Il 15 marzo scorso, in occasione della partita di Champions tra Napoli ed Eintracht di Francoforte, circa 500 teppisti sono calati dalla Germania come “lanzichenecchi”, senza il biglietto della partita. Non sono venuti per assistere ad un evento di sport, ma con lo scopo di creare danni e problemi alla città e ai suoi abitanti.
Nella ricostruzione fatta dalla Questura di Napoli, alla conferenza stampa del giorno dopo, si afferma che “…i tifosi dell’Eintracht hanno raggiunto piazza del Gesù Nuovo. Più tardi, sono arrivati circa 200 tifosi partenopei, molti armati di bastoni, bottiglie, cinture e altri oggetti contundenti. Si sono diretti verso la stessa piazza, senza riuscire a raggiungerla grazie al dispositivo di ordine pubblico lì presente. Così gli ultrà napoletani si sono spostati sul lato di Calata Trinità Maggiore e hanno esploso petardi e lanciato fumogeni verso i mezzi delle forze dell’ordine, provocando la reazione dei tifosi tedeschi che, a loro volta, hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine che hanno poi aggredito”.
Sappiamo già che l’episodio si è poi risolto con l’identificazione di almeno 470 teppisti e la loro spedizione a casa, dopo averne arrestati 8: 3 ultras tedeschi e 5 napoletani. Mentre sono 6 i feriti tra le forze dell’ordine. Nei confronti degli arrestati dalla polizia, sono già stati emessi altrettanti Daspo per periodi dai 5 agli 8 anni.
“Immaginate se, invece di 400 persone, ce ne fossero stati 2.700, come era previsto!” Lo ha detto il prefetto di Napoli Claudio Palomba, nel corso di una conferenza stampa in Prefettura a Napoli, per fare il punto sugli scontri. Sembra che a queste gesta abbiano preso parte anche supporters dell’Atalanta. É un fenomeno inspiegabile, per chi sia dotato di razionalità. Invece di sostenere i colori della propria squadra, si cercano occasioni per menare le mani in qualsiasi parte del mondo, anche dove la propria squadra non ha nulla a che vedere. Forse è una maniera per esprimere la violenza accumulata in anni di frustrazioni personali e sociali. Con quale risultato, lascio a voi giudicare.
Con molta solerzia il Governo Meloni, senza che se ne sentisse davvero l’urgenza, ha voluto limitare il pericolo rappresentato dai “Rave”. Riunioni spontanee di giovani che vogliono ballare, ascoltare musica e fumare haschich, radunati in spazi aperti ai margini delle città o chiusi in capannoni alle periferie urbane. Certamente privi di autorizzazione, sia del proprietario del terreno, che delle autorità preposte. Non si capisce perché, invece, orde di teppisti armati, ugualmente privi di autorizzazioni, possano invadere le strade delle nostre città, spaccando vetrine e tirando pietre alla polizia e ad altri scalmanati come loro, ma che mostrano di sostenere un’altra squadra. Tra le due manifestazioni collettive quella più pericolosa è quest’ultima, non certamente i “Rave”.
Lo sport è solo una scusa, un’occasione. Non gliene frega assolutamente niente, a quegli sciagurati, dell’evento calcistico. Prendono un volo da Francoforte fino a Napoli. Non hanno il biglietto d’ingresso allo stadio. Invece di approfittarne per godersi il sole e le bellezze del golfo partenopeo, preferiscono impiegare il tempo in violenze e tafferugli, col rischio di uscirne malconci essi stessi e di arrecare danno alla salute del prossimo, alle attività commerciali e ai monumenti.
Il Sindaco di Napoli, Manfredi ha sottolineato che “Parliamo di gruppi organizzati che si muovono con una strategia militare facendo alleanze per creare danni”. Sono stati arrecati danni alla strutture cittadine. L’amministrazione municipale ha avuto 20mila euro solo per danni a 5 autobus. Un auto della polizia è stata data alle fiamme e sono state lanciate pietre contro le vetrine. Chi paga? Tutto questo è intollerabile.
Di questi episodi ne succedono diversi durante i campionati e le coppe. Ultras delle varie squadre di calcio nostrane si scontrano tra loro come in un proseguimento delle guerre adolescenziali di caseggiato, con il solo obbiettivo di risultare più cattivi di tutti gli altri. Fare male, ferire, creare danno è il loro senso nichilistico della vita. Spesso si associano a formazioni politiche estremiste ma sono verniciature. Costoro sono solo delinquenti pericolosi, anche se ridicoli. Poveracci, che mirano a creare problemi ai cittadini senza, peraltro, risolvere i loro. In questo atteggiamento c’è una filosofia istintuale, animalesca, che la violenza detta le regole della supremazia.
In passato sono accaduti fatti che ormai sono storia. E non sono solo inglesi, tedeschi e olandesi i protagonisti. Già l’8 gennaio si erano verificati scontri tra tifosi romanisti e napoletani lungo l’autostrada A1.
Il 24 aprile 2018 furono i romanisti che assaltarono a Liverpool l’Albert Pub, storico ritrovo degli Scousers, prima della sfida tra Liverpool e Roma, con bottiglie, pietre e cinture, lasciando a terra esanime Sean Cox, 53 anni, tifoso dei red. Tre italiani vennero fermati, identificati dalla Digos e arrestati, assieme ad altri sei teppisti delle differenti fazioni.
Uno degli episodi più gravi avvenne nel 2015 a Roma, il 19 febbraio, quando tifosi del Feyenoord vandalizzarono piazza di Spagna, prima della partita di Europe League. La famosa “Barcaccia” del Bernini, del 1629, da poco restaurata, venne danneggiata dagli olandesi. Vi gettarono dentro bottiglie di birra, lattine, petardi e immondizia. Come certificato dalla sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali, ci furono circa 110 scalfiture e scheggiature su tutta la fontana. “Un danno permanente e non recuperabile che lascia una ferita indelebile”, dichiarò l’assessore alla Cultura di allora, Giovanna Marinelli.
Per i prossimi quarti di finale di Europa League è prevista per il 13 aprile prossimo l’andata e per il 20 aprile il ritorno della partita Roma-Feynoord. Che succederà? Nel 2015 si registrarono 3 milioni di euro di danni. Tutte le attività commerciali furono costrette ad abbassare le serrande.
Un popolare esperto di calcio, Walter Sabatini, ex calciatore e già dirigente di diverse squadre, tra cui Lazio, Palermo, Roma, Bologna e Salernitana, suggerisce una soluzione estrema. Quando orde di teppisti arrivano in una città, con l’unico obbiettivo di recare danno, bisogna portarli subito dentro lo stadio e controllarli fino a partita finita, per poi rispedirli a casa.
Non va consentito loro di scorrazzare in città, anche se sotto il controllo della polizia. I provvedimenti legali come l’arresto e il Daspo sono utili ma non frenano i delinquenti, anzi. Bisogna scongiurare ogni possibilità che si arrechi danno alla popolazione, ai monumenti e alle attività commerciali. In passato gli stadi sono serviti anche, purtroppo, come lager e prigioni, invece che essere luoghi di divertimento. Sono quindi strutture abbastanza facilmente controllabili dalle forze di polizia. Allora perché non chiudervi i facinorosi, tenendoli lontani da tutto e da tutti?
Ovviamente solo per il tempo di una partita e per scongiurare problemi maggiori. Chi si macchia di atti simili, privi di ogni valore politico, etico e morale, deve comunque essere schedato e impossibilitato a viaggiare per almeno 5 anni, in maniera che possa riflettere sui propri limiti e sulle proprie incapacità di vivere in un consesso civile. Tra le popolazioni di indios precolombiane, chi si macchiava di un delitto contro la collettività, subiva una punizione significativa, l’esilio forzato dalla società. Nessuna punizione fisica o restrizione carceraria. Solo l’allontanamento, talvolta per sempre. Forse erano più civili di noi.
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