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Vergine e Madre

Nella quarta domenica di Avvento ascolteremo nella liturgia eucaristica il racconto dell’annunciazione (Lc. 1, 26-38), in cui l’evangelista Luca, grazie a un dialogo tra la madre di Gesù e il messaggero celeste, ci dà un insegnamento teologico, mettendo in risalto il senso profondo degli avvenimenti riferendoli all’Antico Testamento e inserendoli nell’insieme del piano divino.

Il prologo (vv. 26-27)

In questi due versetti abbiamo un’indicazione di tempo, che collega l’inizio dell’infanzia di Gesù a quanto è appena stato detto dell’infanzia di Giovanni Battista. Al sesto mese di gravidanza di Elisabetta, la madre del precursore, “l’angelo Gabriele fu mandato da Dio” (v. 26) presso Maria, la prescelta Madre del Messia. L’indicazione di luogo “Nazaret di Galilea” designa un piccolo villaggio allora assai poco conosciuto e alquanto disprezzato, ma di cui gli scavi recenti hanno provato l’esistenza dall’epoca della monarchia israelitica.

Dopo queste indicazioni sono presentati i personaggi: Maria, la cui condizione di vergine è sottolineata in due riprese e Giuseppe, suo fidanzato piuttosto che suo sposo, che è della casa di David: egli, infatti, darà a Gesù la discendenza di David, come i profeti avevano annunciato per il Messia.

Prima parte del dialogo: Gesù Figlio di David (vv. 28-33)

Il dialogo è introdotto da un saluto dell’angelo a Maria: “Rallegrati” è più di un saluto. Questa parola ha un significato messianico; è come se l’angelo le dicesse di “esultare” per la visita messianica di Dio, da lungo tempo promessa e che ora si compie. Ciò che era per Gerusalemme solo un futuro prossimo, è diventato per Maria il presente immediato; la buona novella annunciata al popolo eletto si concentra ormai nella sua persona. Essa deve esultare perché il Signore è con lei ed è oggetto di un favore speciale: “piena di grazia”. La parola “charis”, grazia, designa più il favore divino nell’atto stesso del beneficio gratuito, esprime direttamente il gesto dell’iniziativa divina che si china su una creatura senz’altro motivo tranne il suo libero amore; Dio la sceglie e ne fa l’oggetto della sua benevolenza. Dunque, non un rispettoso saluto che attiri l’attenzione sui meriti di Maria, ma un gioioso invito che proclama il favore e la benevolenza di Dio. Questo invito ad esultare evoca tutto un mondo di speranze, perfino di misteri: Gesù deve venire verso i suoi, essere con il suo popolo; Egli è il Dio con noi, l’Emmanuele, predetto dal profeta Isaia.

Maria rimane turbata nella sua umiltà perché l’angelo le ha tributato una lode che la sconcerta: quelle parole hanno un senso recondito che bisogna penetrare; Maria se ne rende conto e l’angelo riprenderà la parola per ripetere in modo esplicito quel che le prime parole racchiudevano in maniera implicita: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (v. 31). Il bimbo si chiamerà Gesù perché tale fu certo il suo nome storico, ma non c’è alcun dubbio che l’angelo e l’evangelista Luca pensino all’Emmanuele, figlio di una vergine, secondo la profezia di Isaia. I titoli messianici dati a Gesù, Figlio dell’Altissimo e Figlio di Dio, caratterizzano la dignità messianica del bimbo che nascerà. Così la prima parte del dialogo ci ha fatto sapere che Maria sta per ricevere nella sua persona la visita messianica annunciata dai profeti, mentre lei stessa diviene con ciò la madre del messia.

Seconda parte del dialogo (vv. 34-37)

“Come è possibile? Non conosco uomo” (v. 34). Questa domanda di Maria, per l’evangelista teologo quale è Luca, svolge un ruolo di cerniera nel dialogo che riferisce. L’angelo ha annunciato la nascita del Messia; bisogna che ora annunci il modo verginale di questa nascita. La domanda di Maria, che deve provocare la domanda del lettore, prepara questa nuova tappa. Che Luca abbia o no supposto in Maria un voto di verginità anteriore a questa scena, può essere oggetto di discussione; ma quel che è fuori dubbio è il suo insegnamento formale: Maria era vergine, e lo ha detto, quando Dio l’ha chiamata a diventare la madre del Messia. Avesse o no fatto il voto in precedenza, è comunque certo che ora lo fa. Essa sarà per sempre la Vergine Madre: ed è proprio questo che importa di più.

La risposta dell’angelo: concezione verginale, Gesù Figlio di Dio (vv. 35-37)

La risposta dell’angelo apporta la soluzione del problema posto dalla domanda di Maria. Lo Spirito Santo e la Potenza dell’Altissimo, scenderà e stenderà la sua ombra: lo Spirito scenderà su Maria come nel giorno della Pentecoste scenderà sugli apostoli; la Potenza dell’Altissimo dimorerà presso Maria, come nuova Arca dell’alleanza. Parlando dello Spirito Santo come di una Potenza che coprirà Maria con la sua ombra, l’angelo insinua chiaramente che questo Spirito svolgerà il ruolo di principio creatore e produrrà la vita nel seno di Maria. Ciò che lo Spirito, soffio creatore, compie dalle origini del mondo, lo farà nel seno di Maria operandovi una concezione verginale. Gesù, concepito direttamente per l’azione dello Spirito Santo, senza l’azione di un padre, sarà Figlio di Dio ad un titolo speciale e unico.

Epilogo: accettazione di Maria (v. 38)

“Eccomi, sono la serva del Signore! Il “fiat” della Vergine chiude la scena. Sarebbe esagerato considerarlo il culmine dell’episodio, come se questa accettazione fosse ansiosamente attesa e non fosse già in anticipo; come pure avremmo torto a minimizzare la libertà e il merito di questo “sì”. La sua grandezza appare soprattutto se Maria, avvertita del mistero, non ne ha tuttavia percepito tutta la profondità, ma si è affidata con un generoso abbandono alle esigenze, qualunque esse possano essere, dell’opera che Dio cominciava in lei. Il racconto di Luca si basa in definitiva su un’esperienza religiosa di Maria, misteriosa sì ma di una ineffabile ricchezza e di una reale storicità. La pagina di Luca è la presentazione divinamente autorizzata di questa esperienza per sé incomunicabile fatta da Maria, rivestendola della forma scritturale e teologica più adatta ad alimentare la nostra fede.                                                                                            

Bibliografia consultata: Benoit, 1972.

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