Questo primo assaggio di caldo nel weekend ha spinto moltissimi turisti a visitare la Tuscia, tanto che si concretizzano le aspettative di una stagione più che positiva per questo 2023. Ma se il turismo torna a far sperare la Tuscia, stabilimenti balneari, campeggi e ristoranti sembrano essere in emergenza: mancano almeno 3.000 unità di lavoratori nel settore.
Un “problema serio” per usare le parole del Presidente di Confesercenti Vincenzo Peparello. Pare infatti, che alcune attività turistiche stiano pianificando una chiusura anticipata delle loro strutture alla prima metà di settembre (un mese prima della consueta chiusura stagionale) per far fronte alla mancanza di personale che possa lavorare per tutta la stagione.
Molti i cartelli in giro o sui gruppi social del viterbese, con cui si cerca personale, eppure al momento non sembra esserci una buona risposta agli appelli.
Il Presidente di Confesercenti fa notare che si parla non di un fenomeno improvviso ma di “Un male che parte da lontano, negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad un progressivo disamore verso il lavoro stagionale”.
Lavoro stancante e poco retribuito, con turni massacranti oppure un lavoro che non vale la pena fare se si può contare sul reddito di cittadinanza; questi i principali indiziati per una crisi di lavoratori del turismo che rischia di influenzare negativamente un settore che invece si potrebbe rivelare una miniera d’oro per la Viterbo e i suoi abitanti.
Per Confesercenti invece il cuore del problema sta negli anni della pandemia. Le chiusure forzate e gli scarsi ristori per il settore avrebbero costretto moltissimi stagionali a cercare nuove occupazioni, che nel corso del tempo sono divenute stabili lasciando un buco nel settore che non è facile da rimpiazzare.
Un fenomeno che potrebbe durare nel tempo, e che suscita non poca preoccupazione negli addetti ai lavori. La penuria dei lavoratori significa nell’immediato un calo nella qualità del servizio che le aziende del turismo sono in grado di offrire alla clientela, questo potrebbe tradursi nell’abbandono della zona da parte delle persone in visita e dunque una perdita anche consistente a livello economico.
*Immagine di archivio
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