Uno dei settori più colpiti dell’attuale crisi sanitaria Covid 19 è quello della ristorazione, anzi nel dettaglio tutto il mondo Horeca (hotellerie-restaurant-café/catering), sta subendo il peggior periodo probabilmente della sua storia senza nessuna certezza per il futuro.
Purtroppo sono i numeri a parlare chiaro infatti l’ISTAT rileva che la produzione alimentare ha segnato una riduzione del 6,5% rispetto allo stesso mese del 2019. Un dato allarmante, considerando che si parla di una perdita di oltre 1,5 miliardi a marzo per la chiusura di bar, ristoranti pizzerie, gelaterie e agriturismi (fonte: Coldiretti).
Dai ristoranti stellati, situati in tenute lussuose all’osterie tipiche legate a una clientela affezionata, le domande che gli operatori di settore si pongono oggi sono le medesime: quale sarà nostro il futuro? Come cambierà il nostro lavoro e il rapporto con la nostra clientela? Chiuderemo per sempre? Riusciremo a sostenere i costi, a fronte di mesi di mancati incassi?
In effetti in un momento in cui l’intero paese si trova a fronteggiare un momento di enorme difficoltà, questo settore sembra essere una delle realtà maggiormente colpite.
Secondo un’indagine effettuata dal CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa), solo in questo primo semestre del 2020 il settore ristorazione sta perdendo oltre 7 miliardi.
A fronte dei 10 miliardi incassati nel 2019, nel 2020 sono previsti introiti per soli 3 miliardi.
Il settore dei pubblici esercizi – bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, discoteche, pasticcerie, stabilimenti balneari – «con 30 miliardi di euro di perdite è in uno stato di crisi profonda con il serio rischio di veder chiudere definitivamente 50.000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro». (fonte: Fipe -Federazione Italiana Pubblici Esercizi)
Non c’è certezza del futuro ed è molto difficile fare delle previsioni. Infatti, nonostante siano state introdotte le prime misure cautelative previste per questo settore ma le complicazioni che esse comportano a livello organizzativo, così come l’incertezza e la preoccupazione di chi ha investito tempo e denaro nella propria attività rimangono. Sono molti gli imprenditori che stanno maturando l’idea di non riaprire l’attività. Purtroppo le misure a sostegno del comparto sono assolutamente insufficienti e non si vedono le condizioni di mercato che diano la possibilità di poter riaprire.
Data la gravità crescente di ciò che stiamo affrontando, sembra quindi sensato pensare che le conseguenze alle quali andremo incontro saranno gravi, anche se al momento non quantificabili.
Le imprese di ristorazione si trovano ad affrontare sono il pagamento degli stipendi dei dipendenti, il pagamento dei contributi e quello dei fornitori.
Sicuramente dovremo aspettarci dei radicali e tempestivi cambiamenti nelle abitudini dei gestori delle attività, ma anche dei consumatori.
Al momento fare pronostici è prematuro, ma sicuramente diversi segnali ci danno spunti di riflessione.
Dopo una fase iniziale di smarrimento e perplessità, tutto il mondo horeca si è attivato per cercare non solo di tamponare perdite che, seppur inquantificabili in un primo momento, si sono subito rivelate consistenti, ma anche per rimanere attivi e mantenere vivi i rapporti con i clienti.
Ecco quindi che chi sino ad allora si era mostrato scettico nei confronti del food delivery, ne ha colto un’opportunità, inserendolo come canale di business della propria attività.
C’è chi si è appoggiato a servizi esterni e chi ha invece optato per il “fai da te”, considerando il delivery come una possibilità per il proprio personale di proseguire con la propria attività.
Diciamolo, il delivery era l’unico palliativo per sostenere attività che altrimenti avrebbero avuto perdite ancor più significative di quelle verificatesi.
Adattare una cucina tradizionale al solo servizio a domicilio è una soluzione momentanea. Sarà efficace nel breve termine, ma difficile da sostenere. Infatti, se non ci saranno altre azioni che garantiscano il sostentamento economico, sarà davvero difficile poter sopravvivere.
Ci sono infatti molte realtà che hanno deciso di non avvalersi della possibilità di adottare questo servizio, vedendo nella riapertura limitata un dispendio economico non da poco, anziché come un’opportunità.
La preoccupazione principale riguarda l’incertezza della prospettiva futura.
Chi ha potuto e ha deciso di riaprire offrendo la consegna a domicilio lo ha fatto per lanciare un messaggio di fiducia alle persone; la socializzazione e la convivialità sono alla base del servizio ristorativo, che non si limita alla mera presentazione di un piatto gourmet e gustoso.
Ma questa “trasformazione obbligatoria” sta portando a dei guadagni che non sono affatto sufficienti a sostenere tutti i costi che lo stesso servizio comporta .
Se guardiamo al futuro i dubbi si infittiscono. L’eventuale riapertura anticipata dei ristoranti basterà? Riusciranno tutti i locali ad avere le metrature adatte? Avranno la possibilità di organizzare il proprio spazio in tempo, secondo le disposizioni che disporrà il governo? Ma soprattutto: siamo sicuri che il cliente finale sia disposto a cenare in un ristornate, con mascherina e tavoli distanziati? Un momento di relax e divertimento potrebbe per molti trasformarsi in una situazione di ansia.
Le opinioni sono discordanti, ma anche la situazione di ogni ristoratore, con la sua storia, portano a scelte diverse. Ma i numeri sono numeri e su quelli non si discute. Il futuro è incerto, ma di sicuro, per lo meno nel prossimo anno, cambierà il modo di fare ristorazione.
Gordon Ramsay, ritenuto il guru degli chef, riconosciuto a livello mondiale poco tempo fa ha dichiarato che non bisogna parlare di una riapertura dei ristoranti, bensì di un nuovo concetto di ristorazione.
Non solo consegna a domicilio, ma anche Ghost kitchen, ovvero cucine senza coperti, sale o servizi, che consegnano solo a domicilio.
Insomma, un’ottima alternativa al delivery.
Possiamo pensare alle Ghost Kitchen come a dei veri e propri laboratori, supportati da un brand. Le G.Kitchen si occupano della realizzazione di piatti anche gourmet, che vengono portati a casa del cliente.
Si tratta di strutture professionali a tutti gli effetti. Cambiano però il modello di business e le relazioni interpersonali con la clientela.
A differenza di una semplice consegna a domicilio, si può considerare una Ghost Kitchen come un vero e proprio investimento sulla qualità della propria cucina e sulla scelta delle materie prime, escludendo costi e molteplici problematiche che potrebbero presentarsi nella gestione di un ristorante “standard”.
Ecco quindi che verrebbe meno l’esigenza di adeguarsi alle norme per il distanziamento sociale, ai sistemi di igienizzazione e sanificazione, che comportano di fatto costi aggiuntivi per il ristorante.
Ma è anche vero che, nonostante i dati della richiesta di delivery e take away siano aumentati negli ultimi anni, per gli italiani uscire a mangiare non significa solo gustare ottimo cibo, ma anche godere di una buona compagnia a tavola.
È chiaro però che, qualunque forma si decida di adottare, la sicurezza la farà da padrone. E che ne sarà del servizio e della “coccola” che si aspetta un cliente? Cambieranno le loro abitudini?
Forse è giusto pensare a come l’uomo per sua natura si adatti alle diverse situazioni con il passare del tempo facendole sue; non sappiamo per quanto tempo tutto ciò condizionerà così tanto le nostre vite.
Il mio parere è quello che bisogna necessariamente rinnovarsi, trovare nuovi sistemi che sia il Delivery o che sia il Ghost Kitchen o altro. Credo, inoltre, che un’ottima strategia di Marketing e comunicazione sarà in questo caso fondamentale per tutti i ristoratori, al fine di mettere al centro le esigenze dell’ospite e non solo quelle dell’azienda.
Certo con tanto sacrificio, purtroppo, e con tanta “fantasia imprenditoriale” si dovrà, necessariamente, far ripartire un comparto che è sempre stato un fiore all’occhiello che ci contraddistingue in tutto il mondo.
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