Spettacoli

Tv, le ragioni del flop della prova del cuoco

Le motivazioni di un calo di ascolto di un programma televisivo, sono spesso molteplici e di difficile individuazione, anche da parte degli stessi addetti ai lavori. Per lo stesso motivo è altrettanto difficile individuare le ragioni di un successo. Spesso se ne individuano alcune, le più rilevanti, talvolta ci sono delle concause che sfuggono all’analisi, che si possono legare alla casualità che, sempre, in questa vita, mette lo zampino nelle nostre questioni e che chiamiamo “sorte”.

Premetto che per 40 anni ho lavorato in Rai, principalmente come autore o capo autore e nel caso specifico ho vissuto tutta la fase iniziale della “Prova del Cuoco”, dalla sua gestazione, nel 2000, quando fecero un provino alla Laurito, quando si pensava a Vissani, per poi ritrovare Antonella che tornava da un flop a Mediaset con la Ruta, fino al 2007, quando lo lasciai per altri impegni professionali. Il programma venne cucito addosso ad Antonella Clerici. Come si fa quando si vuole creare un binomio indissolubile. Il format originale, inglese, era solo una sfida di 25’ tra due cuochi. Era la parte gestita dalla Endemol. Raiuno chiese al gruppo di autori, tra i quali c’era anche l’ottimo Gustavo Verde, di aggiungere più o meno un’altra ora di rubriche, idee, informazioni e personaggi. Diciamo, per farla breve, che oltra alla Clerici i punti di forza iniziali su cui lavorammo, con gli autori Endemol, furono i cuochi. Dovevano essere non bravi in cucina ma bravi televisivamente: saper parlare cucinando, sorridere, spiegare in tempi serrati i vari passaggi della ricetta, essere duttili, utilizzare i semilavorati. In 10’ non si cucina qualsiasi cosa, devi bleffare. Soprattutto, una volta individuati quelli più funzionali alle nostre esigenze, bisognava cambiarli il meno possibile, affinché il pubblico si affezionasse loro, come succedeva con la conduttrice e altri personaggi.

Primo fra tutti Beppe Bigazzi, che portai via da “Unomattina” e da “Linea Verde Orizzonti”, dove lo avevo conosciuto grazie ad un collega e con il quale avevo immediatamente legato, perché toscano come me, e perché possedeva, oltre a una immensa cultura gastronomica, l’immagine del saggio antipatico. Si antipatico. L’antipatico serve in tv perché fa diventare simpatica la conduttrice, perché dice cose necessarie ma difficili da accettare, perché –soprattutto- ne sa più di tutti ed ha sempre ragione. Con il tempo Antonella individuò la spalla giusta di Bigazzi, Anna Moroni. Una signora molto simpatica, alla buona, con una voce inconfondibile e con il dono della battuta spontanea: “Te le sei lavate le mani tesoro?”. Era la frase che le chiedevamo di ripetere sempre, ogni volta che iniziava una ricetta. Così nasce un personaggio: la tenera simpatica, un po’ pasticciona, la nonna che non sa perché fa le cose in una certa maniera ma le fa e alla fine sono gustose, magari commettendo errori, abbinamenti non corretti, secondo le regole della gastronomia e della salute, ma funzionali. Questo trio ha funzionato per anni, finché Antonella ci si è trovata bene, finché abbiamo saputo gestire le intemperanze caratteriali di Beppe, le insofferenze di Anna ad essere sempre bacchettata e quelle di Antonella a non essere l’Unico punto di riferimento del programma. La formula ci permetteva di veicolare le informazioni gastronomiche e la conoscenza delle materie prime, vini compresi, grazie ai due sommelier fantastici: Alessandro Scorsone e Adua Villa, tutte cose che il format inglese non prevedeva.

Dopo la mia dipartita il programma prese la piega che Antonella voleva imprimere: più spettacolo, meno informazione e più ricette. In genere abbassando la qualità dei contenuti si ottiene un ampliamento dell’audience. È una regola che, dall’inizio della concorrenza berlusconiana, ha modificato l’offerta dei programmi Rai, costretti a uno scontro sempre al ribasso, di cui credo tutti abbiamo pagato le conseguenze. Con delle eccezioni: “Quark”, fiction e grandi sceneggiati, eventi sportivi, Santoro e alcune delle imitazioni che lo hanno seguito. Da questa stagione, dopo 18 anni, a parte l’anno della maternità di Antonella, quando Elisa Isoardi la sostituì per alcuni mesi, la Clerici ha lasciato tra le lacrime il “suo” amato programma per una vita professionale meno convulsa (un quotidiano richiede un impegno stressante) ed esponendosi a nuove sfide che le auguro fortunate, anche se molto ardue, con il “Portobello” di Enzo Tortora.

La brava, bella e seria Elisa, che conosco da tantissimi anni perché a lungo ho lavorato al suo fianco come autore, nei programmi della fascia del mattino e a “Linea Verde”, arriva in questo ultimo settembre alla meta del programma che ha sempre sognato di condurre. Non so se di suo o su consigli autorali, decide di cambiare tutto, ma proprio tutto: sigla, scene, colori, autori, cuochi, scaletta… Tutto nuovo. Eppure nell’esperienza precedente, breve, di sostituta della Clerici, Elisa aveva svolto con successo i suoi compiti. Il programma, costruito su Antonella, non aveva perso ascolti con la nuova conduttrice. Era direttore Fabrizio Del Noce, che voleva “rottamare” un po’ di personaggi. Ci rimisero le penne Pippo Baudo e anche il povero Frizzi, e Antonellina, che Fabrizio vedeva impegnata in altri orari. Ma i successi sanremesi decretarono Antonella personaggio nazional popolare e le dettero un potere contrattuale tale, che lei usò per non perdere il “suo” programma quotidiano. Antonella sapeva che il quotidiano entra nelle case e chi lo fa diventa uno di famiglia. Se aveva vinto a Sanremo, in parte, lo doveva a questo e alla sua grande comunicabilità e il suo basso profilo, alla Mike Bongiorno.

Questa riflessione sull’ex successo della sostituzione da parte di Elisa, doveva indurre il team autorale a non cambiare tutto subito. Il pubblico è bambino, è abitudinario, è conservatore, è suscettibile, facilmente si offende se si sente tradito. Dopo 18 anni di “Prova del Cuoco” è quella la formula che il pubblico è abituato a vedere e anche se ci può essere stata una sorta di lenta consunzione, una tendenza al calo di ascolti, rispetto ai primi anni, la cosa è del tutto logica, vista l’età media del pubblico di Raiuno. Il programma reggeva nonostante la sua età. Se si voleva cambiare si doveva scegliere completamente un genere diverso, perché la cucina è ormai dappertutto. Presentare “La Prova del Cuoco” con Elisa Isoardi era già un azzardo, sapendo che questa volta non era una sostituzione temporanea ma definitiva. È diventato un azzardo voler sottrarre al “bambino” il giocattolo con cui era abituato a interagire. Per di più senza le facce di Renatone Salvatori e Maurino Improta, senza le canzoncine fesse ma allegre, senza il momento del “Campanile” dove gareggiavano i paesi della provincia italiana. Una idea che lanciai avendola in parte ripresa da un programma in cui c’era Enzo Tortora a condurre con Bongiorno: “Campanile Sera”.

A me non piace fare lo statistico dell’audience. Ho sempre ascoltato con scetticismo i tecnici delle percentuali e delle statistiche. Però li ascoltavo. C’è da imparare. Ma la vera ragione del “che c’è che non va e come si torna a salire” non è nei numeri ma nell’insieme di tutto un programma, a partire dagli orari, le scene, le scalette certo, i personaggi, i contenuti. L’alchimia che regge un equilibrio instabile e che ogni puntata devi verificare, mettere a punto, è lì che devi intervenire. Elisa è una grande professionista. Chi ha lavorato con lei lo riconosce. Fidatevi. Di più è una persona umile, per niente presuntuosa. Ambiziosa si, molto, ma è una che studia, si fa il mazzo per riuscire, il lavoro è la sua vita, da brava ragazza di montagna che ha dovuto affrontare momenti duri, sa che ogni sua conquista è preziosa e non è disposta a rimetterci. Quello che è accaduto in queste ultime settimane, con le accuse e le offese gratuite per via della sua relazione sentimentale è vergognoso, non accettabile in un paese civile. Ma questa è l’Italia di oggi. E chissà se ne usciremo mai fuori. Tuttavia sono arci sicuro che la vita sentimentale della Isoardi non c’entri nulla col flop del programma. Non è lì il problema.

Il problema è l’aver voluto cambiare il giocattolo vecchio mentre il bambino lo cercava ancora. Trovarsi con un programma del tutto cambiato, anche se con il giusto intento di riportare l’informazione, i contenuti, in un contenitore di ricette e canzoncine, è una impostazione che condivido. Dipende però come lo fai. Se tolgo lo spettacolo per mettere le notizie faccio servizio pubblico ma sbaglio il modo. Le informazioni debbono arrivare attraverso la spettacolarizzazione delle varie fasi del programma. Nella sfida del “Campanile” si presentavano i prodotti regionali e artigianali – che molti italiani non conoscono- giocando, confrontandosi. Per fare un esempio. Correndo in parte ai ripari Elisa ha richiamato Augusto Tocci, un Bigazzi simpatico, che lo stesso Beppe mi fece conoscere, aretino anche lui, esperto di silvicoltura, amante del bosco di cui sa tutto, che ho avuto con me in molti programmi. Tocci lo so che funziona. È il classico omino saggio, un puffo, un nano della foresta che ti riporta ai profumi della nonna e delle cose buone di un tempo. Ma non basta. Ho rivisto qualche faccia di cuoco del passato ma è l’operazione fatta alla rovescia. Bisognava mantenere l’impianto antonelliano e modificarlo lentamente, cambiando ora una rubrica, ora due cuochi, ora un esperto e lentamente cambiare il format senza che il bambino se ne accorgesse, come si fa, appunto, coi più piccoli. Siccome il giocattolo è per loro, hanno ragione i bambini a volere questo. Non noi a dare loro un giocattolo del tutto nuovo per cambiare!

Non ho parlato di Lo Cicero. A me sta simpatico ma la domanda che vi sarete fatti tutti è: “che ci sta a fa?”. La domanda che sempre mi risuona nella mente, grazie a un grande maestro: Brando Giordani. Quando gli raccontavi un programma ti gelava con la frase “Si vabbé ma che se vede?” con il suo romanesco bonario alla Corrado ma tagliente come un coltello. La televisione è azione. Le chiacchiere le fa il TG ma ha la forza della notizia in diretta, se lo può permettere e poi ci sono i servizi e i collegamenti. I servizi finto-registrati della “Prova del Cuoco” non possono sostituire un’azione in studio e non mi dicono niente di più di quello che già non abbia visto nella settimana tra i cento programmi con ricette e tavolate. Come autore di “Linea Verde” ho sempre odiato la tavolata finale, ma ho impiegato anni per eliminarla. Un po’ per volta si fanno queste operazioni chirurgiche. La tavola è una esposizione di “nature morte”, che ripetono i vari Mengacci, Bevilacqua, Sardella, Raspelli e tutti i parvenu delle decine di lineaverde che attraversano gli schermi delle tv italiane. Se Lo Cicero fosse un sommelier acquisito, o un cuoco per passione, o un pasticcere per passione, già avrebbe uno scopo e una ragione di esistere in questo programma. Non so se ho reso l’idea, e a me sta simpaticissimo!

Quindi è dura. Una volta presa una strada è difficile cambiarla in corsa. Elisa se ne rende conto ma farebbe di tutto perché le cose andassero bene, lo so. Tuttavia piccoli aggiustamenti di ritorno ormai non cambiano l’impostazione, non convincono il bambino. L’hai preso in giro e lui s’è offeso e ti ha lasciato da solo col giocattolo nuovo, mentre intanto Anna Moroni riappare sulle reti concorrenti con Mengacci. L’originale con la copia. Facile e astuta la mossa di Mediaset. Un’astuzia di bassa lega intendiamoci ma ci sta… La Rai lascia liberi Renatone, Imparato, Sal Deriso, Anna Moroni? C’è già chi pensa di utilizzarli. Intendiamoci, anche questa trovata non è che significhi che il bambino scoprirà il suo giocattolo su un’altra rete, il bambino lo sa, non è scemo. Tuttavia, anche solo per affetto o per rabbia, andrà di preferenza dalla Moroni con la copia Mengacci, perché offeso con Raiuno (non con Elisa).

Auguro a Elisa di trovare il coraggio di cambiare, di dare una scossa, puntando sui sentimenti, sulle emozioni e non sulle scalette o sulle grafiche. Davvero.

Carlo Raspollini

Autore e regista televisivo, responsabile marketing, consulente gastronomo e dello spettacolo, viaggiatore.

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