Politica

Unione Europea e Italia: avvoltoi e patrioti

Sono convinto dell’importanza e persino della convenienza di fare parte dell’Unione europea. Ma sono altrettanto convinto che l’Europa esiste solo se l’accento cade sulla parola “unione”. I punti deboli di questa Europa li conosciamo bene. Primo fra tutti quello di avere unificato la moneta prima di aver pensato a come unificare il resto: la politica estera, la difesa e le politiche fiscali. Per questo l’Europa, quella sognata dai Padri fondatori, ancora non c’è e chissà se la vedremo mai.

Le iniziative che l’Unione adotterà, per sostenere i Paesi che come l’Italia soffriranno di più la crisi economica conseguente al Covid 19, saranno decisive. Secondo molti osservatori, infatti, questa crisi potrebbe essere il trampolino o la tomba dell’Unione.

I primi segnali non sono certo incoraggianti. Olanda e Germania hanno detto chiaramente che non vogliono i cosiddetti “Coronabond” che farebbero condividere a tutti i Paesi dell’Unione i rischi del debito contratto dall’Italia. Le reazioni, soprattutto sui social sono state durissime, con epiteti che, nei casi migliori, vanno da “egoisti” a “infami”. Qualcuno addirittura parla di “avvoltoi pronti a spartirsi la carcassa della nostra economia e a prendersi le nostre imprese migliori con un piatto di lenticchie”. E’davvero così?

Premesso che il Governo ha già adottato gli strumenti necessari a proteggere i nostri asset strategici, vediamo di capire meglio come stanno le cose. Ogni Paese aderente, proprio per quel peccato originale che caratterizza l’Unione, al quale accennavo in apertura, tira l’acqua al proprio mulino. Non possiamo quindi meravigliarci se coloro che hanno da sempre una migliore capacità produttiva e i conti in ordine, le brave “formichine”, non se la sentono di condividere il rischio del debito dei “cicaloni” mediterranei. Possiamo biasimarli? Certo che sì, ma i fatti ci danno torto. E i fatti, quando si parla di economia, sono decisivi.

Proviamo per un attimo a guardarci con gli occhi dei tedeschi: abbiamo sperperato miliardi di contributi europei in opere inutili o dal costo amplificato da inefficienze e corruzione. Siamo oggettivamente tra i Paesi con la più bassa produttività, la peggiore managerialità pubblica, la corruzione dilagante, la minore capacità riformatrice e la più alta evasione fiscale. Per non parlare della stabilità politica. Potremmo proseguire, ma ci fermiamo per quell’amore patrio che in molti, grazie al virus, stanno riscoprendo e sul quale torneremo dopo.

Al posto loro, ve la sentireste di assumere il rischio di garantire il debito italiano? Perché mai i paesi europei più virtuosi dovrebbero farsi carico degli italiani? Per affetto, simpatia, riconoscenza o cosa?
In tempi di crisi economica, la solidarietà passa rapidamente di moda. Anche noi “Italiani brava gente” ad esempio, non vogliamo più aiutare i tanti migranti disperati che arrivano sulle nostre coste. A dirla tutta, persino gli italiani delle ricche Regioni del nord est, non vogliono più condividere nemmeno una piccola parte del loro benessere con i “fannulloni” del sud. Per questo votano in massa la Lega che, guarda caso, è quella che aizza di più gli italiani contro gli egoisti tedeschi e olandesi. Fuori dall’Europa! E il loro slogan politico. Come se il nostro problema fosse davvero l’Europa.

La possibilità di trattare con gli altri Stati europei, con forza e con pari dignità, dipende molto dalla nostra capacità di dimostrare di essere una Nazione unita e solidale, capace di riorganizzarsi per ripartire e soprattutto desiderosa di cambiare rotta. E torniamo allora all’argomento, prima accennato, del riscoperto patriottismo degli italiani. Quanti video abbiamo visto sui social in questi giorni che ci hanno commossi e fatti sentire uniti ed orgogliosi di essere italiani? Bellissimi e coinvolgenti! Emozionanti, come l’iniziativa, coordinata da tutte le emittenti radiofoniche italiane, di cantare in contemporanea e tutti insieme l’inno di Mameli. Un senso di unità e di appartenenza che nemmeno la vittoria dei mondiali di calcio ha scatenato.
Bene, un buon punto di partenza, ma non basta per essere certi di cambiare rotta.

Facciamoci una domanda e diamoci una risposta in coscienza: siamo stati patrioti finora? Abbiamo rispettato questo Paese, la sua natura, le sue risorse, le sue leggi e le sue istituzioni? Ognuno di noi, se non mente a sé stesso, sa che la risposta non può essere affermativa, quantomeno non del tutto.

I patrioti amano il loro Paese fino al sacrificio supremo. Ma oggi, per fortuna, nessuno ci chiede questo. Per essere patrioti, qui ed ora, basta poco: rispettare le leggi, non cercare scorciatoie, favoritismi o vantaggi immeritati, fare il proprio dovere con lealtà nel lavoro o a scuola, rispettare l’ambiente e le piccole regole, come quella di non occupare i posti riservati ai disabili. E pagare le tasse. Cose semplici e banali, da persone perbene. Cose da patrioti, appunto.

Francesco Febbraro

Architetto, con lunga esperienza di direzione di Dipartimenti e Municipi di Roma Capitale. Per anni docente universitario a Valle Giulia, autore di pubblicazioni sullo sviluppo urbano tra cui "Codilex Urbanistica" "Vademecum edilizio" e "La macchina inceppata" sull'organizzazione degli uffici pubblici. Scrive di attualità e politica.

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