Unione o Disunione Europea? A dirlo capitalismo e banche non radici culturali
Una Unione Europea priva di unione politica e basata esclusivamente su una unione monetaria deve sottostare necessariamente al potere di banche e economia capitalistica
La recente risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre scorso, unitamente alla questione Brexit, risveglia, ancora una volta, gli animi di chi vede nell’Unione Europea uno strumento della politica capitalistica e pensa a nuovi motivi che giustifichino una definitiva chiusura del discorso europeo ritornando ai sovranismi nazionali. La citata risoluzione apparentemente offrirebbe encomiabili motivi consistenti nella equiparazione di dittature e regimi totalitari di destra e di sinistra tanto che ammette che l'integrazione Europea è stata una risposta al nazismo e all'espansione dei regimi comunisti totalitari antidemocratici nell'Europa centrale e orientale. Da qui, però, ci si chiede il perché questa equiparazione sia giunta in questo momento storico se l’idea di Europa Unita nasce come risposta ad un regime sovietico che non esiste più. Una risposta a questo interrogativo è legata all’affermazione dell’idea, di una parte dell’intellighenzia che si oppone all’UE, secondo la quale lo scopo è quello di garantire una affermazione ulteriore del capitalismo occidentale identificato ideologicamente con la forma di governo della democrazia.
Secondo questa teoria si cerca, sempre più, di affermare una politica liberale che garantisca una economia liberista bollando come malsana ogni idea che si allontani da questi binari, in primis ogni idea socialista che, in quanto tale, possa opporre un controllo, sia pur minimo, all’economia di mercato e all’obiettivo della privatizzazione. Solo per questi motivi assistiamo a una Europa che non ha senso di esistere e che, nella sua struttura va dissolta, tanto più che non vediamo una Europa unita anche dal punto di vista politico bensì solo monetario a riprova che l’aspetto economico è l’unico che interessa a quella classe dominante che è madre di una Unione Europea che altro non è che disunione. Indubbiamente la nascita di una opinione pubblica, che si riflette nell’affermazione di movimenti secondo i quali è necessario recuperare le sovranità nazionali sinora perdute, indica che si sta riflettendo sulle connotazione di una Europa che sembra avere come obiettivo quello di ristrutturare i sistemi democratici rivisitando il significato e il valore di quei diritti sociali per i quali si sono combattute battaglie nel secolo scorso; i lavoratori sembrano non essere più tutelati e lo stesso mercato del lavoro, in continuo movimento come un mare magnum, appare basato anziché su una stabilità e una sicurezza, che sembravano finalmente acquisiti, su una precarietà istituzionalizzata per legge.
È inevitabile, pertanto, pensare ad una EU sempre più strumento di un capitalismo la lotta nei cui confronti diviene, inevitabilmente, lotta nei confronti della stessa Unione Europea; un sistema Europa, quindi, in cui l’euro, in assenza di una unione politica reale, è divenuto metodo di governo a dispetto delle sovranità nazionali, a tutto svantaggio del popolo al quale vengono continuamente chiesti sacrifici , sempre di natura economica, e a tutto vantaggio delle banche che in nome di una crisi mai svanita riescono, per mezzo della politica, a dissolvere ogni ostacolo rappresentato da valori morali, etici, religiosi, eccetera che siano in grado di frenare o quanto meno di limitare un capitalismo che sembra essere, ora più che mai, l’unico linguaggio e l’unico motore.
Il capitalismo, come il pensiero di Hegel ci mostra chiaramente, è un sistema che si avvita continuamente in nuove crisi e dalle quali trova linfa vitale per alimentarsi e crescere sulle sue contraddizioni – legate al fatto che esso si esprime e sostanzia attraverso soggettività diverse, tra loro slegate, che si incontrano e allontanano continuamente in quanto si sostanziano in una rete di contatti, rapporti e contratti; da un lato le banche che possiedono il denaro, dall’altro la produzione, dall’altro i sistemi economici nazionali, dall’altro ancora lo Stato e così via – che avendo come dogma quello della crescita illimitata; un dogma che è diventato il credo di una economia mondiale che non tiene conto della circostanza che vivere su un pianeta a risorse limitate e nutrire tali dogmi è un’illusione fantastica e pericolosa che rischia di distruggere il pianeta. Il sistema capitalistico è, indubbiamente, una visione del mondo divenuta globale, una visione del mondo improntata sull’idea di un progresso infinito per raggiungere il quale si giunge anche a ridurre la sfera del diritto pubblico a quella del diritto privato
Ancora una volta è inevitabile notare l’estrema attualità del pensiero di Hegel il quale in merito alla ricchezza circolante non solo sostiene che essa si distribuisce in maniera disuguale affermando che “nella stessa proporzione in cui si accresce la ricchezza, si accresce pure la miseria” ma, inoltre, si parla di un’economia caratterizzata dall’elevatissima concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e dal conseguente crearsi di una immensa massa di lavoratori poveri o disoccupati. Addirittura Hegel afferma che l’estrema povertà rende lecito anche il furto ai fini della propria sopravvivenza tanto che “tale azione è illegale, ma sarebbe ingiusto considerarla come un furto comune. Sì, l’uomo ha diritto a tale azione illegale”; per questi motivi secondo Marx bisogna tendere all’emancipazione dell’individuo dalle catene dell’economia.
Intanto in questa Unione Europea, in cui non esiste una politica europea ma solo una moneta e una Banca Centrale, lo scenario che si delinea è sempre più quello di una violenza economica perpetrata a danno dei cittadini vessati continuamente; ritorna, quindi, ancora una volta attuale il pensiero di Hegel secondo il quale il denaro e le banche appaiono come strutture portanti non solo della vita economica ma anche della vita politica delle nazioni; poiché gli Stati hanno bisogno di denaro essi dipendono dalla sua circolazione e dalle banche. In più ogni qualvolta si verifica una crisi per evitare il collasso dovrà intervenire un soggetto terzo rispetto ai soggetti che hanno prodotto la crisi ovvero lo Stato e la politica; per questo motivo il capitalismo ha bisogno dello stato che, in un modo o nell’altro, possa porre delle regole certe per tentare di governare meccanismi e crisi.
Per concludere è indicativo citare Winston Churchill il quale sosteneva che “Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico. Il capitalismo è un'ingiusta ripartizione della ricchezza. Il comunismo è una giusta distribuzione della miseria.”