L’Unione Europea decide di rivoluzionare il packaging puntando sull’economia circolare. Nella sua proposta di regolamento, con target vincolanti al 2030 e 2040, si punterà più al riuso, ai vuoti da rendere e al riciclo. In questo modo si dirà addio alle bustine di zucchero nei bar e ai flaconi di shampoo negli hotel.
Tuttavia, questa scelta non è stata condivisa pienamente da tutti i Paesi Ue. Infatti, Italia e Francia si sono dichiarate contrarie a questa scelta e si fanno paladine dei negozianti, tanto da accusare la Commissione europea di “populismo e demagogia“, come ha affermato senza remora Antonio D’Amato ex Presidente di Confindustria.
Secondo le stime riportate da Palazzo Berlaymont, nel 2020 ogni cittadino europeo ha prodotto circa 180 chili di rifiuti, di cui 32,7 milioni di tonnellate di carta e cartone, mentre 15 milioni di plastica e vetro. Oltretutto, per Frans Timmermans, capo delle Politiche ambientali Ue, si stimano nei prossimo otto anni il 19% in più degli scarti da imballaggio, mentre per la plastica si parla del +46%.
Secondo le direttive europee entro il 2030 il 20% delle bevande fredde e calde dovranno essere contenute in imballaggi riutilizzabili come bicchieri e borracce, riportate successivamente dai clienti. In questo modo secondo la stima europea nel 2040 si arriverà al 40%. Per i ristoranti, invece, il target è del 10% fino al 2030 e del 40% nel 2040. Mentre grandi colossi delle consegne come Deliveroo e UberEats hanno un traguardo del 10% fino al 2030 e poi del 50% entro il 2040.
Per i nuovi imballaggi di plastica è prevista una nuova quota obbligatoria minima del 30% di contenuto riciclato. Tuttavia, con l’industria di settore, secondo Europen, si rischia di “andare contro gli obiettivi del Green Deal, riportando indietro le lancette dell’orologio del riciclo e compromettendo la funzionalità degli imballaggi nel proteggere i prodotti”.
L’Italia nel riciclo risulta essere la migliore d’Europa, ma come ha specificato il capo Timmermans si può sempre migliorare. Bruxelles “non vuole mettere fine alle pratiche che funzionano bene o mettere in pericolo gli investimenti“. Una visione contraria però ce l’ha Fratelli d’Italia che vede questo cambiamento come un rischio di mettere in difficoltà la tenuta stessa del sistema produttivo.
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