Herbert Schuch, considerato uno dei più interessanti pianisti della sua generazione, suona musiche di György Ligeti e Ludwig van Beethoven per i concerti della IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti, martedì 9 aprile alle 20.30 nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza”.
Nato in Romania da famiglia tedesca e trasferitosi giovanissimo in Germania, Herbert Schuch è molto legato all’Italia, perché è stata la vittoria del Concorso “Casagrande” di Terni – noto per aver scoperto alcuni dei migliori pianisti di oggi – ad averlo lanciato in campo internazionale.
Poco dopo è stata la IUC la prima a farlo conoscere al pubblico romano. Da allora è apparso sulle principali scene musicali, tra cui Festival di Salisburgo, Ruhr Piano Festival, Philharmonie di Berlino, Elbphilharmonie di Amburgo e Kennedy Center di Washington, con importanti orchestre come le Filarmoniche di Londra, Monaco di Baviera e Dresda, la NHK di Tokyo.
Le orchestre radiofoniche di Copenhagen, Torino, Berlino, Colonia e Lipsia e l’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, con grandi direttori quali Pierre Boulez, Valery Gergiev e Yannick Nézet-Seguin, per non citarne che alcuni.
Nel 2013 ha vinto l’Echo Klassik, il più importante premio discografico tedesco di quegli anni, con un cd che comprendeva il Concerto n. 3 di Beethoven, il suo autore preferito: ha infatti studiato con Alfred Brendel, uno dei più grandi interpreti di Beethoven della nostra epoca, e si è aggiudicato il Concorso Beethoven a Vienna.
A Beethoven è dedicato anche questo suo concerto, che ha una particolarità: non per caso Schuch si è imposto fra i musicisti più interessanti della sua generazione anche per i suoi programmi concepiti in maniera sorprendente.
Nella prima parte infatti suonerà le undici Bagatelle op. 119 di Beethoven, alternandole agli undici brani di Musica ricercata di Ligeti. Il titolo di Beethoven si riferisce alle piccolissime dimensioni di quei suoi pezzi, non certamente al loro valore, perché la brevità è la conseguenza dell’estrema concentrazione, per cui in uno o due minuti è condensata una grande ricchezza di idee: sono tra le opere più straordinarie dell’estrema maturità di Beethoven e tra le ultime sue composizioni per il pianoforte.
Ligeti compose Musica ricercata nel 1952-1953 ma la tenne segreta fino al 1969, quando la fece eseguire per la prima volta in pubblico. Alla base di questi undici pezzi, anch’essi brevi come quelli di Beethoven, sta un principio molto semplice: il primo usa solo due note, il secondo tre e così via, fino all’undicesimo pezzo che usa tutte le dodici note del totale cromatico.
È una difficile sfida che Ligeti pone a se stesso, superandola brillantemente con la varietà ritmica, con la capacità di creare melodie con poche note (come la musica popolare della sua Ungheria), con il coraggio di reiterare brevi moduli melodici, creando effetti che precorrono il loop. In tal modo Ligeti riesce a dare ad ogni pezzo una sua atmosfera molto particolare, come nel caso del secondo, solenne e quasi morboso, che Stanley Kubrick utilizzò in Eyes wide shut.
La seconda parte è più “normale”, con due tra le più grandi opere pianistiche di Beethoven, la Sonata n. 6 in fa maggiore op. 10 n. 2 e la Sonata n. 21 in do maggiore op. 53 nota come “Waldstein” o anche come “Aurora”. La prima è limpida, elegante e anche umoristica, mentre la seconda è un punto culminante del secondo periodo di Beethoven ed è caratterizzato dall’energia, dalla tensione e dalla drammaticità, tanto che fu definita “una Eroica per pianoforte”, paragonandola così alla Terza Sinfonia dello stesso Beethoven.
Aula Magna dell'Università La Sapienza
Città Universitaria – Palazzo del Rettorato
Piazzale Aldo Moro 5, Roma
Martedì 9 aprile 2019. ore 20.30
Herbert Schuch pianoforte
Ligeti Musica ricercata
Beethoven 11 Bagatelle op. 119
Sonata n. 6 in fa maggiore op. 10 n. 2
Sonata n. 21 in do maggiore op. 53 “Waldstein”
Ufficio Stampa dell'Istituzione Universitaria dei Concerti:
Mauro Mariani
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