Si è svolta questa mattina (30 maggio, ndr) al Tribunale di Velletri la terza udienza sul processo per il caso della piccola Lavinia Montebove, la bimba rimasta in stato vegetativo a 16 mesi dopo essere stata investita in asilo il 7 agosto 2018. Sul banco degli imputati la maestra Francesca Rocca, titolare dell’asilo la “Fattoria di mamma cocca” e imputata per abbandono di minore, e la mamma investitrice Sara Colonnelli, difese dall’avvocata Anna Scifoni. Entrambe presenti in aula, come anche i genitori della piccola, Massimo Montebove e Lara Liotta, con il loro legale Cristina Spagnolo.
Il pm è Giovanni Taglialatela e la giudice Eleonora Panzironi. Sono stati sentiti oggi i primi operanti intervenuti sul posto subito dopo l’accaduto. Ha riferito, come riportato nel suo verbale, di “tracce ematiche in terra nell’immediatezza dell’ingresso e in prossimità del cancello”, l’ispettore Moreno Corelli, poliziotto e primo testimone audito che ha descritto l’asilo frequentato dalla piccola come una struttura alla quale, come da suoi accertamenti, “mancavano molte autorizzazioni: non risultava agli atti dell’ufficio del Comune di Velletri alcun documento sul nuovo regolamento dei nidi famiglia e nemmeno all’Asl Roma 6 un documento con un parere igienico sanitario“, ha dichiarato.
Nello stesso giorno venne disposto il sequestro della struttura e lo stesso poliziotto ha riferito che “Francesca Rocca, la maestra titolare contraente del contratto di assicurazione, aveva un contratto di locazione che risultava a titolo personale e abitativo“. Sempre lo stesso test ha risposto alle domande riferendo che non risultavano partita iva e codice fiscale.
Su questo punto, cruciale nell’udienza odierna, alla Dire ha replicato l’avvocata della difesa delle due imputate, Anna Scifoni: “Il nido famiglia – ha dichiarato – è una struttura la cui attività viene svolta da una persona abilitata, come è la mia cliente, in una struttura familiare e può svolgersi in un’abitazione normale che non ha bisogno di idoneità. Il regolamento del comune di Velletri è del luglio 2017 ed è subentrato quando la struttura era già aperta e il 3 gennaio 2018 l’ordinanza emanata non è mai stata portata a conoscenza né notificata alla titolare, mia cliente”.
Inoltre, l’avvocata della difesa ha aggiunto: “Il poliziotto in aula ha detto ‘mi sono limitato ad acquisire le delibere’, ma ripeto la struttura non ha la necessità di un codice fiscale autonomo o partita iva. Si tratta di strutture amicali e la maestra titolare poteva fare ricevute a suo nome, senza necessità di persona giuridica. E’ una scelta educativa dei genitori. Si chiama nido famiglia per questo. Come se una baby sitter tenesse i figli a casa”, ha puntualizzato Scifoni.
E’ stato poi ascoltato Antonio Agostinelli, all’epoca dei fatti nella Polizia stradale di Albano, intervenuto sul posto per i primi rilievi, che ha confermato di aver visionato personalmente l’autovettura dell’investitrice e ha parlato di “tracce freschissime, incisioni, graffi e tracce ematiche sulla parte anteriore destra dell’autovettura” che ha dichiarato di aver visto, mentre “non c’erano tracce di frenata”. Nessuna domanda per Oreste Cipriani della polizia scientifica.
Il quadro emerso è quello di una struttura che alle verifiche presso gli uffici comunali di riferimento non risultava aver risposto al nuovo regolamento del comune di Velletri, come riferito dal teste in aula e che per la difesa non aveva ricevuto notifica delle nuove regole. La retta dell’asilo, come hanno riferito i genitori alla Dire, era comunque in linea con quella degli asili privati: “Oltre 300 euro”. La prossima udienza è in programma per il 6 giugno, mentre le imputate saranno ascoltate il 27 dello stesso mese. La calendarizzazione spedita fa sperare ai genitori della piccola che sia scongiurato lo spettro della prescrizione. (Sim/ Dire)
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