Nell’anno del COVID abbiamo perso illustri personaggi in tutti i campi. In ordine sparso mi vengono in mente Ennio Morricone, Paolo Rossi, Gigi Proietti. Qualcuno si chiederà perché nomino tanti illustri personaggi che in realtà non sono stati colpiti dal COVID ma ci hanno lasciato lo stesso. Perché in questo anno che ricorderemo come uno dei più più bastardi della storia, alle morti per pandemia, con dolore abbiamo salutato artisti e personaggi che ci hanno saputo regalare sorrisi, lacrime ed emozioni irrinunciabili.
Il 2021 inizia esattamente com’è finito l’anno precedente. Il Virus continua a distorcere il nostro quotidiano e immancabilmente veniamo investiti da notizie che ci colpiscono e ci rattristano. Parliamo della scomparsa di Adriano Urso. Da musicista credetemi, non avrei mai voluto scrivere un articolo ricordando la scomparsa di un artista che aveva da poco compiuto quaranta anni, davvero non avrei mai voluto e lo dico non senza commozione.
Adriano Urso era un musicista straordinario, figlio di Alessio, noto contrabbassista e fratello di Emanuele, altrettanto straordinario batterista. Una famiglia votata alla musica e conosciuta nel panorama del jazz tradizionale. Adriano era talmente innamorato di questo genere musicale che fonda le radici negli anni 20 del secolo scorso, che si vestiva anche come se vivesse in quell’epoca. Musicista preparato da uno studio meticoloso, come del resto nella sua specializzazione in farmacia. Perché Adriano Urso era anche laureato in farmacia per l’appunto e diplomato in violoncello.
Ragazzo speciale e solare, il COVID lo aveva costretto a restare a casa senza poter suonare nei locali. Specialmente quelli di Roma dove era diventato un vero personaggio, come altri jazzisti più noti che lui ammirava. Eccentrico e ironico nella maniera di suonare, rubava l’occhio e incantava l’udito. Adriano soffriva questo stato di passività e così comincia per gioco a lavorare nella consegna delle pizze, perché era un modo per uscire di casa con una giustificazione valida. Così una sera, meno di 2 settimane fa, la sua auto d’epoca, una Fiat 750, si ferma in mezzo alla strada e lui nel tentativo di farla ripartire a spinta, dopo lo sforzo, si accascia a terra. Non sembra all’apparenza nulla di grave. Invece fatalmente, Adriano cessa di vivere in quel momento. Buio.
Nelle ore successive molti esponenti del mondo della musica si mobilitano. Tra questi un maestro del jazz, testimone vivente di quella musica tanto amata dagli Urso: Lino Patruno racconta sui social chi fosse Adriano e cosa rappresentava. Molti hanno tentato di sapere di più raccogliendo informazioni sulle cause della morte che ha colpito Adriano. La dinamica dell’accaduto prende il sopravvento sulla storia personale. Diventa cronaca vera, fatta apposta per essere strumentalizzata contro tutto e tutti. Invece di ricordare Adriano come musicista si preferisce condire la storia arricchendola di false verità. Allora Adriano diventa il musicista che per gravi problemi economici è costretto a consegnare il cibo da asporto.
Sicuramente ci sono musicisti in grave difficoltà economica in questo momento e qualcuno sta iniziando a vendere i propri strumenti per vivere .
Sono momenti terribili per noi musicisti e gli aiuti che arrivano sono miseri e tardivi. Ma la storia di Adriano Urso merita un degno palcoscenico. Era un artista di valore e non può finire sulle pagine di cronaca di infima categoria. Lasciamo alla famiglia la possibilità di elaborare il dolore con rispetto. Ma noi che lo abbiamo ascoltato e stimato dobbiamo sentire di rivestire un altro ruolo. Ricordare questo musicista come merita. Emanuele, il fratello, anch’egli musicista, costituirà un’associazione per ricordare Adriano attraverso iniziative importanti, sicuramente legate alla musica che suonava. Una decisione intelligente e nobile, sobria e allo stesso tempo di altissimo valore, come il valore dell’intera famiglia Urso. Ciao Adriano. Con stima, Andrea Pintucci.
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Sono il pianista Gianfranco Biancofiore e sono anch'io mortificato per ciò ch'è accaduto al maestro Urso,che purtroppo non ho potuto mai conoscere nè ascoltare in vita, ma per il fatto che anche io sono costretto ad affiancare un lavoro ulteriore alla mia professione di pianista accompagnatore. Capisco bene la condizione in cui si è trovato il maestro e rivolgo un omaggio a lui e ai suoi famigliari senza dimenticarlo.Grazie per l'opportunità che mi offrite di lasciare questo commento.