A seguito di numerosi ricorsi, finalmente non sarebbe più “vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero”. Questo il principio stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sesta sezione, del 16 dicembre 2021, nella causa C-274/20, emessa in sede di domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 (già art. 234) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Il divieto di circolare in Italia con targhe estere per i residenti da oltre sessanta giorni era previsto dall’art. 93, comma 1 bis, del codice della strada.Tale norma fu inserita nel codice della strada dall’art. 29 bis, comma 1, lettera a), del cosiddetto “decreto sicurezza”, ossia il decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, voluta dall’allora ministro dell’interno italiano, in carica dal 1° giugno 2018 al 5 settembre 2019, on. Matteo Salvini. Con l’introduzione di tale norma, il governo italiano si prefiggeva l’obiettivo di evitare l’utilizzo abituale nel territorio italiano di veicoli solo apparentemente stranieri (la cosiddetta esterovestizione), in effetti nella disponibilità di immigrati residenti in Italia e scongiurare l’evasione della tassa di circolazione (il cosiddetto “bollo auto”), delle imposte (per l’immatricolazione) e conseguire l’effettivo pagamento dei pedaggi autostradali, la proficua applicazione di sanzioni altrimenti disattese per difficoltà di identificazione dei conducenti di auto estere e, infine, incentivare la stipula di polizze assicurative italiane anziché con compagnie straniere.
Subito dopo l’approvazione della norma, molti stranieri, soprattutto romeni, si sono quindi visti contestare, da pattuglie di Carabinieri, Polizia di Stato e Polizia Municipale, sparse sul territorio nazionale, la violazione della nuova norma: è stato loro ritirato il libretto di circolazione e trasmesso all’ufficio provinciale della motorizzazione civile; il veicolo è stato puntualmente sottoposto a sequestro amministrativo (art. 213 c.d.s.) e ciascun conducente è stato informato che, se entro il termine di 180 giorni non avesse immatricolato il veicolo in Italia o condotto lo stesso oltre confine con foglio di via (art. 99 c.d.s.), sarebbe andato incontro a confisca.
Ogni volta, è stata sempre applicata la sanzione pecuniaria da € 712,00 a € 2.848,00. Spesso i conducenti così sanzionati hanno pagato in contanti, nelle mani degli agenti accertatori, la sanzione amministrativa, irrogata in misura ridotta di € 498,40 ex art. 207 c.d.s., a titolo di cauzione o pagamento immediato; in difetto di pagamento istantaneo, è stato applicato il fermo amministrativo. Inoltre, la custodia dell’auto sottoposta a fermo amministrativo non poteva essere affidata al “trasgressore” (o altre persone aventi diritto sul mezzo), ma solo ai custodi autorizzati e a spese del “trasgressore” ed eventualmente dell’obbligato in solido; per cui, per ovvie ragioni, i contravvenienti per lo più decidevano di effettuare il pagamento in contanti agli agenti della somma di € 498,40 e il veicolo veniva comunque sottoposto a sequestro amministrativo (che è misura meno grave del fermo, anche se il veicolo non poteva comunque circolare) e veniva dissequestrato soltanto con l’ottenimento delle targhe italiane, mediante nazionalizzazione del veicolo in Italia. Se, durante il sequestro, il veicolo fosse stato usato per la circolazione, interveniva l’applicazione dell’art. 213, c. 8, c.d.s. per “circolazione abusiva nonostante gli obblighi di custodia assunti”, ossia il veicolo veniva immediatamente rimosso e affidato al custode acquirente, nominato dalla prefettura di competenza, per le successive pratiche di trasferimento di proprietà senza oneri per l’erario, con ulteriore sanzione da € 1.988,00 a € 7.953,00 ridotta a € 1.988,00 ove pagata subito e sanzione accessoria della revoca della patente di guida.
Tali norme hanno messo in ginocchio molti cittadini, soprattutto romeni, che sono stati privati dei loro autoveicoli, sequestrati in quanto con targa straniera, sulla base del principio che un cittadino straniero residente in Italia da più di sessanta giorni non può guidare un veicolo con targa estera. È successo così che al marito straniero, residente in Italia, sia stata sequestrata l’autovettura della moglie residente all’estero e che era venuta in Italia a trovarlo e che l’aveva incautamente concessa per la guida al marito.
In piena pandemia, nell’aprile del 2020, molti lavoratori agricoli stagionali, che vivono tra la Romania e l’Italia, sono stati sottoposti alle predette sanzioni; sicché, tali stranieri, rei di recarsi al lavoro nei campi con autoveicoli con targa estera, si sono ritrovati non solo a effettuare lavori umili che gli italiani non vogliono più fare, con una riduzione di reddito per il lockdown, ma si sono ritrovati anche con l’autoveicolo sequestrato e sanzioni pecuniarie salate da pagare, colpevoli di guidare veicoli del loro Paese, perché residenti in Italia da oltre 60 giorni, in quanto avrebbero dovuto pagare il bollo e l’assicurazione all’Italia e non alla Romania.
Molti cittadini romeni che vivono nel pontino si sono quindi rivolti all’avvocato Carlo Affinito, per far accertare che l’utilizzo del loro veicolo in Italia non era abusivo, in quanto non può valere la presunzione di abuso, nel fatto che una persona residente in Italia utilizzi nel territorio nazionale un veicolo immatricolato in altro Stato membro; che non costituisce un obiettivo legittimo dell’Italia, compatibile col Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, quello di impedire agli stranieri residenti in Italia di usufruire di premi assicurativi più vantaggiosi, mentre si consente agli italiani di stipulare polizze online con compagnie aventi sede in altri Stati membri dell’Unione Europea; che la riduzione delle entrate fiscali non può essere considerata un motivo imperativo di interesse generale che possa essere invocato per giustificare una misura restrittiva al movimento di capitali e che non sussiste alcuna impossibilità nell’accertare e reprimere gli abusi nella circolazione compiuti da autoveicoli stranieri.
Nonostante le prime sentenze contrarie dell’ufficio del giudice di pace di Latina, in persona dei giudici dott. Agostino De Zordo n. 149/2021 del 26 maggio 2021, della dott.ssa Maria Luce Stefania Stasi n. 691/2021 del 18 giugno 2021, nonché della dott.ssa Franca Scugugia nn. 453/2021, 454/2021, 455/2021, 458/2021 del 21 aprile 2021, si sono registrate sentenze favorevoli di altri fori; intanto, sono state fissate alcune udienze di appello davanti al tribunale di Latina. In particolare, il giudice dott. Stefano Rocco Fava, nelle prossime udienze del 17 febbraio 2022 e 1° marzo 2022 sarà chiamato a vagliare se le decisioni di alcuni giudici di pace di Latina siano legittime; in particolare, se non debba essere applicato il principio, finora pressoché disatteso dai giudici di prossimità del pontino, stabilito nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 16 dicembre 2021, secondo cui l’art. 63, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, relativo alla libera circolazione dei capitali nell’ambito dell’Unione Europea, dev’essere interpretato nel senso che esso “osta alla normativa di uno Stato membro [, quale quella italiana,] che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di sessanta giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato a essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo”.
Le statuizioni della Corte di Giustizia UE sono infatti esecutive in Italia, ai sensi dell’art. 280 TFUE e “hanno, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili cui ineriscono, operatività immediata negli ordinamenti interni” (sentenze della Corte costituzionale n. 389 del 1989, n. 113 del 1985; ordinanza n. 284/2007 red. Tesauro).
Il tribunale di Latina sarà quindi chiamato nelle prossime udienze di febbraio e marzo a disapplicare, in virtù del meccanismo di primazia dell’ordinamento comunitario, l’art. 93, comma 1 bis, del codice della strada, che vieta a chiunque abbia stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni di circolare con un veicolo immatricolato all’estero; ciò, in quanto tale norma interna è incompatibile col principio comunitario di libera circolazione dei capitali e ha natura cedevole. Pertanto, via libera di nuovo alla circolazione dei veicoli con targhe straniere in Italia, da parte dei residenti in Italia da oltre 60 giorni, in quanto non vi è un obbligo di immatricolazione in Italia di detti veicoli.
Avv.to Carlo Affinito
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p.e.c.:
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