Cultura

Valmontone, inaugurata “Una primavera di libri” a Palazzo Doria

Con Alessandra Necci, storica e biografa è stata inaugurata nella splendida “Stanza dell’Aria” di Palazzo Doria Pamphilj, la cui Volta è stata affrescata da Mattia Preti nella primavera del 1661, la rassegna letteraria “Una primavera di libri”, curata e presentata da Mariagloria Fontana, giornalista e scrittrice, con la collaborazione di Federico Zamboni, anch’egli giornalista e scrittore. Il Comune di Valmontone e l’Assessore alla Cultura Matteo Leone, hanno ormai da tempo realizzato una svolta decisa verso iniziative di grande valore e richiamo, affidandosi a personalità autorevoli che stanno rendendo vivace come mai, la vita culturale della città. Arte, Letteratura, Cinema, Storia e anche una serie di appuntamenti legati alle più interessanti realtà vinicole del territorio e che hanno coinvolto tutte le attività ristorative valmontonesi e che senza soluzione di continuità promuovono ogni settimana l’enogastronomia locale.

Una spinta costante che non può non dare risultati concreti e per conseguenza la partecipazione, ogni volta, di cittadini e turisti. Naturalmente il palcoscenico dove spesso si svolgono questi appuntamenti è di forte attrattiva: Palazzo Doria Pamphilj, per buona parte restaurato, accoglie chiunque in ambienti principeschi e a breve inizieranno nuovi lavori di ristrutturazione per un’altra ala dell’edificio.

Tornando a “Una primavera di libri”, il primo appuntamento, sabato scorso 27 Aprile, ha visto la storica Alessandra Necci, presentare la biografia “Isabella e Lucrezia, le due cognate”, il suo libro dedicato a Isabella D’Este e Lucrezia Borgia.

Ad aprire la conversazione è stata Mariagloria Fontana, che ha iniziato a fissare le linee guida del testo e ha subito richiamato l’attenzione sulla particolarità di due donne che riuscirono a farsi valere in un mondo dalla fortissima impronta patriarcale. L’autrice, a sua volta, ha prima introdotto il periodo storico e i luoghi in cui si svolgono le vicende delle due cognate. Diversissime per formazione e per carattere, Isabella d’Este era votata al comando e determinata a soddisfare le proprie ambizioni personali, riuscendovi benissimo grazie a un acume straordinario e a una ferrea auto disciplina . Lucrezia Borgia, invece, era molto più interessata ai rapporti umani. Tuttavia, per secoli e secoli, finì risucchiata nella vulgata che demonizzava i Borgia, dipingendo anche lei come un concentrato di lascivia e di spietatezza criminale.

Un ritratto a tinte fosche che Alessandra Necci ha smentito, accendendo una luce di verità  e chiarendo che non si trattò né di una mangiatrice di uomini, né di una avvelenatrice seriale. Ma di una donna che, pur appartenendo a una casata disposta a tutto allo scopo di accrescere il proprio potere, si ritagliò un percorso suo proprio nel quale manifestò non solo intelligenza e doti di saggia amministratrice, ma addirittura slanci caritatevoli .  Sia pure tardivamente, la rivalutazione è finalmente arrivata e infatti quest’anno sono previste, in diversi Paesi europei, varie iniziative che la ricordano a 500 anni dalla morte, avvenuta appunto nel 1519.

La Necci ha pure definito quell’epoca, il Rinascimento (1300-1600), sicuramente un periodo storico, artistico e culturale di straordinaria vitalità e ricchezza ma al contempo anche una lunga stagione in cui venivano commessi senza alcuno scrupolo delitti efferati e crudeltà inaudite, e in cui lo sfarzo dei potenti si contrapponeva alla miseria di molti cittadini, costretto a vivere nella povertà più nera.

Accanto alla ricostruzione storica, però, non sono mancati i collegamenti alla realtà odierna: e se la stessa Necci ha giustamente sottolineato che di regola gli anniversari si risolvono in celebrazioni “una tantum”, che in quanto tali non portano affatto a una maggiore consapevolezza riguardo alle figure e agli avvenimenti della nostra storia nazionale, Zamboni si è spinto ancora oltre. A suo giudizio, infatti, ci si ostina a rivendicare figure e valori che non hanno nulla a che spartire con la società contemporanea. Vedi il caso di Dante Alighieri, che con il suo pensiero imperiale e metafisico è agli antipodi degli attuali modelli politici e culturali, sottomessi allo strapotere dell’economia liberista.

Il grande errore da non fare – ha precisato Zamboni – è guardare alla Storia senza avere ben chiaro che in molti casi le parole hanno cambiato di significato: le “repubbliche” del Rinascimento non vanno certo confuse con quelle odierne; le “arti liberali” di quel tempo avevano tutt’altra matrice rispetto alle “idee liberali (e liberiste)” che si sono affermate in seguito. E via di questo passo.

Una conversazione che, nell’insieme, è stata particolarmente ricca e stimolante, anche perché fra tutti e tre gli oratori si è instaurato un clima di grande attenzione reciproca e di vero coinvolgimento. Il pubblico, numeroso e molto interessato, è sembrato coglierlo benissimo, a conferma che in questo genere di iniziative il problema non sono le tematiche più o meno “alte” ma il modo in cui le si affronta. Se la cultura – come in questo caso la Storia – smette di essere un esercizio accademico e si sposa con la vita vissuta, le persone vi si accostano volentieri. Perché comprendono che ciò di cui si ragiona riguarda anche loro.

A completare la serata, infine, c’è stata una graditissima degustazione di prodotti gastronomici e vini del Lazio curata da Agro Camera, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma per lo sviluppo e la promozione del sistema agroalimentare e la gestione della Borsa Merci.

Il prossimo appuntamento è per sabato 18 Maggio, sempre alle 18, con Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, autore di “C’era una volta Andreotti”. Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese – Solferino editore.

Redazione

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