Una settimana in poche battute: dal Governo alla Juve al raid in Siria
Alcune riflessioni commentando i fatti della settimana, dalla politica, al calcio, al bombardamento in Siria
Gli eventi della settimana da civis romanus residente in Inghilterra quale sono mi spingono ad alcune mere riflessioni. Le elezioni politiche di Marzo in Italia hanno sancito tutti vincitori – Salvini, che ormai ha abbandonato le orrende felpe sgargianti in favore delle cravatte di Marinella, Di Maio ormai dipinto come sottile Richelieu e persino l’asfaltato PD che ritirandosi sull’Aventino a meditare sul crollo elettorale per ora non cede alle lusinghe dei 5S scrollandosi ogni responsabilità per non rischiare di sparire (del tutto) dallla trama di un film già passato sugli schermi degli Italiani: una volta si diceva seconda visione e poltrone di legno: in effetti dopo 40 giorni il solo sconfitto pare il popolo, quello delle tasse da abbassare, dei sostegni economici, delle pensioni minime e del lavoro da trovare: sì ma come? Il tutto mentre al karaoke Quirinale assistiamo ai soliti balletti da prima Repubblica “Io mai con te, tu mai con me. A meno che…”. Riuscirà il saggio Mattarella a sbrogliare l’impasse nominando un traghettatore o un Governo del Presidente che nessuno dopo risultati elettorali così pirotecnici vorrà accettare? Solita minestra. Bla, bla.
Pausa di riflessione. Il rigore contro la Juventus forse c’era. Scusate ho divagato per un istante per allentare la tensione. Ma in fondo il calcio non è solo un gioco. Nel frattempo, nella notte che non porta consigli, Trump decide di assurgere a difensore dei soliti bimbi barbaramente gassati (come se vi fosse un modo gentile per sbarazzarsi di poveri piccoletti ), lanciando non tweet questa volta ma veri e propri missili contro le basi Siriane del prepotente dittatore Assad. (già fatto, vero Bush?), tirandosi dietro (l’abile uomo di affari oggi più potente al mondo già marionettato dai suoi Generali del Pentagono), la Francia di Macron (già fatto, vero Sarkozy?) che svergogna i propositi gridati (al vento appunto) di un’Europa sempre più unita e federale e una Gran Bretagna (già fatto vero Blair?), che diverte l’attenzione della gente sul peso di una Brexit imminente che ora pochi davvero desiderano. Le Nazioni Unite (già fatto pure questo), hanno le mani legate dai veti, la Merkel e un Gentiloni a mezza pensione si tirano da parte: questo gioco non fa per noi. La grande Russia osserva, scuote la testa, ma al momento la sola minaccia del bolscevismo liberale resta quella che il magnate Abramovich possa s-vendere la squadra londinese del Chelsea.
Tutto qua? Lasciatemi finire sulla bellezza fascinosa dell’alea speranzosa e buona. Dinanzi a queste trame di minestre riscaldate e mai visionarie (la politica vera, quella sì è un sogno) concludo i miei pensieri della settimana sulla vittoria della Roma contro il Barcellona. E che centra questo con le portaeree nel Mediterraneo e le consultazioni per Palazzo Chigi? Ne parlano tutti, perché io dovrei tirarmi indietro? L’imprevedibilità di un rischio, 3 gol a zero, una scommessa che mi avrebbe consentito di vincere 810 Sterline giocandone 10 se non avessi ascoltato appunto la solita meschina abitudine di non affidarsi ai sogni qualche volta. Questa sì, non se l’aspettava nessuno. Rischiamo di cambiare il mondo, per bene, per non lasciarlo come sempre a morire.