C’è un progetto per istituire una sesta provincia laziale sulla costa. A che pro? Non si era detto che le province andavano abolite? Costano tanto e si sovrappongono a Comuni e Regione. Come mai non si riesce mai ad abolire gli enti inutili come il Cnen, la Sogin le Province? A cosa mirano i fautori della sesta provincia?
Il Sindaco di Fiumicino, Mario Baccini, ha annunciato al Best Western Hotel della sua città, il 1° marzo, un nuovo progetto per la istituzione di una sesta provincia del Lazio, quella di Fiumicino, che incorporerebbe Civitavecchia, Tarquinia e anche Ladispoli fino ad altre città della costa laziale. (È da vedere poi se queste città accetterebbero una sudditanza a Fiumicino). “Una visione moderna di aggregazione e autonoma che guarda al futuro delle nostra comunità“, ha affermato Mario Baccini. Sarebbe “la Porta d’Italia”, pensando che qui si colloca l’Aeroporto Leonardo da Vinci. Il principale hub aeroportuale d’Italia è anche l’ottavo scalo d’Europa con oltre 43 milioni di passeggeri, mentre Malpensa a Milano, serve poco meno che 29 milioni di passeggeri.
Baccini, qualcuno se lo ricorderà, ha un lungo curriculum nei partiti di centro e centro destra della storia repubblicana, dalla DC, in cui iniziò come consigliere comunale di Roma nel ’94 al Centro Cristiano Democratico e poi nel Polo delle Libertà di Berlusconi, del quale fu anche Ministro della funzione pubblica in uno dei suoi governi tra il 2004 e il 2006. Vicepresidente del Senato tra il 2006 e il 2008, uscì poi dall’UDC e dall’alleanza con Berlusconi per approdare al movimento Rosa Bianca con Bruno Tabacci e candidarsi a Sindaco di Roma ma raccogliendo appena lo 0,8%. In seguito tornò ad allearsi con i centristi dell’UDC per farsi eleggere alla Camera, sempre nel PdL, finché non è passato al Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano, tra il 2013 e il 2017. Lo ritroviamo adesso eletto sindaco di Fiumicino dal 2023. Ma si vede che il Comune gli va stretto e ha pensato di allargare i confini di competenza.
Le province dovevano essere abolite. Tuttavia la sconfitta referendaria del Governo Renzi del 4 dicembre 2016 le ha tenute in vita. Anche se si tratta di una vita col polmone d’acciaio. Le province sono da sempre in crisi, pre-dissesti e dissesti finanziari, costi elevati e soprattutto non danno risultati evidenti. La loro presenza è una eredità napoleonica, un modello burocratico sposato dal Regno di Sardegna e Urbano Rattazzi, che ne fissò l’ordinamento nel 1859, dopo che i Savoia conquistarono la Lombardia. Ma a renderle deboli è il loro essere vaso di coccio tra i due vasi di ferro dei Comuni e delle Regioni.
A che serve la Provincia? Il pacchetto di competenze è sempre stato poco definito. Gestiscono 132mila chilometri di strade minori, che assurgono agli onori della cronaca solo quando diventano inservibili per la scarsa manutenzione o perché crolla qualche ponte. Si occupano degli edifici scolastici, ma solo degli istituti superiori perché la bizzarria burocratica italiana affida le elementari e medie ai Comuni. Così se il Comune ha un colore politico e la Provincia un altro, le decisioni sulla chiusura delle scuole può avere a volte una indicazione opposta per cause di maltempo interpretate differentemente.
Nel 2012 si volevano abolire. Lo spread era ai massimi livelli sotto l’ultimo governo Berlusconi, il paese era sull’orlo della bancarotta e per continuare il lavoro del “salva-Italia” arriva il decreto spending review. L’obbiettivo era tagliare 35 province tramite accorpamenti. Il Ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi mostra sulla mappa gli accorpamenti. Qualcuno ironizza quando si illustra la possibile nascita di un’unica provincia tra Pisa e Livorno.
Questa gente non sa in che Paese vive. Ce ne rendiamo conto ogni qualvolta vogliono provare a governare, le gaffes diventano comiche involontarie. Il Governo Letta si limita ad annunciare un disegno di legge per l’abolizione delle province ma arriva invece un decreto, quando a Palazzo Chigi c’è già Matteo Renzi e a legare il proprio nome alla riforma delle province sarà Graziano Delrio, Ministro degli Affari Regionali.
Nascono le Province di secondo livello gestite dalle assemblee elette degli amministratori locali del territorio e le Città Metropolitane, tra cui Roma Capitale, che sostituiranno le Province in 14 capoluoghi. Ma la riforma avrà vita complicata. Resiste ai ricorsi regionali alla Consulta, al contrario del tentativo 2012, ma vede presto sfumare i propri obiettivi di risparmio da tre miliardi in tre anni. Troppo ambiziosi: perché le indennità e gli assessori scompaiono, ma le strade e le scuole no.
Ma il colpo di grazia arriva con il referendum del 2016 che travolge Renzi e anche la sua riforma. Vincono i NO e la Repubblica continua a essere “costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato” (articolo 114). Anche se nel frattempo tagli e mobilità ne hanno alleggerito i bilanci e desertificato gli organici.
Non so se faccio male a essere malizioso pensando che questa sesta provincia del Lazio toglierebbe la gestione della costa a Viterbo, a Roma Capitale. Oltre all’Aeroporto, la costa è luogo d’interesse turistico, paesaggistico, ma anche luogo in cui si sviluppano enormi introiti dovuti alla gestione del demanio pubblico da parte delle imprese di balneazione di Ostia e Torvaianica, qui si trovano gli impianti di depurazione delle acque reflue. Anche se sono tutte materie che dovrebbero essere di pertinenza della Regione, la pianificazione territoriale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, toccherebbe alla Provincia.
La pianificazione dei servizi di trasporto, poi, in ambito provinciale, come l’autorizzazione e il controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali, sempre competerebbe all’ente provinciale e le zone interessate sono cruciali da questo punto di vista. Le province possono altresì, d’intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.
Diventerebbe una delle province più importanti della Regione, dopo la Città Metropolitana di Roma.
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