Valmontone e le colonìe: alcune abbandonate e in rovina. Il caso della Sig.ra Sanzotta
La signora Sanzotta si ritrova senza casa, non può sistemarla e non può neanche venderla. La sua libertà e la sua vita sono ostaggio di altri
Ancora oggi in Italia esistono le colonìe, istituzioni che trovano radici nel diritto romano, diffusissime sul territorio e adottate da enti laici e religiosi per regolare i rapporti tra proprietario di beni immobili e colui che lo ha in concessione.
Breve storia della casa della Sig.ra Sanzotta
Siamo a Valmontone, uno dei comuni del Lazio dove le colonìe sono ancora molto praticate. Nel racconto di cui parliamo il proprietario è la chiesa, nell’espressione giuridica dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero (IDSC) di Velletri. Il colono, invece, è il concessionario di un bene che ha completamente abbandonato e che abita fuori regione. Purtroppo, questo bene immobile confina con la casa della signora Stefania Sanzotta che abita lì insieme alla sua famiglia e 10 anni fa uno dei tetti dell’immobile abbandonato, addossato ad una parete confinante alla casa della sig.ra, cede all’incuria e la pioggia provoca copiose infiltrazioni nel muro confinante del salotto e della camera da letto.
Già precedentemente a quegli eventi la stessa aveva fatto presente al colono la necessità di fare dei lavori sul tetto in comune e sulla struttura della casa che presentava crepe, ma egli non ha mai seriamente risposto e infine si nega. Così la signora si rivolge all’ISDC di Velletri perché si possa insieme fare fronte comune e costringere il colono a prendersi cura dell’immobile in modo che non crei più danni e perché ella possa ripristinare quanto meno la salubrità dei muri impregnati d’acqua.
L’IDSC di Velletri lascia tutto com’è
Inizialmente l’IDSC di Velletri, che di questo bene e di questo colono non ha contezza fino a quel momento, si dimostra disponibile. Seguono sopralluoghi, rassicurazioni, incontri ma mai veramente niente viene fatto. L’IDSC di Velletri si trincera dietro la falsa motivazione che essendo “solo” direttario, non ne ha il possesso. Però, nel caso in cui un colono provochi danni ad altri e non si assuma le proprie responsabilità, il proprietario-direttario dietro richiesta del confinante danneggiato dovrebbe intervenire.
Inoltre l’IDSC di Velletri potrebbe nel frattempo chiedere al tribunale di riavere il bene indietro perché il colono lo ha completamente abbandonato, divenendo negli anni sempre più pericoloso e pericolante. Invece l’IDSC di Velletri lascia tutto com’è. Non chiede il canone per il suo bene, non chiede che il bene gli sia restituito, lascia che il bene deperisca sempre più.
Tentativi di appropriazione da parte di terzi
Per di più negli anni è stato oggetto di tentativi di appropriazione da parte di terzi, estranei che sostenevano di averne diritto, che hanno tentato di costruire manufatti per detenere illegalmente animali da cortile, approfittando dello stato di abbandono. La signora, che a questo punto fa anche la guardiana, si è vista costretta a fare denunce per abuso edilizio e per maltrattamento di animali al comune e alla Asl.
Il tetto in questione crolla, le crepe aumentano di spessore (vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere in caso di terremoto) e quel che è peggio lascia la signora Sanzotta nella muffa che intanto si è formata sui muri del salotto e della camera da letto, e sappiamo quanto la muffa in casa sia dannosa.
La malcapitata non ha la minima possibilità di fare alcun lavoro di ripristino e ristrutturazione perché, se il confinante e/o L’IDSC di Velletri non mettono fine a ciò che ha provocato il danno ogni azione sarebbe un inutile spreco di denaro e lavoro. A nulla sono valsi i solleciti, l’intervento della ASL e dei VVFF. L’IDSC di Velletri si accoda alla noncuranza del colono. A nessuno di loro importa dove vive la signora e in che condizioni. Così nel 2018 si rivolge ad un avvocato e chiede al Tribunale di intervenire con carattere di urgenza (ricordiamo sempre che la famiglia della signora Sanzotta vive con le pareti di due stanze ricoperte di muffa).
Il colono e l’IDSC di Velletri fanno orecchie da mercante
Sempre il Tribunale, attraverso la nomina di un perito, accerta lo stato dei luoghi, indica l’origine dei danni, la quantità e la qualità degli interventi da effettuare per risolvere la questione. Ma niente si muove. Il colono e l’IDSC di Velletri fanno orecchie da mercante, tanto non vivono e dormono in case piene di muffa. Se fosse capitata una cosa così a qualcuno dell’IDSC di Velletri si sarebbero smosse le montagne per risolvere la cosa ma lei è un comune cittadino vittima della “noncuranza e menefreghismo” del colono e dell’IDSC stesso.
Ha così deciso di fare causa al colono, che neanche si costituisce in giudizio, e all’ISDC di Velletri. Alle due noncuranze precedenti se ne aggiunge una terza, quella del Tribunale di Velletri che temporeggia, tituba, indugia, tentenna e prende tempo pur avendo tutti gli elementi per valutare e decidere. Tramuta persino il rito urgente in ordinario, ha bisogno ancora di tempo. Non è sufficiente la sola e ormai proverbiale lentezza dei tempi della giustizia, che in questa storia si manifesta appieno. Nessuno ha fretta di decidere. A nessuno di loro importa del tempo trascorso nel disagio più profondo dalla signora e dalla sua famiglia. Tempo che trascorre inesorabilmente e rovinosamente sui danni e l’umidità.
Cornuti e mazziati
In questi anni ci sono anche stati tentativi di accordo tra la sig.ra e l’IDSC di Velletri, falliti perché quest’ultima non vuole fare nulla per rientrare in possesso del bene, anzi vorrebbe che la signora pagasse una cifra, stabilita da loro e alle loro condizioni, perché essa stessa faccia ciò che dovrebbero fare loro, intentare la causa per rientrare in possesso del bene. Se non fosse che il colono potrebbe, in qualunque momento, riscattare l’immobile, lasciando la signora con un pugno di mosche in mano. Insomma, non solo la signora andrebbe risarcita materialmente e moralmente da qualcuno che riconosca le proprie responsabilità, ma l’IDSC vuole da lei anche dei soldi per venderle una cosa immateriale, il diritto di fare causa al colono. Vi ricordate Totò che voleva vendere la fontana di Trevi al malcapitato di turno?
La sig.ra Sanzotta alla fine ha dovuto lasciare la propria casa
Nel frattempo, tra un indugio e l’altro la sig.ra ha dovuto lasciare la propria casa. Non se la sentiva più di viverci e di farci vivere la sua famiglia. Chissà negli anni vivere nella muffa quale danno alla salute avrà provocato, per non parlare del danno economico. La signora si ritrova senza casa, non può sistemarla e non può neanche venderla. La sua libertà e la sua vita sono ostaggio di altri. In questi casi che cosa deve fare un cittadino dopo dieci anni di manifesta ingiustizia e che ha riposto la propria fiducia nelle istituzioni, nonostante queste non lo abbiano tutelato?
Viene naturale pensare che i tutelati sono il colono e l’IDSC di Velletri che finora hanno dormito sonni tranquillissimi, pur avendo abbandonato immobili che creano danni e di cui non vogliono occuparsi. Eppure, basterebbe poco alla soluzione. Più coraggio (o decisionismo) del Tribunale, più spirito cristiano (o meno bramosia) dell’IDSC e meno menefreghismo del colono e tutto sarebbe semplice. Mentre qui nessuno vuole fare niente e la signora e la sua famiglia sono senza casa. Ecco qui la ricetta perfetta di un disastro annunciato.