Il 25 maggio la città di Valmontone celebra la sua "Giornata della Memoria", in ricordo dei bombardamenti che subì tra l'ottobre 1944 e il maggio 1945, che provocarono la distruzione degli edifici e monumenti del centro storico e la perdita di circa 157 vite umane. Sono passati 73 anni. Questo il programma della cerimonia.
Ore 10.30 Raduno Scalinata delle Vittime Civili di Guerra;
Saluti delle autorità; deposizione della corona; lettura di brani e poesie e dei nomi delle vittime.
Momento di preghiera e di riflessione.
Ore17.00 Via Genazzano (rotatoria)
Installazione della Statua "Donna con la conca e il bambino" del maestro Piero Casentini.
Parteciperanno alla celebrazione le Scuole, le Associazioni: Vittime Civili di Guerra, Insieme nell'Arte, Gino Fiacchi, Amici del Teatro, Banda Musicale "Prof. Otello Francesconi" e il Centro Sociale Anziani.
Un testimone di quei terribili giorni e momenti di guerra, ha rievocato per noi alcuni ricordi generici, più o meno nitidi, della vita in quelle tragiche condizioni. Ne riportiamo qualche passo:
"Nel paese non girava nessuno quando sentivamo l'apparecchio volare su Valmontone; la sera di solito non bombardavano molto, ma c'era un aereo che si alzava di notte e fu battezzato con il nome 'la Vedova nera'. Da Artena fino a Giulianello, lungo la strada si incontrava ad ogni metro un mezzo militare tedesco bruciato: un carro armato, un camion, una motocicletta, gli americani massacravano i tedeschi (che cercavano di raggiungere Anzio per rifornire i soldati) con le bombe sganciate dall'alto, anche per la strada che non permetteva di rifugiarsi, di fuggire dai caccia americani.
Dopo l'armistizio le forze tedesche occuparono Valmontone e iniziarono i primi bombardamenti americani. Il primo avvenne verso l'autunno, sganciarono 4 bombe. Una finì dove oggi vi è il parcheggio della stazione dei treni, allora vi erano le stalle, dove i boattieri tenevano i buoi; un'altra bomba cadde sotto il muraglione della Passeggiata; un'altra ancora andò a finire su Corso Garibaldi, senza esplodere, e fu coperta con balle di paglia: esplose la notte, era a scoppio ritardato.
La popolazione locale era quasi tutta andata via, chi per le campagne, nei paesi limitrofi o nella Capitale, da parenti o amici. Durante tutto il 1944 fino a quando non sfondarono Cassino e i tedeschi non fuggirono, gli americani tutti i giorni bombardavano, se non era Valmontone, era Fontana Nuova, o lungo tutta la Casilina.
I tedeschi tenevano un deposito di munizioni all'aperto, in direzione di Palestrina, a 200 metri circa dal Centro anziani; verso l'imbrunire prendevano le persone per caricare le casse di munizioni sui camion, portandole fino a Cassino, tornando poi a Valmontone; lo facevano di sera poiché era difficile che gli aerei giravano la sera.
Stavamo al primo piano del Palazzo Doria, dove era relativamente sicuro stare; ai piani superiori non si poteva, le strutture erano crollate. Prima dei bombardamenti eravamo 9 – 10 famiglie, poi sono diventate 120 le famiglie che occupavano i cameroni del Palazzo. Le case erano diroccate, era pericoloso abitarvi. Da Bieli c'era una scaletta dove scendendo si raggiungevano i rifugi. Ognuno si arrangiava come poteva; mangiavamo la crusca, la farina, la polenta, il sale scarseggiava, era diventato prezioso.
Il maresciallo dei carabinieri, prima di lasciare Valmontone, consegnò le armi dei militari, i moschetti, le pistole, tutto l'armamentario all'ingegner Baiocchini, che era l'amministratore del Principe Doria; noi le abbiamo lubrificate e messe all'interno di casse di legno che poi nascondemmo nei sotterranei, e quando i carabinieri rientrarono gliele ridammo.
Quando gli americani entrarono a Roma, la Casilina era piena di mezzi, carri armati, camion. Eravamo a Roma. Sentivamo la radio dire: 'Aspri combattimenti a Valmontone', e volevamo tornare per vedere come era ridotto il nostro paese.
Se dovevi raggiungere Roma, i bus, i treni non c'erano come oggi, andavi ai Portici e fermavi qualche mezzo militare tedesco, e ti facevano salire senza problemi sui camion; gli americani, essendo alleati, pensavamo che ci portassero lo stesso senza difficoltà, invece, lungo la via Casilina, mentre ci avviammo a piedi, da Roma verso Valmontone, nessun camion americano ci fece salire a bordo; incontrammo francesi, indiani, americani, tutte le nazionalità degli alleati, e corpi di soldati tedeschi sulla strada, cavalli morti, mezzi bruciati, stesse immagini di morte che si ripetevano lungo il percorso.
Così facemmo il tragitto a piedi, arrivammo a Valmontone la notte. La Valle era rasa al suolo, tutta macerie e polvere, dopo 8 giorni di cannoneggiamenti. Attraverso Porta Romana non si poteva salire, era tutta demolita. Salimmo lungo la via Nuova pian piano".
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