Una giornata di Gesù di fronte a Dio
Gesù vuole farsi “prossimo” di ognuno di noi, per raggiungere coloro che soffrono. Si è fatto “uomo” per poter “avvicinarsi” a noi
Dalla Sinagoga alla casa
Dopo aver partecipato alla liturgia sinagogale e aver liberato un uomo prigioniero del demonio, Gesù e i discepoli si spostano nella casa di Pietro a Cafarnao (Mc. 1, 29-39), luogo che diventerà il quartier generale dell’attività missionaria di Gesù in Galilea. “Subito andò” (v. 29): l’espressione avverbiale rende palpabile lo zelo di Gesù che mette in atto il suo ministero, in fretta, con un grande amore per gli uomini.
I due fratelli Simone e Andrea accolgono Gesù in casa e questo dato ha un significato simbolico, aprono le porte della loro residenza a Gesù perché questi trasformi tutta la loro vita. Il Vangelo è quindi un invito rivolto all’assemblea liturgica perché ognuno apra le porte della propria casa, faccia entrare Gesù Cristo, lasciandosi trasformare da lui.
La febbre (vv. 30-31)
La suocera di Simone è a letto con la febbre. Siamo al momento del pranzo dello “sabbat” (giorno di festa). In questa circostanza, la donna di casa aveva una funzione importante, era proprio lei ad accendere le candele il venerdì sera al tramonto, per riparare all’atto con cui Eva aveva spento la luce nell’anima di Adamo con il peccato e riportare la luce di Dio al mondo.
In questo caso troviamo una donna stesa a letto con una febbre molto alta e che è incapace di servire a tavola, paralizzata da una malattia. Prontamente i discepoli parlano di lei a Gesù; la scena è simbolica e l’atteggiamento dei discepoli diventerà un modello per la chiesa futura, soprattutto riguardo alla sua missione di intercessione in favore dei deboli.
Risurrezione e servizio (v. 31)
Gesù si avvicina, dimostra immediatamente che la sua è una mano potente e rialza la suocera di Pietro. Il verbo “far alzare” è il termine che indica la Risurrezione di Gesù. Con l’incarnazione, Gesù prende l’iniziativa e va incontro a ogni uomo, piagato fisicamente e interiormente, per farlo partecipare della forza di vita e di risurrezione che è capace di risollevare dalla sofferenza fisica e interiore.
L’effetto è immediato: la donna passa a servirli. Il verbo usato è “diakoneo”, servire a tavola, ma che riferito a Gesù serve per esprimere il senso profondo del suo ministero e di quello dei discepoli: come il servitore dimentica sé stesso perché altri possano mangiare, così Gesù stesso è venuto nel mondo per dare la vita e non per avere qualcosa in cambio. La suocera di Pietro, quindi, dopo l’incontro con Gesù può orientare la propria vita verso gli altri, come una vera discepola.
La porta (v. 33)
La soglia della casa di Pietro diviene così un luogo di raduno e il brano del Vangelo insiste sulla portata universale di questo movimento: “tutti i malati e gli indemoniati sono condotti da Gesù e tutta la città” (vv. 32-33) è riunita davanti la porta.
Questo fiume di persone accorre di sera, alla fine dello “sabbat”, quando cessano alcune restrizioni legato a questo giorno santo, e trasforma la porta della casa di Pietro in uno straordinario luogo di grazia.
La relazione con Dio
“Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava” (v. 35). L’evangelista Marco descrive un atteggiamento essenziale di Gesù: quando ancora è buio si ritira da solo, nel deserto, a pregare. Gesù vive le proprie giornate di fronte a Dio, non si lascia trasportare dagli eventi; per questo non è completamente assorbito dal suo ministero, né annullato nel servizio, custodisce una “stanza segreta” in cui coltivare la relazione con Dio.
Andiamocene altrove (v. 38).
I discepoli si mettono sulle sue tracce e lo cercano spasmodicamente. Gesù invece non si lascia condizionare dai bisogni della gente e dai loro “appetiti”; invece richiama i discepoli al motivo per cui è stato inviato: “Andiamocene altrove…perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!” (v. 38). Il piccolo episodio quindi stabilisce alcuni elementi essenziali per comprendere la missione di Gesù e della chiesa: Gesù può contraddire le attese delle persone, perché ha una speciale relazione con il Padre; la sua missione consiste essenzialmente nella predicazione della buona notizia, del Vangelo.
Il ministero di Gesù non è statico o limitato a una regione in particolare, non viene condizionato solo da una logica “provinciale”, di paese, ma possiede un dinamismo straordinario che lo porta ad andare sempre altrove, a spingersi verso i più lontani. Dopo la risurrezione, Gesù prolungherà questo movimento spingendo i discepoli a portare il Vangelo a ogni creatura e costituendo la chiesa come una comunità di missionari dinamici.
Un gesto significativo
“Egli si avvicinò”: Gesù vuole farsi “prossimo” di ognuno di noi, per raggiungere coloro che soffrono. Si è fatto “uomo” per poter “avvicinarsi” a noi, entrando dentro questa nostra storia. “Prendendola per mano”: Gesù “afferra” quella mano. Un contatto che manifesta il suo potere e il suo amore, la lotta contro il male, ma anche la tenerezza, la compassione che Gesù prova per quelli che soffrono. “La fece alzare”: dalla posizione distesa su un giaciglio, simbolo della debolezza, a quella di chi gode di energia e può affrontare le incombenze quotidiane: “ …e li serviva”.
O Signore, tu continui a farlo anche oggi e ti servi delle persone più diverse e inaspettate, strumenti della tua provvidenza, uomini e donne che con naturalezza si accostano a noi per aiutarci, si mettono al servizio degli altri, con gesti semplici di bontà.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Ficco, 2024; Laurita, 2024.