
Per il resto solo promesse. Non sono tra coloro che pensano che l’Italia sia all’inizio di un irreversibile tramonto, ma so che la salvezza può esserci solo con uno Stato ben organizzato: snello nelle decisioni, operativo nelle attuazioni e severo con le violazioni.
Ma dove sono i politici capaci, veramente interessati al bene collettivo più che alla loro poltrona ed i manager pubblici in grado di indicare la via e di riorganizzare concretamente la ripresa della nostra Nazione?