“Uniti ce la faremo” e “Andrà tutto bene”, in questi due mesi di clausura forzosa, siamo stati accompagnati da questi due slogan.
Ma l’impressione è che quegli slogan dovremmo gridarli noi a quelli che, mentre ci esortano, all’unità quasi patriottica, si abbandonano alla reciproca denigrazione.
Parlo di coloro che, almeno sulla carta, dovrebbero essere i nostri salvatori.
Perché siamo in una di quelle circostanze, fortunatamente rare, in cui il richiamo all’unità è decisivo, sostanziale e non formale.
Sull’unità del Parlamento e di chi ci governa, siamo tenuti, per ora, a sorvolare, perché i conti – speriamo non sia una resa dei conti – si faranno alla fine.
Ma sull’unità d’intenti di scienziati, ricercatori ed esperti abbiamo molto da dire e vogliamo dirlo adesso.
In questi ultimi anni, la scienza e soprattutto la medicina hanno fatto straordinari passi in avanti.
Questi successi sono dovuti al superamento, speriamo definitivo, del riserbo egocentrico che induceva i ricercatori a rendere “top secret” i risultati dei loro studi.
L’obiettivo era arrivare, “soli alla meta”, allo scoop finale che determina il successo del ricercatore e del suo gruppo di lavoro, premiati di solito con riconoscimenti e grandi guadagni.
Non a caso l’umanità guardò con stupore e ammirazione ad Albert Sabin, che alla fine degli anni ’50, dopo aver scoperto il vaccino per la poliomielite, non volle brevettarlo.
La sua intenzione era che tutte le case farmaceutiche potessero produrlo a un prezzo basso, molto basso per un vaccino di quella importanza.
Fu il suo “regalo ai bambini del mondo”, come scrisse nel suo testamento.
Oggi, fortunatamente, per moltissimi ambiti della ricerca scientifica e medica, quella gelosia individuale è venuta meno e dovrebbe essere più facile che si realizzi lo slogan “Uniti ce la faremo”.
Le conoscenze e le esperienze si “condividono” e si “mettono in rete” e ognuno, mentre contribuisce con il suo mattoncino, dispone delle migliaia di mattoncini degli altri, per costruire o demolire tesi.
Ipotesi e verifiche sperimentali, che li possono mettere in condizione di realizzare quello straordinario e meraviglioso castello di conoscenze che fa progredire la scienza e l’Umanità.
Multidisciplinarità e interconnessione sono la parola magica della conoscenza contemporanea.
In questa battaglia contro il Covid 19, assistiamo invece allo sgradevole, e per le circostanze in cui avviene anche pericoloso, spettacolo di vergognosi attacchi denigratori tra uomini di scienza, che invece dovrebbero essere alleati, uniti, condividendo e moltiplicando la conoscenza.
Attacchi insensati da parte di persone – quasi mai personalità – alle quali le circostanze hanno offerto una ribalta insperata e che non hanno il pudore di fermarsi nemmeno davanti alle massime eccellenze della scienza.
Oltre all’indubbia capacità scientifica e all’esperienza maturata sul campo di grandi battaglie vinte, possono vantare l’onore della loro libertà di pensiero, mai in vendita, né per danaro né per ruoli di potere.
Uno spettacolo che non avremmo voluto vedere e che ci impedisce di esplorare come sarebbe necessario, cure e metodi che potrebbero essere risolutivi.
Per fare un esempio, voglio citare l’esperienza, drammatica ma a lieto fine, di Sergio Maccarinelli, di Treviglio, che si è trovato ad assistere suo fratello Cesare.
Cesare si è ammalato a Bergamo i primi di marzo ed è stato curato inizialmente a casa. Il rapido aggravamento delle condizioni, hanno portato Cesare al ricovero in ospedale; a Lecco, perché a Bergamo non c’era più posto.
Hanno provato di tutto: il Tocilizumab, l’Anakirna e gli antimalarici e i retrovirali presenti nei protocolli di cura. Nulla da fare, a fine marzo Cesare era quasi in punto di morte.
Per fortuna Sergio, che ha lavorato molti anni all’estero, anche nella gestione degli aiuti umanitari, si è ricordato dell’Ozonoterapia, che aveva conosciuto per caso nella sua attività estera.
Ha dovuto insistere per poterla far praticare al fratello, procurandosi egli stesso l’attrezzatura. Il medico dell’ospedale, inizialmente refrattario, accettò di seguire la terapia delle autoemoinfusioni, arricchite di ozono, come tentativo compassionevole per un paziente, sono parole del medico “intubato e morente”.
Con grande stupore dei sanitari in pochi giorni Cesare iniziò a migliorare fino a guarire del tutto e dopo solo 9 giorni di ozonoterapia, venne risvegliato ed estubato.
Ancora debole e bisognoso di cure fisioterapiche, essendo riemerso dal baratro, ma i suoi miglioramenti sono stati definiti “impressionanti”.
Il prof. Franzini, presidente di SIOOT International, sostiene, sulla base delle esperienze maturate, che se si fosse intervenuti ai primi sintomi, probabilmente il paziente non avrebbe avuto bisogno d’essere intubato, con notevole risparmio di sofferenze e costi sanitari.
L’On. Claudio Pedrazzini, il primo Deputato che sia risultato positivo al Covid-19, dal quale è poi guarito, ha chiesto al Governo di far utilizzare anche l’ossigeno-ozono terapia in tutti gli ospedali italiani.
Egli è guarito grazie ad essa e quindi ritiene doveroso suggerirla come metodo da praticare. Si tratta di uno strumento terapeutico utilizzato già da molti anni in Italia e riconosciuto, sulla base delle esperienze sviluppate in molti ospedali, come un ottimo antivirale.
Se applicata con tempestività, seguendo i giusti protocolli medici la terapia può contrastare con efficacia gli effetti gravi scatenati dal virus.
Qualcuno si è messo in contatto con gli ospedali che la praticano per conoscere i risultati sui malati di Covid 19?
Qualcuno sta scandagliando l’attendibilità e l’efficacia di questa ed altre terapie o di altre proposte che potrebbero farci risparmiare vite e danaro pubblico?
L’utilizzo della Ozonoterapia è solo una delle tante possibilità che il progresso delle scienze ci mette a disposizione.
Teorie mediche e scientifiche, non di sprovveduti qualunque, ma di eccellenze della medicina e della scienza, prospettano la necessità di considerare l’eventualità di un possibile errore diagnostico dovuto alla novità del virus e a considerare ipotesi di cura diverse.
Premi Nobel arricchiscono le ipotesi di strumenti di cura, unendo alla conoscenza molecolare l’avanguardia tecnologica delle onde elettromagnetiche; medici in trincea, che si sono fatti un’abbondante e dolorosa idea di come “si muove” questo virus, raccontano le loro esperienze, valutazioni e conclusioni.
Ma a chi? Inascoltati dal Governo e ignorati dalle VirusStar, che occupano le televisioni, essi riversano il loro sapere sul web, affidando a tutti noi, bombardati da informazioni di ogni tipo, l’onere di capire e di giudicare. Ma non bisognava essere Uniti per farcela?
Altro che uniti. Allo spettacolo della propaganda politica si è aggiunto quello della propaganda scientifica.
Gli “esperti” di Corte, dimenticando l’importanza della condivisione, la fanno da padrone e tacitano, col loro potere mediatico, chi si permette di dubitare o di indicare soluzioni diverse da quelle che essi ritengono valide, ma che nessuno sa ancora quali siano, visti i modesti risultati.
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